Condannato per la strage di Corinaldo, altra falla nella giustizia

  • Postato il 7 luglio 2025
  • Di Panorama
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Qualcosa non ha funzionato nel sistema di gestione di permessi e controlli, se un condannato in via definitiva per la strage di Corinaldo (dicembre 2018, sei persone persero la vita a seguito di una tentata rapina con spray al peperoncino all’interno di una discoteca) è riuscito a far perdere le sue tracce nel giorno di permesso per il conseguimento della laurea. La vicenda di Andrea Cavallari, oggi 26enne e all’epoca dei fatti poco più che ventenne, riapre la discussione su come il sistema penitenziario italiano gestisce permessi premio e attività di reinserimento dei suoi detenuti.

Cavallari, condannato a 11 anni e 10 mesi di carcere per quanto accaduto alla discoteca “La Lanterna Azzurra” di Corinaldo, era stato riconosciuto nelle sentenze come il capo della banda che, tentando una rapina con l’uso di una spray urticante, aveva causato la morte di sei persone per schiacciamento nella calca di giovani in fuga dal concerto di Sfera Ebbasta.

Da giovedì 4 luglio scorso è latitante. In fuga perché non si è ripresentato nel penitenziario bolognese della Dozza di rientro dal permesso avuto per andare a farsi proclamare dottore in consulenza del lavoro e delle relazioni triennali all’Alma Mater di Bologna. Laurea triennale presa studiando in carcere. Discussione della tesi, foto di rito e poi più nulla.

Come è possibile? Non solo che a Cavallari sia stato concesso il privilegio dell’uscita dalla cella per coronare il percorso di studio – in fondo aveva scontato buona parte della pena potendo così accedere ai benefici di legge -, ma che all’università abbia potuto presentarsi da solo, accompagnato da familiari e amici. Zero scorta, nessuna precauzione per evitare quello che è puntualmente accaduto e cioè la fuga e il mancato rientro alla Dozza.

L’amministrazione penitenziaria ha chiesto una relazione dettagliata ai responsabili della Dozza per capire cosa non abbia funzionato. Perché era senza scorta pur essendo la prima, vera, uscita dal carcere? Quale differenza c’era rispetto alle mancate autorizzazione precedenti di un percorso accademico condotto tutto da remoto via web? Perché nessuno, né chi doveva controllare e nemmeno parenti ed amici, ha intercettato il rischio della fuga provando a dissuaderlo o lanciando l’allarme?

Ora il padre di Andrea Cavallari si è appellato al figlio perché si costituisca e torni in carcere. Anche accadesse, le conseguenze non saranno leggere: azzeramento dei benefici fino al termine della pena e una prevedibile nuova condanna per l’evasione, punita con la reclusione da uno a tre anni. Il garante per i detenuti dell’Emilia Romagna ha spiegato che la vicenda non deve essere occasione per “delegittimare il senso che queste concessioni hanno nell’ordinamento penitenziario”. Ha ragione, ma la realtà è che un ordinamento che consente a un detenuto di evadere senza nemmeno la fatica di sfuggire al controllo di una scorta è un ordinamento che semplicemente non funziona e va riformato.

Autore
Panorama

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