Chi dopo Francesco? Tutti i nomi dei papabili. Progressisti, conservatori, outsider
- Postato il 6 maggio 2025
- Politica
- Di Blitz
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Chi sarà il nuovo Pontefice? In attesa della fumata bianca, si sprecano i pronostici nel mondo intero che tuttavia, più che cristallizzare popolarità e influenza di questo o quel cardinale, sembrano solo corrispondere ai desideri e ai voti di questa o quella parte politica, diciamo così, mondana.
Se, come ammoniva Francesco, la Chiesa “non è un Parlamento, né un raduno politico, ma una convocazione nello Spirito”, fuori dal Conclave si ragiona esattamente al contrario. Dunque, analisi e previsioni non sembrano più attendibili delle quotazioni offerte dai bookmakers inglesi: in Italia è vietato scommettere su chi sarà il nuovo Papa, non nel resto del mondo.
Papabili, i favoriti
E allora, vediamola questa lista dei più papabili secondo le quote degli allibratori (che Dio ci perdoni):
Pietro Parolin (Italia) – 9/4
Luis Antonio Tagle (Filippine) – 3/1
Peter Turkson (Ghana) – 6/1
Matteo Zuppi (Italia) – 6/1
Robert Sarah (Guinea) – 8/1
Pierbattista Pizzaballa (Italia) – 8/1
Peter Erdő (Ungheria) – 10/1.

Disobbedendo al monito bergogliano (e con l’aiuto del vaticanista dell’Ansa Fausto Gasparroni), dobbiamo ragionare in termini eminentemente politici, di influenza geografica, di alleanze e dissidi ideologici, secondo il vecchio schema del posizionamento progressisti-moderati-conservatori, schema tutt’altro che pacifico visto che in realtà viene messo in discussione da uno scenario magmatico.
Ci sono porporati che appena si conoscono e si riuniscono di ora in ora in circoli e conciliaboli dell’ultimo momento, a volte secondo aree geografiche (ad esempio quella dell’ex Commonwealth che va dalla Gran Bretagna alle isola Tonga, passando per il Sudafrica).
Oppure cardinali che si coagulano attorno a king maker come l’americano Timothy Dolan (un po’ appannato a questo giro ma pur sempre forte del filo diretto con Donald Trump).
O attorno a movimenti stessi come quello della Comunità di Sant’Egidio (in diversi convenuti a Roma per l’elezione hanno fatto visita a mons. Vincenzo Paglia).
In questa geografia mobile della Sistina emergono persino profili di papabili dell’ultimo minuto, degli underdog senza dubbio, che potrebbero beneficiare del mancato raggiungimento del quorum da parte dei candidati forti in partenza.
Nella Cappella Sistina saranno in 133 – considerate le due rinunce finora confermate – ad esprimere il loro voto, espressione di correnti e pensieri differenti anche se per l’80 per cento nominati da Francesco (108 creati da lui, 20 da Benedetto XVI, tenuto conto dei due assenti, e 5 da Giovanni Paolo II). Creati anche al di là di un orientamento simile al suo.
I conservatori
Resta il fatto che una pattuglia a lui avversaria e di stampo decisamente più tradizionalista e conservatrice, si è già delineata. Ecco che l’americano Raymond Leo Burke, suo fiero oppositore, e si è visto spesso entrare alle congregazioni a braccetto con il guineano Robert Sarah, protagonista anche lui di uno scontro con Bergoglio in chiave pro Ratzinger.
A questo fronte potrebbero unirsi molti africani (alzarono compatti le barricate contro il documento Fiducia supplicans sulle benedizioni alle unioni gay). Nelle ultime ore, questo fronte si sarebbe detto pronto a mollare i nomi più divisivi come il tedesco Gerhard Mueller.
Figure di compromesso
A favore di nomi di compromesso come il Patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa (ben visto da Cl e dalla chiesa ambrosiana che non ha un elettore in conclave); il cardinale di Budapest, Peter Erdo (già papabile nel precedente conclave e che non dispiacerebbe ad altri esponenti dell’Europa orientale); quello di Colombo, Albert Malcom Ranjit e l’olandese Willem Jacobus Eijk.
Anche qui però, le carte si rimescolano: boatos recenti raccontano di un Erdo pronto a farsi indietro e a far convergere i suoi voti sulla figura anch’essa di compromesso di Pietro Parolin.
I progressisti
Sul fronte progressista, quello più in sintonia con l’approccio pastorale di Francesco, rimane senz’altro la punta di diamante della Comunità di Sant’Egidio, il cardinale Matteo Zuppi, 69 anni.
L’altro nome che circola è quello del cardinale Mario Grech, il porporato cui Francesco aveva affidato il percorso della Chiesa sinodale. Maltese, affabile, fluente in inglese e in italiano, Grech è un profilo affidabile nella linea della continuità.
Outsider
Ma anche qui spuntano outsider in crescita. Non solo il francese Jean-Marc Aveline che ieri a Roma ha detto messa in italiano rassicurando quanti temevano per la sua scarsa conoscenza delle lingue; il portoghese Josè Tolentino de Mendonca, che più viene fatto oggetto di attacchi dai tradizionalisti, più cresce.
E poi il salesiano Angel Fernandez Artime, lo spagnolo prestato al Marocco, Cristobal Lopez Romero e per i moderati lo svedese Anders Arborelius.
Africa e Asia si sentono in credito
Al centro si pongono le figure di mediazione, come il sempre forte segretario di Stato di Francesco, Pietro Parolin, fine diplomatico della scuola di Achille Silvestrini, ma ora preso di mira per l’accordo con la Cina.
L’americano ma missionario in America del Sud, Francis Prevost, e la figura del filippino Luis Antonio Tagle, ratzingeriano di formazione e bergogliano di temperamento che accontenterebbe tutto quel fronte crescente di Chiesa asiatica che, mappamondo alla mano, rivendica ora un Papa proveniente dalla propria area geografica. Negli ultimi conclavi, dopo gli italiani, l’Europa ha dato due volte un Pontefice, l’America latina una, Africa ed Asia sono, per così dire, in credito.
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