“Cicciona mi fai schifo”, un padre condannato per body shaming verso la figlia di 11 anni
- Postato il 24 settembre 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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“Cicciona, fai schifo! Susciti repulsione in me e in chi ti guarda”. Queste parole, ripetute più volte da un padre alla figlia di soli 11 anni, sono state al centro di una vicenda giudiziaria che ha visto la Corte di Cassazione confermare la gravità di simili comportamenti. Secondo la sentenza del 15 settembre, le offese reiterate e rivolte in ambito familiare possono integrare il reato di maltrattamenti in famiglia. La Corte d’Appello di Venezia aveva già condannato l’uomo, evidenziando come i giudizi paterni avessero ferito profondamente la personalità della minore, compromettendo la qualità della sua vita quotidiana e incidendo sul delicato percorso di crescita.
Le testimonianze e le conferme
La madre della bambina ha raccontato che gli insulti arrivavano puntualmente durante le visite del padre, diventate per la piccola un’occasione di sofferenza e svilimento. Anche la sorella dell’imputato lo ha descritto come incline all’insulto facile, confermando un atteggiamento aggressivo e denigratorio. I servizi sociali hanno ulteriormente rafforzato questo quadro, sottolineando come il comportamento paterno fosse costante e dannoso. La situazione è degenerata il 28 luglio 2020, quando l’uomo ha persino aggredito fisicamente la figlia, giustificando il gesto con motivazioni legate all’”igiene alimentare”. Un episodio che ha dimostrato come la violenza verbale si fosse trasformata in vera e propria violenza fisica.
Un precedente a Verona
Il caso di Venezia non è isolato. Nel marzo 2024, il tribunale di Verona ha condannato un padre tunisino di 36 anni a 4 anni e 4 mesi di reclusione per maltrattamenti nei confronti del figlio di 8 anni. Anche in questa vicenda gli insulti riguardavano il peso del bambino, chiamato “ciccione”, ma i soprusi andavano oltre: il minore era costretto a digiunare durante il Ramadan, pratica prevista solo dall’età della pubertà. Inoltre, gli veniva impedito di giocare con i coetanei ed era obbligato a restare in casa guardando la televisione con il padre. Le percosse, inflitte con schiaffi e senza motivo, completavano un quadro di violenza sistematica. L’uomo è stato condannato anche al risarcimento civile nei confronti della moglie marocchina e dei due figli.
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