Il 16 settembre 2025 la Commissione internazionale indipendente d'inchiesta delle Nazioni Unite sul Territorio palestinese occupato ha concluso che le autorità e le forze israeliane stanno continuando a commettere un genocidio nella Striscia di Gaza occupata dall'ottobre 2023.
Ma da quando lo sterminio di un popolo è definito "genocidio" e quali sono i confini legali di questo termine?. Definizione legale. Fu soltanto nel 1944 che, per definire lo sterminio di un popolo, il giurista polacco Raphael Lemkin coniò la parola "genocidio" e ne tracciò i confini legali, ma il suo nome ha rischiato di cadere nell'oblio. La sua morte, nel 1959, non ebbe nemmeno una riga sui giornali dell'epoca e alla cerimonia funebre erano presenti solo sette persone.
Ma perché ricordarlo? Perché grazie a Lemkin, giurista polacco di origine ebraica, oggi possiamo definire con una parola precisa e implacabile i crimini efferati come la Shoah o lo sterminio degli armeni da parte dei turchi durante la Prima guerra mondiale, e i colpevoli di genocidio possono essere legalmente perseguiti. La battaglia del giurista polacco per la definizione legale di questo crimine fu la battaglia di una vita, legata alla sua esperienza personale.. PRIMI PASSI. Lemkin era nato nel 1900 presso la città di Hrodna, oggi in Bielorussia, all'epoca territorio polacco inglobato dall'Impero russo degli zar. Fin da bambino, il futuro giurista imparò che essere ebrei significava trovarsi in balia della volontà e dei soprusi della maggioranza. Nella Russia zarista erano frequenti i pogrom antisemiti e il piccolo Raphael ebbe quale insegnante la madre, dato che agli ebrei era vietato frequentare le scuole pubbliche.
Nonostante queste limitazioni e i terribili anni della Prima guerra mondiale in cui la sua città passò più volte di mano tra tedeschi e russi, Lemkin si dedicò senza sosta agli studi. Imparò a parlare nove lingue e a leggerne ben quattordici.. Non solo crimini di guerra. Finita la guerra si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza e cominciò a rendersi conto della necessità di una legislazione internazionale in grado di prevenire e contrastare ogni tipo di odio contro le minoranze, fosse esso legato a motivi etnici, religiosi, culturali.
Aveva letto dello sterminio degli armeni durante la Grande guerra e si convinse che atti che miravano a cancellare del tutto un popolo dalla faccia della Terra non potevano essere classificati solo come crimini di guerra: essendo delitti contro l'umanità necessitavano di una giurisprudenza specifica. Durante gli anni Venti, Lemkin intraprese la carriera giuridica nello Stato polacco, nato dopo la Prima guerra mondiale.. Scalpore. Era docente all'Università di Varsavia e nel 1933 gli venne chiesto di tenere una relazione a una conferenza internazionale della Società delle Nazioni (l'antenata delle Nazioni Unite) a Madrid. In quell'occasione parlò per la prima volta di due crimini: definì "vandalismo" la distruzione del patrimonio culturale di un popolo e "barbarie" la soppressione di interi gruppi umani. Le idee di Lemkin fecero scalpore in patria e il giurista venne accusato di difendere i diritti delle minoranze, in particolare quella ebraica a cui apparteneva, senza fare gli interessi della Polonia: gli furono così tolti tutti gli incarichi universitari e pubblici.. PERSEGUITATO. Nonostante l'isolamento, Lemkin continuò a lanciare appelli, sempre più allarmati (e inascoltati) per quello che stava accadendo nella vicina Germania con l'ascesa di Hitler. Quando il 1° settembre 1939 le truppe del Terzo Reich e quelle dell'Unione Sovietica si spartirono la Polonia, Lemkin comprese che non c'era più spazio per gli ebrei nella sua terra.
Allora decise di fuggire e cercò di convincere parenti e amici a fare lo stesso. Nessuno gli diede ascolto, anche perché molti di loro si trovavano nella zona occupata dai sovietici. Raphael fuggì in Svezia e poi nel 1941 negli Stati Uniti.. Gli appelli. Quando i nazisti occuparono la Polonia, ben 49 suoi famigliari morirono nei campi di sterminio. In America Lemkin non rimase con le mani in mano: si rivolse più volte al presidente Franklin D. Roosevelt perché denunciasse lo sterminio degli ebrei, ma alla Casa Bianca non trovò ascolto. Visto che i grandi della Terra non lo ascoltavano, si rivolse ai loro elettori, al popolo. Nel 1944 diede alle stampe il volume Axis Rule (La legge dell'Asse) in cui ricostruiva in maniera minuziosa le politiche naziste di annientamento dei popoli vinti e di quelli considerati "inferiori", come gli ebrei.. Etimologia. "Il crimine del Reich nello sterminare volutamente e deliberatamente interi popoli non è del tutto nuovo nel mondo", scriveva Lemkin. "È nuovo solo nel mondo civilizzato che siamo giunti a concepire. È così nuovo nelle tradizioni dell'uomo civilizzato che non esiste un termine che lo definisca. È per questo motivo che mi sono preso la libertà d'inventare la parola 'genocidio'. Questo termine deriva dalla parola greca ghénos, che significa tribù o razza, e dal latino caedo, che significa uccidere. Il genocidio deve tragicamente trovare posto nel dizionario del futuro accanto ad altre parole tragiche come 'omicidio' e 'infanticidio'".
Lemkin era riuscito a dare una definizione a quello che nel 1941, durante una trasmissione radiofonica, il premier britannico Winston Churchill aveva definito il "crimine senza nome", in riferimento alle stragi efferate di Hitler.. VITTORIA A METÀ. Il termine "genocidio" venne introdotto per la prima volta tra i capi di imputazione a carico dei gerarchi nazisti ai processi di Norimberga nel 1945. Tuttavia, non fu poi inserito tra le motivazioni delle condanne.
Il giurista polacco si convinse allora che non era stato compreso fino in fondo il concetto di genocidio. Non si trattava di semplice violenza bellica, non era malvagità, era il frutto di una concezione in base alla quale il diverso, il più debole, meritava di sparire, di essere spazzato via ed eliminato in modo sistematico. il ruolo dell'Onu. A quel punto Lemkin aveva una sola missione: il reato di genocidio doveva essere riconosciuto dalle Nazioni Unite. Il giurista di origini polacche divenne l'incubo delle varie delegazioni nazionali all'Onu. Aspettava i funzionari fuori dai loro uffici, tentando di strappar loro un impegno per l'approvazione di una Convenzione sul genocidio.
Una notte, mentre insonne percorreva un parco di Ginevra, si ritrovò casualmente a parlare con un'altra persona affetta da insonnia. Una volta scoperto che si trattava del rappresentante del Canada all'Onu lo costrinse a fissargli un appuntamento con il presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Le cose finalmente si sbloccarono. . RICONOSCIMENTO. L'11 dicembre 1946 venne approvata la Risoluzione 96 che recita: "Genocidio è la negazione del diritto all'esistenza di interi gruppi umani; questa negazione del diritto all'esistenza sconvolge la coscienza umana, infligge gravi perdite all'umanità, che si trova privata degli apporti culturali o di altra natura di questi gruppi, ed è contraria alla legge morale, allo spirito e agli obiettivi delle Nazioni Unite".
Il 9 dicembre 1948 fu adottata la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, scritta con il contributo dello stesso Lemkin. Ora era possibile perseguire penalmente e a livello internazionale il "crimine senza nome". Il declino. Per dedicarsi alla Convenzione sul genocidio Lemkin aveva perso tutti gli incarichi e si ritrovò sul lastrico. Senza casa né soldi, venne aiutato da pochi amici, mentre in lui si faceva largo la preoccupazione di non aver fatto abbastanza. Nelle sue memorie scisse: "La pioggia del mio lavoro è caduta su una pianura incolta. Solo che questa pioggia è un misto del sangue e delle lacrime di otto milioni di persone innocenti, tra cui i miei genitori e i miei amici".
Negli ultimi anni della sua vita lavorò affinché il termine "genocidio" venisse usato non solo per lo sterminio fisico di un popolo, ma anche per ogni tentativo di sopprimerne la lingua e la cultura.. la fine. Il 28 agosto 1959 si accasciò a una fermata degli autobus di New York. Nella sua misera casa in affitto vennero ritrovati pochi abiti e una montagna di carte. Su un foglio, a proposito di sé aveva scritto: "Al di sopra di tutto vola un'anima bella che ama il genere umano e perciò è sola".
Roberto Roveda.