C’era una volta il sindacato: oggi si scrive Landini ma si legge Mélenchon
- Postato il 15 ottobre 2025
- Di Panorama
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C’era una volta un sindacato che si occupava di salari, di diritti dei lavoratori e di ciò che accadeva in fabbrica. Ma da tempo quel sindacato è morto e sepolto, lasciando spazio a un’organizzazione politica che si occupa di spese militari, guerre, cambiamento climatico e condizioni della donna. Fino a poco tempo fa questi però erano temi per cui di solito scioperavano gli iscritti ai cosiddetti sindacati di base, Usb, Cobas, Cub. Ma con le mobilitazioni pro-Gaza tutto è cambiato e adesso a sposare le cause politiche non sono più le sole organizzazioni autonome, ma anche una grande confederazione come la Cgil.
La mutazione genetica del sindacato
Qualche avvisaglia della mutazione genetica dentro la principale sigla italiana si era incominciata a intravedere già tre anni fa, quando in vista del voto per il rinnovo del Parlamento, elezione il cui risultato favorevole al centrodestra era ampiamente dato per scontato, la Cgil scuola aveva aderito allo sciopero globale per il clima, cui era seguita la mobilitazione contro l’invio delle armi in Ucraina e successivamente iniziative qua e là per impedire scambi commerciali di materiale bellico con Israele.
Ma la trasformazione vera del sindacato guidato da Maurizio Landini si è avuta con le ultime manifestazioni pro Pal, in particolare dopo lo sciopero degli autonomi con cortei in tutta Italia. La Cgil a settembre aveva indetto un’astensione dal lavoro per protestare contro la situazione a Gaza, ma l’iniziativa non aveva avuto grande risonanza, anche perché nel settore pubblico l’adesione era stata minima.
Al contrario, il blocco proclamato pochi giorni dopo dall’Unione sindacale di base ha avuto un’eco che ha spiazzato i vertici della compagine di Corso Italia. Landini, che da tempo si atteggia a unico e vero oppositore del governo, vista la partecipazione ai cortei organizzati in tutto il Paese, deve aver sentito suonare un campanello d’allarme.
Mentre lo sciopero della Cgil era praticamente passato inosservato, quello degli autonomi, per gli scontri di Milano e i tentativi di bloccare porti e stazioni, è finito nelle aperture dei tg della sera e sulle prime pagine dei giornali.
Lo scontro con i sindacati autonomi
Risultato, il segretario cigiellino ha indetto una seconda mobilitazione per il 3 ottobre, accodandosi a quella nuovamente annunciata dall’Usb. Motivazione? Il fermo delle navi della cosiddetta Flotilla da parte della marina militare israeliana.
Ovviamente non c’era una correlazione con ciò che era accaduto nelle acque a molte miglia marine da Gaza che giustificasse uno sciopero in Italia, ma il segretario ha saltato a pié pari qualsiasi obiezione.
Che il destino delle imbarcazioni e degli attivisti a bordo non dipendesse direttamente da Roma e dal suo governo è una considerazione che non ha minimamente scalfito la decisione del leader della Cgil. Né ha fatto vacillare la sua scelta la notizia che proprio nel giorno dello sciopero si fosse aperto uno spiraglio di pace per porre fine al conflitto in terra palestinese.
È abbastanza evidente la ragione per cui Landini non ha esitato a schierare il principale sindacato italiano a favore di Gaza: l’astensione serviva a non lasciare spazio all’Usb. Insomma, dietro la protesta pro Pal ci sono questioni assai meno nobili che riguardano l’egemonia sindacale e, soprattutto, il futuro politico del segretario della Cgil.
L’ambizione politica di Landini
Landini, tra un anno e poco più, per statuto dovrà lasciare la guida del sindacato. E se da un lato deve pensare al proprio avvenire, costruendosi una carriera in politica, dall’altro deve anche evitare di consegnare al suo successore una confederazione di pensionati, scavalcata sul terreno della mobilitazione da autonomi e Cobas.
Dunque, il segretario ha sposato la causa palestinese, spingendo a sinistra l’organizzazione e soprattutto schierandola non sui temi del lavoro, ma su quelli più politici.
La strategia e il modello Mélenchon
L’involuzione ovviamente ha a che fare anche con la sua carriera: l’ex saldatore non vuole fare la fine di chi lo ha preceduto, ovvero andare a premere il bottone sui banchi di Montecitorio.
Da Lama a Trentin, da Cofferati a Camusso, una volta lasciata la guida della Cgil sono diventati semplici onorevoli, con la sola eccezione di Epifani che fu segretario del Pd per pochi mesi, in sostituzione di Bersani.
Landini punta ad altro e dunque una confederazione più sensibile ai temi politici è funzionale ai suoi disegni. Il sindacato non deve più essere «la cinghia di trasmissione» di decisioni prese dal partito, ma deve essere il promotore di una nuova linea, che contagi il partito stesso.
E quale sia il suo programma oltre a Gaza lo si è visto nei giorni scorsi, quando ha proposto una patrimoniale sopra i due milioni. Il suo ideale è Jean-Luc Mélenchon, leader arrabbiato che con France Insoumise ha creato una sinistra marxista e islamista. Del resto, alle manifestazioni pro Pal l’hanno fatta da padroni i maranza di seconda generazione.