Comunali, Lanzillotti (Pd): “Delocalizzare i servizi nei municipi per facilitare chi oggi svolge un ruolo sociale”
- Postato il 21 maggio 2025
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- Di Genova24
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Genova. Con i suoi 24 anni è la più giovane candidata nella lista del Pd alle elezioni comunali di Genova del 25 e 26 maggio. Giulia Lanzillotti, lavora nel sociale e già da tempo si occupa di politica con i Giovani Democratici e con l’associazione Udi. La Genova che immagina, e per cui ha deciso di scendere in campo, è una città inclusiva, attenta alle problematiche delle fasce deboli, e una città che cancella le discriminazioni di genere.
Giulia Lanzillotti, perché questa candidatura?
“Il mio impegno politico nasce quattro anni fa, quando ho deciso di iscrivermi alla giovanile del Partito Democratico – spiega la candidata – e poi successivamente anche in Udi Genova. Questa per me è la prima esperienza reale di candidatura, ho deciso di provare a portare la mia voce in consiglio comunale perché mi piacerebbe provare a contribuire a costruire degli spazi di inclusione per tutte quelle persone che tendenzialmente vengono espulse e marginalizzate dal nostro tipo di società, tra cui ci sono molte persone con un’esperienza migratoria, i giovani e le donne”.
Uno dei suoi slogan è proprio “Una Genova femminista”, come si traduce questo nel suo programma, nella sua visione di città?
“La conformazione di una città influisce molto sul modo che alcune persone hanno di viverla. Spesso quando parliamo con le compagne delle associazioni ci troviamo d’accordo su come Genova sia una città escludente, diversa da quello che viene proposto dai grandi modelli del Nord Europa, una ‘città dei 15 minuti’ in cui i servizi sono tutti accessibili in breve tempo, soprattutto per le persone che hanno il maggiore carico di cura, e che in questo caso ad esempio, nel nostro Paese e direi nel mondo, sono quasi solo ed esclusivamente le donne”.
Come trasformare Genova in una città dei 15 minuti?
“Forse la città dei 15 minuti a Genova non è completamente realizzabile per una questione di conformazione cittadina, abbiamo i quartieri collinari ad esempio, però si può sicuramente delocalizzare i servizi organizzandoli nei vari municipi per cercare di avvicinare e facilitare la vita di tutte quelle persone che oggi si trovano a fungere da ammortizzatore sociale per il carico di cura, cercando ovviamente di andare nella direzione culturale di appianare questa disuguaglianza di genere nella gestione”.
In questi giorni uno dei temi caldi della campagna elettorale è quello sul numero degli under35 che lasciano la nostra città. Come tenerli qui?
“Sicuramente non solo con un lavoro sulle politiche alle giovanili. Credo che la visione giovanile debba essere vista come qualcosa di trasversale alle varie politiche, come alle politiche sociali, alle politiche del lavoro. Genova ha fortemente bisogno di un’azione sulle politiche del lavoro, serve un lavoro che sia meno precario e che sia pagato. In questi anni il nostro Comune ha proposto ai giovani diverse esperienze formative e lavorative non retribuendole. Questa credo che sia una delle cose peggiori che un’amministrazione possa fare, uno dei messaggi peggiori che si possano dare ai giovani della propria città”.
Giovani che spesso non vanno a votare. Voi avete provato a incontrarli in questi mesi ormai di campagna elettorale?
“Noi in questi mesi, come giovanile del Partito Democratico, abbiamo incontrato diverse realtà, abbiamo sempre collaborato comunque anche negli anni precedenti con una realtà genovese molto importante come Genova Che Osa, che si è occupata molto di giovani e socialità, di giovani e lavoro. Secondo me la cosa principale che serve a Genova per far vivere la città ai propri giovani sono le politiche sociali”.
In che modo le politiche sociali possono essere uno strumento per i giovani?
“Noi oggi abbiamo bisogno di un welfare inclusivo, abbiamo bisogno di un welfare che vada a rispondere a tutte quelle che sono le nuove esigenze sociali. Credo che a Genova alcuni fenomeni come la globalizzazione abbiano avuto un impatto importante dal punto di vista dell’aumento delle disuguaglianze sociali e questo, appunto, impatta proprio anche sui giovani a livello psicologico. Credo che la mia generazione sia una delle generazioni che presenta più fragilità dal punto di vista psicosociale. E questo è un tema di cui la politica deve assolutamente farsi carico. Quello che vogliono farci credere è che ci sia una differenza plastica fra chi nella società riesce e non riesce, e questa differenza riguardi principalmente l’impegno personale, mentre ci sono un sacco di temi di natura sociale, fattori di protezione sociale, che influiscono. La politica deve farsi carico di questi temi”.