Corruzione, povertà, lavoro e migranti: gli altri temi scomodi di Francesco. Ignorati dai potenti che ora lo celebrano

  • Postato il 25 aprile 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Quasi tutti i potenti del mondo hanno onorato la memoria di Papa Francesco. Di ora in ora, subito dopo la notizia della sua morte, le agenzie di stampa sono state inondate dalle dichiarazioni di apprezzamento dei politici di ogni schieramento per il Pontefice più mediatico della storia. Ma Bergoglio è stato anche un uomo che ha saputo parlare con estrema chiarezza di temi scomodi, soprattutto per chi governa le sorti del mondo, bastonando i potenti senza usare mezze misure, rifiutando l’ipocrita linguaggio politicamente corretto. Tornano alla mente le durissime parole di condanna della corruzione, degli interessi di partito, dei dottori del dovere e dei sepolcri imbiancati che Bergoglio pronunciò nell’omelia della messa alla quale, il 27 marzo 2014, nella Basilica Vaticana, parteciparono 492 parlamentari italiani.

Applausi e standing ovation sono arrivati anche da chi è agli antipodi dal magistero del Pontefice argentino, a dimostrazione che l’ipocrisia e l’opportunismo non guardano in faccia alla coerenza. “Ora che non c’è più”, ha affermato il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, “Papa Francesco viene universalmente celebrato da tutti. Nello scomposto teatro dell’ipocrisia dei vaniloqui, le celebrazioni coinvolgono anche chi ha continuato a ignorare i suoi messaggi di dolore per le ingiustizie nel mondo, i suoi moniti contro le parole di odio e la logica della guerra”. E ha aggiunto: “Il modo migliore per ricordare Papa Francesco è non lasciare cadere nel vuoto i suoi insegnamenti, la sua personale testimonianza. Il modo migliore per onorarlo è essere scomodi, con azioni ferme e scelte conseguenti”.

Ci sono quattro temi che possono evidenziare bene la distanza tra il magistero di Bergoglio e i leader politici che oggi lo applaudono, senza, però, averlo condiviso in vita: corruzione, povertà, lavoro e soprattutto migranti.

Corruzione – Francesco, il 13 marzo 2013, è stato eletto anche per sconfiggere la corruzione in Vaticano. Nell’intervista a ilfattoquotidiano.it in occasione del decennale del suo pontificato, Bergoglio rivelò che era stata proprio la corruzione a farlo soffrire maggiormente nei suoi dieci anni di regno: “Non parlo solo della corruzione economica, dentro e fuori il Vaticano, parlo della corruzione del cuore. La corruzione è uno scandalo. A Napoli, nel 2015, dissi che spuzza. Sì, spuzza. La corruzione fa imputridire l’anima. Bisogna distinguere il peccato dalla corruzione. Tutti siamo peccatori, tutti! Anche il Papa e si confessa ogni quindici giorni. Ma non dobbiamo scivolare dal peccato alla corruzione. Mai! Nella Chiesa, come nella politica e nella società in generale, dobbiamo sempre mettere in guardia dal grave pericolo della corruzione. È molto difficile che un corrotto possa tornare indietro: una tangente oggi e una domani. Per questo i mafiosi sono scomunicati: hanno le mani sporche di soldi insanguinati. Fanno affari con le armi e la droga. Uccidono i giovani e la società. Uccidono il futuro. Bisogna essere chiari: nella Chiesa non c’è posto per i mafiosi! I beati Pino Puglisi e Rosario Livatino non sono scesi a patti con la mafia e perciò hanno pagato con le loro vite”.

Povertà – Il debutto del pontificato di Francesco mise subito in crisi i privilegi di cardinali e vescovi della Curia romana: “Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”. Un chiarissimo programma di governo contenuto nel nome scelto come Papa. Il richiamo a san Francesco d’Assisi, infatti, voleva sintetizzare proprio questa vicinanza agli ultimi, a coloro che sono scartati dalla società, alle periferie, non solo geografiche, ma esistenziali. Lo rivelò subito lo stesso Bergoglio: “Alcuni non sapevano perché il vescovo di Roma ha voluto chiamarsi Francesco. Alcuni pensavano a Francesco Saverio, a Francesco di Sales, anche a Francesco d’Assisi. Io vi racconterò la storia. Nell’elezione, io avevo accanto a me l’arcivescovo emerito di San Paolo e anche prefetto emerito della Congregazione per il clero, il cardinale Claudio Hummes: un grande amico, un grande amico! Quando la cosa diveniva un po’ pericolosa, lui mi confortava. E quando i voti sono saliti a due terzi, viene l’applauso consueto, perché è stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò, mi baciò e mi disse: “Non dimenticarti dei poveri!“. E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri. Poi, subito, in relazione ai poveri ho pensato a Francesco d’Assisi. Poi, ho pensato alle guerre, mentre lo scrutinio proseguiva, fino a tutti i voti. E Francesco è l’uomo della pace. E così, è venuto il nome, nel mio cuore: Francesco d’Assisi. È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato; in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero”. Indimenticabile una sua celebre massima: “Ricordiamoci che è lecito guardare una persona dall’alto in basso soltanto per aiutarla a sollevarsi: niente di più. Soltanto in questo è lecito guardare dall’alto in basso. Ma noi cristiani dobbiamo avere lo sguardo di Cristo, che abbraccia dal basso, che cerca chi è perduto, con compassione. Questo è, e dev’essere, lo sguardo della Chiesa, sempre, lo sguardo di Cristo, non lo sguardo condannatore”.

Lavoro – Il tema del lavoro è stato fondamentale nel magistero di Francesco. Nella sua visita pastorale a Cagliari, la seconda in Italia, il 22 settembre 2013, Bergoglio denunciò con forza “una sofferenza che uno di voi ha detto che “ti indebolisce e finisce per rubarti la speranza“. Una sofferenza – la mancanza di lavoro – che ti porta – scusatemi se sono un po’ forte, ma dico la verità – a sentirti senza dignità! Dove non c’è lavoro, manca la dignità! E questo non è un problema della Sardegna soltanto – ma c’è forte qui! – non è un problema soltanto dell’Italia o di alcuni Paesi di Europa, è la conseguenza di una scelta mondiale, di un sistema economico che porta a questa tragedia; un sistema economico che ha al centro un idolo, che si chiama denaro. Dio ha voluto che al centro del mondo non sia un idolo, sia l’uomo, l’uomo e la donna, che portino avanti, col proprio lavoro, il mondo. Ma adesso, in questo sistema senza etica, al centro c’è un idolo e il mondo è diventato idolatra di questodio-denaro“. Comandano i soldi! Comanda il denaro! Comandano tutte queste cose che servono a lui, a questo idolo. E cosa succede? Per difendere questo idolo si ammucchiano tutti al centro e cadono gli estremi, cadono gli anziani perché in questo mondo non c’è posto per loro! Alcuni parlano di questa abitudine di “eutanasia nascosta“, di non curarli, di non averli in conto… “Sì, lasciamo perdere…”. E cadono i giovani che non trovano il lavoro e la loro dignità. Ma pensa, in un mondo dove i giovani – due generazioni di giovani – non hanno lavoro. Non ha futuro questo mondo. Perché? Perché loro non hanno dignità! È difficile avere dignità senza lavorare. Questa è la vostra sofferenza qui. Questa è la preghiera che voi di là gridavate: ‘”Lavoro, lavoro, lavoro”. È una preghiera necessaria. Lavoro vuol dire dignità, lavoro vuol dire portare il pane a casa, lavoro vuol dire amare! Per difendere questo sistema economico idolatrico si instaura la “cultura dello scarto“: si scartano i nonni e si scartano i giovani. E noi dobbiamo dire no a questa ‘cultura dello scarto’. Noi dobbiamo dire: “Vogliamo un sistema giusto! Un sistema che ci faccia andare avanti tutti”. Dobbiamo dire: “Noi non vogliamo questo sistema economico globalizzato, che ci fa tanto male!’” Al centro ci deve essere l’uomo e la donna, come Dio vuole, e non il denaro!”.

Migranti – Francesco scelse Lampedusa, l’8 luglio 2013, come prima visita apostolica in Italia del suo pontificato. Parole durissime quelle pronunciate durante l’omelia della messa nell’isola porta d’Europa: “Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Così il titolo dei giornali. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore”. E aggiunse: “La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro! Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati” responsabili senza nome e senza volto”. E ancora: “Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con“: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere!”. Sul tema dei migranti, Francesco ha ripetuto più volte: “Desidero riaffermare che la nostra comune risposta si potrebbe articolare attorno a quattro verbi fondati sui principi della dottrina della Chiesa: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Il Papa non si è mai stancato di ribadire con estrema chiarezza questa sua posizione, soprattutto ricevendo i leader che attuavano politiche diametralmente opposte alle sue sul tema dei migranti. Bergoglio ha sempre avuto il coraggio di non arretrare mai di un millimetro dalle sue posizioni, senza timore di esprimerle a voce alta, sottolineando anche l’ipocrisia dei suoi ascoltatori.

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