Cemento al posto delle ceneri dei defunti, 190 cadaveri in decomposizione e un “odore putrido di animale morto”: “Mi odio per quello che ho fatto”

  • Postato il 30 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un’attività funebre che prometteva sepolture “verdi” e rispetto per la natura, trasformata in un obitorio degli orrori. Un capannone fatiscente e infestato da insetti dove, invece di bare e attrezzature, sono stati ritrovati 190 cadaveri in decomposizione, accatastati l’uno sull’altro. E alle famiglie in lutto che chiedevano le ceneri dei propri cari, venivano consegnate urne riempite con una miscela di cemento secco. Siamo in Colorado, negli Usa, e la notizia ha fatto il giro del mondo: per questo incubo scoperto nell’ottobre 2023 a Penrose, in Colorado, il co-proprietario della “Return to Nature Funeral Home, Jon Hallford, è stato condannato venerdì da un tribunale federale a 20 anni di prigione, il massimo della pena.

Come ricostruito durante il processo, la società “Return to Nature” aveva attirato l’attenzione con la sua promessa di servizi funebri privi di sostanze chimiche per l’imbalsamazione, una pratica tradizionale negli Stati Uniti, e senza l’uso di bare metalliche. Tuttavia, i vicini si sono insospettiti quando hanno cominciato a sentire odori nauseabondi provenire da un edificio di proprietà della casa funeraria. Per giorni, infatti, i residenti della zona si sono lamentati di un “odore putrido di animale morto“, finché gli agenti di polizia non sono quindi intervenuti per verificare la situazione, trovandosi di fronte una realtà terrificante. Gli investigatori dell’FBI, entrati nell’edificio, hanno descritto durante il processo una scena da film horror: corpi accatastati così in alto da bloccare l’accesso ad alcune stanze e liquidi corporei accumulati sul pavimento, tanto da costringere gli agenti a posare delle assi per potersi muovere.

È emerso che gli Hallford avevano “raccolto più di 130.000 dollari dalle famiglie in lutto per servizi funebri che non sono mai stati forniti”. Invece di garantire cremazioni o sepolture, “Hallford ha permesso che i corpi si accumulassero in vari stati di degrado e decomposizione all’interno della struttura”. Quando fu scoperto, la sua prima giustificazione fu che nella proprietà “praticava la tassidermia”. Prima della sentenza, Jon Hallford si è rivolto al giudice, sostenendo di aver aperto l’attività per avere “un impatto positivo sulla vita delle persone, ma poi tutto è sfuggito completamente al controllo”. E ha aggiunto, in lacrime: “Sono profondamente dispiaciuto per le mie azioni. Mi odio ancora per quello che ho fatto”.

La condanna, emessa venerdì, riguarda il processo federale per frode telematica e uso improprio di fondi pubblici. Hallford si era dichiarato colpevole lo scorso autunno di aver truffato la Small Business Administration, incassando illecitamente quasi 900.000 dollari in fondi di soccorso per la pandemia di Covid-19. Soldi che, secondo i procuratori federali, gli Hallford hanno sperperato, insieme ai pagamenti dei clienti, in SUV per oltre 120.000 dollari, 31.000 dollari in criptovalute e acquisti di lusso da Gucci e Tiffany & Co. Nel pronunciare la sentenza, il giudice distrettuale statunitense Nina Wang ha deciso di andare oltre i 15 anni richiesti dall’accusa, infliggendo la pena massima di 240 mesi. “Questo non è un caso di frode ordinario”, ha dichiarato il giudice, sottolineando come le circostanze, la scala dei crimini e il devastante danno emotivo inflitto alle famiglie giustificassero una sentenza più severa. Oltre al carcere, Hallford è stato condannato a pagare oltre 1 milione di dollari di risarcimento ma la sua battaglia legale non è finita.

Questa condanna a 20 anni riguarda infatti solo il processo federale per frode. Hallford dovrà affrontare un secondo processo, a livello statale, in cui si è già dichiarato colpevole di 191 capi d’imputazione per abuso di cadavere, oltre a falsificazione e riciclaggio. La sentenza per questi reati è prevista per il 22 agosto. La moglie, Carie Hallford, che inizialmente si era dichiarata colpevole nel caso federale, ha ritirato la sua dichiarazione e andrà a processo a settembre. È accusata anche lei nel procedimento statale.

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