Cile, la guerra elettorale è tutta a destra
- Postato il 10 novembre 2025
- Esteri
- Di Formiche
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Tra una settimana i cileni dovranno, obbligatoriamente, scegliere un nuovo presidente. Per la prima volta nella storia del Sudamerica, il voto in Cile è obbligatorio, con iscrizione automatica. Con questa misura, che costringe tutti gli elettori ad andare alle urne, si cerca di spingere gli indecisi o scontenti a votare.
I sondaggi sostengono il vantaggio dei candidati della destra, che sono almeno tre: il rappresentante dell’estrema destra José Antonio Kast del Partito Repubblicano (che ha il consenso più alto ad oggi), Evelyn Matthei della coalizione di centrodestra Chile Vamos e Johannes Kaiser del Partito Nazionale Libertario.
Questa è la terza volta che Kast corre per la presidenza cilena. In quest’opportunità si è presentato come un difensore dell’ordine e della sicurezza nazionale e il recupero della stabilità economica, mettendo in secondo piano alcune delle sue posizioni più controverse, come ad esempio l’opposizione all’aborto, al matrimonio omosessuale e l’adozione da parte delle coppie gay. Ha anche dichiarato una certa affinità al regime militare di Pinochet e dice di promuovere una chiusura delle frontiere per evitare l’arrivo di migranti illegali.
Figlio di genitori tedeschi emigrati in Cile negli anni ’50, è un personaggio molto noto della politica cilena. La prima volta di Kast come candidato presidenziale è stata nel 2017, quando ha ottenuto soltanto l’8% dei voti. Nel 2021, invece, è arrivato al ballottaggio (poi perso) con il candidato della sinistra, Gabriel Boric (in foto). Da quel momento è diventato il volto della destra radicale.
Ma la gran sorpresa di queste elezioni potrebbe essere il giovane Johannes Kaiser. Nato a Santiago del Cile nel 1976, questo deputato ha duplicato il consenso nell’ultimo mese. Si autodefinisce “liberatorio”, come il presidente dell’Argentina, Javier Milei, ed è percepito come un outsider della politica. Dopo avere dato le dimissioni dal Partito Repubblicano nel 2021, ha fondato il suo partito, Nazionale Liberatorio, che si mantiene all’opposizione del governo di Gabriel Boric.
Con il suo programma elettorale, Kaiser ha anche lui promesso di chiudere le frontiere con la Bolivia, estradare gli stranieri con antecedenti penali e ha annunciato l’apertura di “campi di riconduzione” per chi entra in maniera illegale nel Paese. Ha promesso una riforma fiscale e giudiziaria, la riduzione dei ministeri da 25 a 9, e si è detto aperto alla possibilità di dare indulto ai condannati per violazione dei diritti umani durante la dittatura di Pinochet. Come il presidente americano Donald Trump ha detto che farà uscire il Cile dall’Accordo di Parigi per l’ambiente e dalla Corte Interamericana dei Diritti Umani.
La scorsa primavera, Kaiser e Kast si sono rifiutati di presentarsi alle primarie ufficiali con Matthei, mentre la sinistra ha scelto un unico candidato, la comunista Jeannette. Come sottolinea l’emittente BBC, il candidato repubblicano, Kast, è in testa ai sondaggi da circa cinque mesi, ma nelle ultime settimane ha perso adesione. Kaiser, invece, ha un aumento inaspettato.
Insieme, i candidati della destra hanno più del 50% delle preferenze di voto, ma separatamente tra il 14% e il 20%, il che farà di queste elezioni le più contese degli ultimi anni. Per esperti e analisti, chi dalla destra andrà al ballottaggio a dicembre con Jeannette Jara (che non supererà il 30%) ha molte probabilità di vincere.
Infine, c’è il fattore indecisione. Secondo l’ultimo sondaggio del Centro di Studi Pubblici diffuso il 27 ottobre, prima del veto di informazione elettorale, un cileno ogni cinque ancora non aveva definito il primo candidato. I cileni dovranno scegliere anche i membri di un nuovo Congresso, tra deputati e senatori.
La ricercatrice Kathya Araujo dell’Università di Santiago ha spiegato al quotidiano spagnolo El Pais che lo scontento tra gli elettori cileni è strutturale, e il voto obbligatorio sta solo cercando di nascondere uno stacco evidente che c’è con la politica e i diversi partiti politici. In questa elezione, ha detto, è impossibile prevedere chi vincerà. Il vantaggio che ha la destra però appartiene a un fenomeno mondiale, come lo dimostra il caso di Milei in Argentina, Paz Pereira in Cile e Trump negli Usa, tra altri.