Chiacchierando con Amedeo Bologna Alla locanda della stella rossa

  • Postato il 12 novembre 2025
  • Cultura
  • Di Quotidiano Piemontese
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TORINO – Lo spunto da cui parte Alla locanda della stella rossa, Neos Edizioni, è uno di quelli che colpiscono e rimangono in testa. Lamberto Ricossi ha custodito per decenni un covo delle Brigate Rosse a Torino, un appartamento mai utilizzato ma sempre tenuto pronto per ogni eventualità.

Dopo 30 anni, deluso dal suo eterno ruolo inattivo ma ancora convinto della bontà del pensiero brigatista, decide di svelare al mondo l’esistenza del covo con la speranza di “rimettere in moto la Storia”. Così allestisce l’appartamento secondo l’iconografia classica del covo delle BR, apre un rubinetto per allagarlo e se ne va.

Da questo spunto davvero notevole Amedeo Bologna ci porta in una storia che viaggia avanti e indietro nel tempo, ci mostra personaggi il cui presente è cambiato molto rispetto ai sogni rivoluzionari del ’68, ci invita a riflettere su quel periodo storico importante e drammatico per l’Italia e sul labile confine tra buoni e cattivi.

Lo spazio di riflessione e di libertà è la Locanda della stella rossa, un luogo mitologico nell’entroterra ligure, dove tutto può succedere e dove si incontrano per vie traverse i protagonisti di questa vicenda, che prenderà strade imprevedibili tra musicisti appassionati, poliziotti infiltrati, una giovane giornalista volenterosa, un libraio, il locandiere John Long Silver e una serie di gatti padroni di casa.

L’intervista con Amedeo Bologna

Questa storia parte da uno spunto notevole. Un covo “freddo” delle Brigate Rosse rimasto nascosto per 30 anni. Come è nata questa idea?

L’idea del covo “freddo” mantenuto attivo per trent’anni e le modalità della sua scoperta, sono l’estremizzazione di quanto successo a Roma nell’alloggio di via Gradoli, nel quale era stato confinato l’onorevole Moro, e che era stato scoperto solo dopo la conclusione di quella tragica vicenda per un allagamento dovuto (così le cronache riferivano) a una doccia lasciata aperta.
Che ciò fosse accaduto per incuria dei brigatisti mi era sempre parsa una versione poco attendibile. Il fatto poi che, pur in assenza di conferma (come ovvio) ci fosse il sospetto che il “covo” fosse nella disponibilità dei servizi segreti, è stata per me una suggestione di non poco conto nell’elaborazione della vicenda che ho immaginato: in assenza dell’allagamento, quel covo avrebbe infatti potuto rimanere sconosciuto per anni.

Da un luogo all’altro. Se l’appartamento è lo spunto che dà il via alla vicenda, la Locanda della Stella Rossa è lo spazio di rivelazione, un luogo sospeso nel tempo e quasi mitologico. Ce la racconti?

La locanda della stella rossa è il rifugio immaginario di tutti gli “sconfitti” del così detto Sessantotto. Il romanzo infatti non riguarda soltanto personaggi legati alla “lotta armata”, ma la totalità di un’ampia fenomenologia che comprende la “rivoluzione musicale”, assai ben rappresentata dal programma radiofonico “Bandiera gialla” del 1965, da un primo accenno di libertà sessuale suggerito anche dalla minigonna di Mary Quant, dalla fascinazione della via dell’India, dalle teorie lisergiche del professor Timothy Leary, dal tragico corollario di tossicodipendenze e di gente sparita chissà dove, fino all’idea, certamente minoritaria, nell’andare per mare sulla scia di Bernard Moitessier, Vito Dumas e altri navigatori solitari, cercando negli spazi infiniti degli oceani una forma di libertà impossibile sulla terra ferma.
Nei frequentatori della locanda ho cercato di dare descrizione a personaggi che, in qualche modo, rappresentassero le diverse anime di quella complessa, a volte contraddittoria, fenomenologia, ma che, certamente sconfitti dall’evidenza e dal mutare dei tempi, non si rassegnano all’insignificanza.

Intorno a questi due luoghi si muovono la storia e i protagonisti. A indagare è la giovane giornalista Marina Savio. Che ruolo ha nella vicenda?

Marina Savio, giornalista free-lance e sassofonista ambulante, rappresenta la precarietà che i giovani subiscono. È un personaggio che ho molto amato attraverso il quale ho voluto descrivere ciò che il trascorrere del tempo determina: lei, degli “anni di piombo” sa poco o nulla, tuttavia, per l’intervista con il “brigatista latitante” deve scavare nel passato e cioè rimettere mano alla storia e dunque, in un certo senso, a porre rimedio alla dimenticanza… poi l’intervista farà il resto.

Tutti i protagonisti della tua storia hanno ruoli chiave ma probabilmente sono Lamberto Ricossi e Brenno Bisanzi a tirare le fila della vicenda. Chi sono?

Lamberto Ricossi e Brenno Bisanzi rappresentano gli estremi della fenomenologia cui ho fatto cenno: “lotta armata” e “tossiche fascinazioni”. In entrambi i casi però nessuno dei due realizza pienamente il percorso… Mi spiego meglio: il compagno Lamberto è rimasto soltanto un logista delle Brigate Rosse e Brenno Bisanzi (per sua fortuna) esce dal gorgo tossico nel quale stava affondando per tornare a una vita di grigia routine…
Secondo il concetto corrente che per essere “vincenti” occorre portare a compimento il percorso fino in fondo, i due sono dei falliti: il primo è rimasto soltanto un logista, Brenno è uno che non ha neppure iniziato il percorso sulla via dell’India.
La locanda della stella rossa, proprio in quanto “falliti” è dunque il luogo più adatto per farli incontrare.

E poi c’è la musica e ci sono i gatti. Sbaglio o per entrambe le categorie leggo una particolare predilezione dell’autore?

Potrei tranquillamente definirmi un gattaro. Ho sempre amato i gatti e quelli che popolano la locanda sono gli stessi che si aggiravano per casa mentre scrivevo.
Circa la musica, c’è di fondo il rammarico di non averla studiata e praticata quand’ero bambino. La mia famiglia non poteva permettersi spese del genere.
Solo a quarant’anni ho acquistato un sax tenore e iniziato finalmente a studiare musica. Una rivalsa tardiva che però mi ha portato a suonare con amici gli stessi brani che ho immaginato suonassero Marina e Fausto nella stazione di Porta Nuova.

Il romanzo si svolge come un giallo ma è evidente la riflessione su uno dei più drammatici e controversi momenti della storia d’Italia. Secondo te quanto ancora non sappiamo o non abbiamo capito di quel periodo?

Credo di siano ancora molti “segreti di stato” e di inspiegato, ma ciò che ha motivato la stesura del libro è riassunto in una nota che mi è stata richiesta circa le motivazioni della tematica affrontata che qui di seguito riporto:
Quando fatti e vicende vissute in prima persona si allontanano dal presente per entrare nella Storia con la esse maiuscola, ci si rende conto di come il passaggio dai ricordi ai “manuali” comporti spesso la drastica bipartizione tra buoni e cattivi, santi e demoni, vittime innocenti e carnefici, azzerando la complessità di quanto accaduto.
L’argomento centrale del romanzo è proprio la rivisitazione dei tanti e diversi universi che avevano animato il periodo più che decennale del così detto “Sessantotto” per recuperare l’umanità dei personaggi che ne avevano fatto parte e che, a mio avviso, andavano sottratti alla visione manichea che, trascurando le complessità di quel lontano e complicato periodo, ne alteravano il senso.
“La locanda della stella rossa” è il luogo immaginato per ospitare proprio gli sconfitti di quelle vicende, mai comunque piegati alla marginalità a cui il trascorrere del tempo vorrebbe destinarli.
E in quel luogo particolare e discosto si intrecciano i destini di persone la cui vita è stata segnata da quei lontani eventi. In parte si tratta di vicende da me vissute in prima persona, in parte in modo indiretto, ma anche del tutto inventate, com’è normale nella stesura di qualsiasi romanzo che non sia dichiaratamente un’autobiografia.

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Quotidiano Piemontese

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