Compagnia che gestisce l’acqua in Israele si espande in Argentina. Ma è accusata di assetare i palestinesi
- Postato il 5 luglio 2025
- Mondo
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
L’impresa statale israeliana Mekorot, accusata di violare i diritti dei palestinesi, continua a radicarsi in Argentina. La compagnia, responsabile della gestione e fornitura dell’acqua in Israele, ha stretto accordi con i governi di dodici province per lo sviluppo di sistemi idrici e piani regolatori dell’acqua. Sui termini della collaborazione pesano una forte opacità e segretezza, criticate dalle organizzazioni territoriali che denunciano anche l’intesa dello Stato con un’impresa accusata di “apartheid idrico” e di negare sistematicamente l’accesso all’acqua per le comunità palestinesi.
Fondata nel 1937, Mekorot si occupa della pianificazione delle risorse idriche israeliane. Nel 1987 Israele, attraverso l’Ordine militare 158, ha vietato alla popolazione palestinese di costruire nuove infrastrutture per l’approvvigionamento idrico senza l’autorizzazione preventiva dell’esercito israeliano. Da quel momento, per ogni ricerca di nuove fonti d’acqua o per potere sviluppare infrastrutture – come scavare pozzi, installare pompe o costruire acquedotti – è necessaria l’autorizzazione di Israele che di fatto è impossibile da ottenere. Nei Territori palestinesi occupati Mekorot estrae acqua da pozzi e sorgenti, destinandone solo una minima parte alle comunità palestinesi. Organizzazioni internazionali che difendono i diritti umani, tra cui Amnesty International e B’Tselem, hanno denunciato le rigide modalità di distribuzione, accusando Israele di negare sistematicamente il diritto all’acqua della popolazione palestinese. Mekorot è stata denunciata per avere prosciugato sorgenti e sfruttato le risorse naturali a favore degli interessi israeliani, contribuendo all’espansione delle colonie e alla subordinazione economica della Palestina.
La rete internazionale – Mekorot, il cui nome in ebraico significa “fonte”, sostiene di essere in grado di garantire l’approvvigionamento di acqua anche in condizioni estreme e di siccità. Negli anni ha fornito consulenza e promosso collaborazioni con imprese che gestiscono le reti idriche pubbliche in vari Paesi come Marocco, Cipro, Messico, Azerbaijan, Repubblica Dominicana, gli Stati del Punjab e Maharashtra in India. Nel 2011 grazie all’Accordo di associazione con l’Unione Europea, che permette a Israele di beneficiare di finanziamenti erogati dalle istituzioni Ue come la Banca europea per gli investimenti (BEI), la sua filiale Ashdod Desalination ha ricevuto 120 milioni di euro per la costruzione di un impianto di desalinizzazione di Ashdod in Israele. In America Latina ha avviato lo sviluppo di piani di gestione dell’acqua in Cile e in Uruguay. In Brasile, a seguito delle proteste della società civile, i rapporti commerciali con l’azienda erano stati interrotti.
La ripresa dei rapporti con l’Argentina – Dopo un primo tentativo di costruire un impianto di desalinizzazione nel 2013, progetto da cui si era ritirata dopo le pressioni dei cittadini, Mekorot e l’Argentina hanno ripreso i rapporti nel 2022 con l’esecutivo dell’ex presidente Alberto Fernández. Ad oggi sono dodici i governi delle province che hanno stretto accordi con l’azienda che dovrebbe fornire consulenza per lo sviluppo di “piani di gestione dell’acqua”. Si tratta di aree situate in particolare nella zona della Cordigliera, oltre a territori dove si concentrano attività minerarie e di estrazione di gas naturale. È il caso delle province di Jujuy e Catamarca nel Nord del Paese dove si trovano riserve di litio la cui estrazione richiede ingenti quantità di acqua. E la provincia di Neuquén dove si estende Vaca Muerta, una delle più grandi riserve al mondo di gas e petrolio non convenzionale la cui estrazione necessita di notevoli quantità di acqua. Organizzazioni dei cittadini, ambientalisti e comunità dei popoli originari hanno criticato la poca trasparenza e l’assenza di informazioni sugli accordi stipulati tra l’azienda e le province, denunciando come le comunità territoriali non siano state prese in considerazione nei processi decisionali. “Non sono state né consultate né informate”, afferma al Fattoquotidiano.it Sol Morell che fa parte della campagna Fuera Mekorot. “Sono state violate diverse norme, come la Convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro e il Trattato di Escazú che prevede che debba essere realizzata una consultazione libera, informata e previa dei popoli originari”.
Nella stipulazione degli accordi con Mekorot, si passa attraverso un percorso composto di diverse fasi. In un primo momento la provincia stringe un “accordo quadro” con il Consejo Federal de Inversiones (CFI), organismo autonomo e interprovinciale che gestisce progetti di sviluppo sui territori e ricopre un ruolo di intermediario politico e organismo tecnico. Questo ente non dipende direttamente dal potere esecutivo nazionale e la sua condizione giuridica gli conferisce autonomia operativa. In particolare, non è soggetto alle stesse normative di trasparenza e controllo che si applicano agli enti statali nazionali. A sua volta in quanto delegato della provincia, il Consejo Federal de Inversiones stringe l’accordo con Mekorot. In alcuni casi, il CFI ha negato l’esistenza del rapporto con Mekorot che è stato invece nominato da deputati della provincia.
Chi si oppone alla presenza di Mekorot in Argentina ha portato avanti reiterate richieste di accesso alle informazioni. In quasi tutti i casi non hanno ricevuto risposta. È stato possibile accedere solamente al contratto commerciale con la provincia di Rio Negro nella Patagonia settentrionale. In base a quanto si legge nel testo dell’accordo, Mekorot dovrebbe fornire una consulenza per la realizzazione di un “piano regolatore” per la gestione dell’acqua e dei servizi idrici nella provincia. L’impresa israeliana dovrebbe calcolare il valore economico dell’acqua, dare indicazioni su come gestirla in modo sostenibile, presentare proposte di desalinizzazione e progettare un piano per migliorare l’uso di un canale che trasporta l’acqua in diverse aree della provincia. Il contratto – basato su un “accordo quadro” firmato nel 1982 tra l’ultima dittatura argentina e Israele – è un contratto di consulenza della durata di 18 mesi a un costo complessivo di 1,5 milioni di dollari. Ha avuto durata fino al giugno 2024 con possibilità di proroga. Secondo fonti di stampa locale, a maggio 2025 Mekorot stava per consegnare i risultati del suo intervento. Le organizzazioni dei cittadini hanno chiesto chiarimenti sulla questione, ma non hanno ricevuto risposta.
La clausola più delicata riguarda la proprietà intellettuale delle informazioni sui beni naturali. Per svolgere il suo lavoro Mekorot deve identificare tutti i corsi d’acqua, superficiali e sotterranei, al fine di determinarne la potabilità e la possibilità di estrarli. L’azienda israeliana sarà l’unica proprietaria intellettuale di queste informazioni e, nei rapporti che deve presentare alla provincia, decide che cosa Rio Negro potrà sapere sulle sue risorse naturali. L’accordo prevede inoltre la possibilità di bloccare eventuali richieste di trasparenza; per tutti i suoi termini si applica la legislazione inglese e in caso di controversia le parti si dovrebbero sottoporre ai tribunali con sede nel Regno Unito.
L’apertura di Milei alle imprese straniere – Da quando si è insediato nel dicembre 2023, il presidente Javier Milei ha incentivato l’arrivo di imprese straniere in Argentina. Nel 2024 nel contesto della Ley Bases, il governo ha introdotto il RIGI (Régimen de Incentivo a las Grandes Inversiones) che garantisce alle imprese che investono almeno 200 milioni di dollari significativi vantaggi fiscali, doganali e legali per un periodo fino a 30 anni. Il RIGI è stato criticato da molte organizzazioni ambientaliste per il rischio di incentivare progetti estrattivi e infrastrutturali dannosi per i territori, limitare l’accesso all’informazione pubblica, escludere le comunità dai processi decisionali e compromettere la sovranità economica del Paese. “Già da prima del RIGI, l’Argentina aveva un problema strutturale con l’accesso all’informazione e con la trasparenza pubblica riguardo temi di gestione ambientale. Pensiamo che da ora i problemi si intensificheranno: il RIGI prevede una tutela giuridica che impedisce la modifica di tutti i privilegi fiscali, tributari, doganali, economici da parte di province, municipi o governi locali”, spiega Lucas Micheloud, avvocato dell’organizzazione Abogados Ambientalistas. “Il RIGI contribuirà a portare capitali transnazionali nei territori dove si trovano le riserve di litio e minerali, idrocarburi, acqua. Aumenterà i conflitti socio-ambientali che potranno sorgere per impedire che progetti estrattivi si sviluppino in aree dove ci sono comunità resistenti o vulnerabili”.
L'articolo Compagnia che gestisce l’acqua in Israele si espande in Argentina. Ma è accusata di assetare i palestinesi proviene da Il Fatto Quotidiano.