Chi è Enrico Marchi, l’uomo che sta creando la lega dei giornali del nord, anche grazie a Elkann
- Postato il 10 ottobre 2025
- Di Il Foglio
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Chi è Enrico Marchi, l’uomo che sta creando la lega dei giornali del nord, anche grazie a Elkann
Anche la Stampa è in vendita, non solo Repubblica, e di questo ormai tutta Torino parla, anche se Exor si protegge dietro al tradizionale no comment. La novità è che il candidato numero uno è la Nem, la società editoriale che fa capo a Enrico Marchi attraverso la Banca Finint, insieme a una cordata di imprenditori del Triveneto tra i quali i Benedetti (gruppo Danieli), Carraro, la Confindustria di Udine e Vicenza, Banzato (Acciaierie venete). Dalla Gedi aveva già acquistato le testate locali dell’est (Corriere delle Alpi, Mattino di Padova, Messaggero Veneto, Nuova di Venezia e Mestre, Piccolo di Trieste e Tribuna di Treviso più Nordest Economia).
L’obiettivo dichiarato è “costruire un gruppo capace di raccontare e interpretare il nord-est attraverso giornali cartacei, digitali, radio, tv e quante forme utili a generare e diffondere buona informazione”. Ma evidentemente l’appetito vien mangiando, il nord-est non basta più, adesso arriva anche il nord-ovest. La Stampa, il giornale della famiglia Agnelli, aveva provato a maritarsi con il Secolo XIX che era stato proprietà di un’altra delle storiche famiglie del capitalismo italiano i Perrone dell’Ansaldo sbarcati anche a Roma dove possedevano il Messaggero. E’ storia relegata al passato. Il presente e, chissà, anche il futuro, adesso sono nelle mani di nuovi protagonisti e Marchi è uno di questi.
Ha cominciato nel suo Veneto, dopo la laurea alla Bocconi, con una società di leasing diventata una banca, poi nel 2000 arriva l’aeroporto veneziano, il Marco Polo, al quale si aggiungono gli scali di Treviso, Verona e Brescia, diventando uno degli imprenditori di maggior peso nella regione e nella Serenissima. “Manca solo che mi fanno Doge”, scherza quando glielo fanno notare quelli che lo vorrebbero in politica, magari sindaco di Venezia. “Faccio politica ogni giorno in banca”, è un’altra delle sue battute presa da Raffaele Mattioli. In realtà, ha fatto anche politica direttamente da giovane nel partito liberale con Valerio Zanone e Renato Altissimo, ma al massimo è diventato assessore al Bilancio in provincia di Treviso. Oggi si sente “politicamente orfano”. Dice anche che il suo nume è Warren Buffett non perché possa mai raggiungere la ricchezza dell’“Oracolo”, ma perché proprio come lui non vuol lasciare la provincia (Conegliano è la sua Omaha) e allo stesso tempo parlare italiano. Forse per questo ora potrebbe prendere anche la Stampa.
I giornali lo hanno sempre affascinato, ma a fare l’editore ci ha pensato solo in tarda età (è nato nel 1956). Perché? “Io mi occupo di infrastrutture. Le banche, gli aeroporti e i giornali sono infrastrutture. Il nord-est, che produce il 15 per cento del pil nazionale, ha sempre avuto difficoltà a incidere sulle grandi tendenze del paese”, ha detto nel 2023 a Paolo Bricco del Sole 24 Ore. Due anni dopo la voce s’allarga. All’Avvenire ha dichiarato che il compito dell’editore è “fare in modo che la società disponga degli strumenti necessari per decriptare ciò che capita. Per questo sono convinto che la stampa non può morire: la rete informa, ma i giornali sono il modo migliore per aiutare a capire le notizie”. Nell’autunno scorso aveva anche pensato di comprare una quota del Montepaschi, quella che il governo voleva mettere in vendita, poi il risiko bancario ha preso altre strade.
Ma Marchi non ha intenzione di fermarsi e riserva altre sorprese. Le trattative per la Stampa non sono concluse, ma diverse fonti pensano che siano ormai davvero a buon punto. Per Repubblica, il candidato numero uno, come ha scritto il Foglio nel luglio scorso, resta il miliardario greco Theodore Kyriakou, della potente famiglia di armatori che possiede anche il gruppo televisivo Antenna Group (Ant1) e non sembra interessato all’intera società editoriale. Se è così, la cessione della Stampa potrebbe rendere più vicina anche la vendita del quotidiano romano. Del gruppo Gedi che l’Exor ha acquistato dalla famiglia De Benedetti è stato fatto quello che in Piazza degli Affari chiamano uno spezzatino.