Cinema italiano in crisi, ma il Governo festeggia: tra numeri truccati e retorica da red carpet

  • Postato il 7 settembre 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La Mostra del Cinema di Venezia è terminata, ma, ancora una volta, ha stimolato lenzuolate dei maggiori quotidiani (italiani) rispetto a film presentati, star sul red carpet, e polemiche variegate. Poco o nulla sul “dietro le quinte” ovvero sulla politica culturale. Era atteso, ma non arriverà al Lido il designato neo direttore generale Giorgio Carlo Brugnoni, che – come anticipato dal FattoQuotidiano 19 agosto – andrà a sostituire lo storico dg Nicola Borrelli, dimessosi ad inizio luglio per “ragioni personali”, ma sullo sfondo della vicenda del presunto assassino e regista di Villa Pamphilj, che ha riacceso i riflettori sulla controversa gestione del Tax Credit cine-audiovisivo.

La situazione del settore è aggravata da questo ritardo nella nomina della guida della Direzione Cinema e Audiovisivo: vi sarebbero rischi di rilievi da parte della Corte dei Conti, per deficit di requisiti. Prevale quindi incertezza istituzionale, che si affianca a rinnovati fuochi d’artificio numerici del Governo. Al Lido, infatti, la Sottosegretaria delegata, la senatrice leghista Lucia Borgonzoni, ne ha approfittato per ribadire la bontà del suo “governo” del sistema cine-audiovisivo italiano, sostenendo – ancora una volta – che tutto va bene, anzi benissimo. La fiancheggia a spada tratta anche Federico Mollicone (FdI), presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, il quale addirittura ha chiesto al collega Matteo Orfini (Pd) di “chiedere scusa” perché avrebbe invece rappresentato finora un quadro “catastrofico” del settore. Il parlamentare del M5s Gaetano Amato ha sostenuto che il Governo spara numerologie “menzognere”.

L’Istituto italiano per l’Industria Culturale (IsICult), centro di ricerca indipendente, ha diramato venerdì 29 agosto un comunicato stampa, rilanciato dall’Ansa, con il quale contestava il solito entusiasmo della Sottosegretaria e segnalava alcuni numeri particolarmente critici. Alcuni indicatori emergono incontestabili: nel 2024, gli incassi dei film italiani sono stati 130 milioni di euro, con un lieve incremento rispetto ai 121 milioni del 2023, ma ben lontani dai 183 milioni di euro dell’anno 2019, pre-Covid. Il generoso intervento dello Stato si è quindi rivelato poco efficace per ridurre l’impatto della pandemia, nonostante le centinaia di milioni di euro di credito di imposta iniettati nel sistema. Ancora una volta, il Governo cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno, anzi proprio pieno, allorquando è mezzo vuoto. L’approccio della sottosegretaria Borgonzoni è da sempre ostinatamente positivo, anzi ottimista. Si tratta esattamente della stessa logica (malata) con cui è stato mal governato, negli anni, lo strumento del “tax credit”, esaltandolo acriticamente, ignorandone le criticità, come l’abuso da parte delle multinazionali straniere (Fremantle in primis), e l’asimmetria a tutto vantaggio della fiction tv.

Il Governo può anche auto-esaltarsi, ma i numeri sono oggettivamente impietosi. Il consuntivo degli incassi del mese di agosto 2025 è particolarmente inquietante: di fatto, i cinematografi italici hanno registrato un terzo del “box office” rispetto all’agosto 2024: -30 % sugli incassi del 2024, addirittura -46 % rispetto al 2023 (fonte: Cinetel). Il cinema italiano è assente dalle sale, come conferma un’analista indipendente qual è Valentina Torlaschi sulla newsletter “Box Office”: sono i film Usa e britannici a farla da padrone, con una quota rispettivamente del 61 % e del 15 %. La quota del cinema italiano non arriva all’8 %. Anche il cinema europeo – ancora con buona pace della controversa iniziativa promozionale di “Cinema Revolution” (con il biglietto scontato a 3,5 euro, il resto lo paga lo Stato agli esercenti) – è stato marginale: il “miglior” risultato è quello della Francia, con una quota del 3 %.

Agosto è storicamente senza dubbio il periodo peggiore dell’anno, per il cinema in Italia, ma la situazione non appare certamente buona nemmeno se si analizza l’andamento dal 1° gennaio al 31 agosto 2025, cioè i primi 8 mesi dell’anno. Il “botteghino” in Italia ha registrato un totale di 301 milioni di euro e 42 milioni di presenze. Il confronto con lo stesso periodo del 2024 registra un -1 % sugli incassi e un -2 % sulle presenze. Molto negativo è il paragone con il 2019: -22 % sugli incassi e -29 % di biglietti venduti nei primi 8 mesi dell’anno. Crisi acuta, insomma, ma ancora una volta mal celata. Che la situazione sia molto critica, è confermato anche da un veloce confronto con due dei principali mercati europei: ad agosto in Spagna sono stati incassati 43 milioni di euro (quasi il doppio che in Italia), mentre in Francia sono stati staccati 10 milioni di biglietti (3 volte quelli venduti nel nostro Paese). In sostanza, nonostante l’iniezione di risorse (incontrollate) del “tax credit”… nonostante la grancassa della (misteriosa) campagna promozionale “Cinema Revolution” (il ministero affida a Cinecittà ogni anno tra i 20 ed i 25 milioni di euro, per un’iniziativa di cui sono ancora ignoti i creativi ed i pianificatori)… in Italia, la situazione del cinema in sala è desolante.

I sindacati tacciono, così come le grandi lobby (dai cinematografici dell’Anica ai televisivi dell’Apa) e le piattaforme (Netflix in primis) anche, ma le associazioni dei lavoratori – da #Siamoaititolidicoda a Unita – denunciano tassi di disoccupazione allarmanti. La piattaforma ministeriale “Italy for Movies” registra oggi 22 opere al momento sui set, ovvero circa la metà di quelle che la Sottosegretaria evidenziava orgogliosamente ad inizio marzo (37 opere in lavorazione, allora). Qualcosa non quadra: i numeri (quelli veri) non tornano. Eppure per Lucia Borgonzoni e per il ministro Alessandro Giuli, che attualmente la sostiene (dopo una crisi acuta di qualche settimana fa, superata da un diktat pacificatorio di Salvini a Meloni), va tutto… splendidamente. E che in verità “qualcosa” vada storto emerge anche dall’editoriale dell’ultimo numero del mensile “Box Office” (distribuito in questi giorni al Lido), a firma del direttore Paolo Sinopoli, intitolato “Il cortocircuito dell’audiovisivo italiano”: una testata indipendente ma sensibile al business professionale dell’industria cine-audiovisiva, che descrive a chiare lettere “un settore congelato, senza riferimenti, senza voce e sempre più senza ossigeno”. Non è “catastrofismo”, questo, ma lucida coscienza della crisi acuta che attanaglia il settore. Le fake news del Governo vengono nascoste sotto il tappeto rosso del Lido di Venezia. Quanto tempo ancora potrà durare questa rappresentazione artefatta ed idilliaca del sistema cine-audiovisivo (senza dimenticare il perdurante surreale stallo nella elezione del Presidente della Rai), con numerologie fantasiose e simpatiche manipolazioni interpretative?!

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Il Fatto Quotidiano

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