Come funziona tecnicamente l'autopen?

  • Postato il 12 giugno 2025
  • Di Focus.it
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L'autopen – o più semplicemente, in italiano, "autopenna" – è uno speciale oggetto finito sotto i riflettori dei media negli ultimi giorni, poiché menzionato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha accusato l'amministrazione del predecessore Joe Biden di averne abusato. Ma cos'è esattamente questo strumento? Parliamo di un dispositivo elettromeccanico in grado di replicare in modo automatico una firma o un autografo, grazie all'uso di un braccio robotico che traccia i movimenti registrati dal firmatario. Ne hanno fatto uso nel tempo celebrità, leader politici e anche altri presidenti a stelle e strisce (tra i quali lo stesso Trump), perché garantisce sigle sempre identiche, altrimenti impossibili da fare quando le richieste diventano eccessive (si parla di giorni in cui ne servano migliaia...).. Origini storiche. L'idea non è nuova: ben prima dei moderni robot, all'inizio del XIX secolo Thomas Jefferson usava il "poligrafo", una macchina che, mentre scriveva un testo con una penna, ne eseguiva simultaneamente un duplicato su un secondo foglio. Il primo "autopen" commerciale apparve però solo nel corso del secolo successivo e, più precisamente, negli anni Trenta del Novecento, anticipando i meccanismi che verranno poi adottati nei plotter elettronici dagli anni Cinquanta in poi. La firma veniva incisa su una matrice, e un meccanismo a camme (una serie di dischi sagomati che trasformano il movimento rotatorio in lineare) guidava uno stilo lungo una traiettoria elettricamente riprodotta sulle due assi cartesiane.. Funzionamento tecnico. Un autopen moderno, invece, è composto da un braccio meccanico, comandato da motori lineari o "stepper", che muovono penna e stilo sugli assi X‑Y con una precisione millimetrica. La firma originale, incisa su una matrice rigida, viene seguita da camme rotanti o da un sistema di alloggiamento programmato. Nei modelli più recenti, il tavolino porta‑matrice si muove, attivando due camme che spostano la penna, con un consumo costante di inchiostro e uniforme pressione sul foglio. I modelli industriali più recenti aggiungono l'alimentazione automatica della carta, sensori di posizionamento, regolazione della forza sul supporto e controllo elettronico della velocità. Possono gestire fino a 500 pagine per ciclo e perfino riprodurre note personalizzate oltre alla firma.. Precisissima. Le versioni professionali, come lo Stylowriter a disposizione dell'amministrazione statunitense, includono cartucce di memoria protette, conta-sigle non azzerabili e impostazioni programmate di pressione e velocità. Alcuni dispositivi riescono persino a captare la biometria dell'atto (temperatura, pressione, ritmo delle mani) per riprodurne l'autenticità: è il caso della cosiddetta LongPen, che permette anche di firmare da remoto (come fece nel 2011 l'ex presidente Usa, Barack Obama, che dall'Europa ratificò una proroga della legge nota comePatriot Act), mantenendo le caratteristiche dinamiche del gesto umano.. Perché fa discutere. Al di là delle polemiche politiche, l'autopen solleva questioni etiche circa l'autenticità: se una firma è replicata da una macchina, quanto "personale" o vincolante può essere? Dipende dai contesti. Nel mondo dei collezionisti, una sigla così ottenuta vale molto meno di una autografa, ma in ambito legale l'uso è riconosciuto. Proprio negli Stati Uniti, la segnatura apposta da un presidente per mezzo di questa tecnologia è ritenuta valida anche per documenti di grande importanza: fu l'amministrazione di George W. Bush nel 2005 a estendere questa pratica, comunque utilizzata per atti di minore rilievo sin dagli anni '50 del secolo scorso. In Europa e in Italia, nello specifico, non esistono norme che ne proibiscano l'uso, ma neanche una regolamentazione a riguardo; in questo contesto, la validità di una firma automatica richiederebbe un'interpretazione giuridica caso per caso..
Autore
Focus.it

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