Cosa perdiamo con l’addio a diesel e benzina
- Postato il 21 giugno 2025
- Di Panorama
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Se riapriamo i libri di fisica o chiediamo all’intelligenza artificiale la risposta su che cosa sia l’efficienza, la risposta sarà più o meno questa: la capacità di svolgere un’attività o un processo utilizzando al meglio le risorse disponibili, minimizzando gli sprechi e ottenendo il miglior risultato possibile con il minor dispendio di energie e costi.
Con molta più umiltà di chi usa a sproposito parolacce come “efficientamento”, ci basterebbe della sana ottimizzazione, sia essa dei sistemi di produzione, dell’uso delle materie prime, della scelta dei materiali e altro ancora. Anche perché tutto quello che non è efficiente lascia l’alternativa allo spreco, che sia metallo, carburante o energia già prodotta.
Il punto chiave è che da due secoli a oggi, più o meno il tempo della nascita dei motori a idrocarburi, i materiali a disposizione dei progettisti sono aumentati, cambiati, persino inventati piuttosto che semplicemente scoperti. Si pensi, per esempio, all’utilizzo dell’alluminio – applicato in aviazione da un secolo – e dei materiali compositi come le fibre di carbonio. Quindi i semi-metalli che uniscono le due tipologie.
Motori termici ed elettrici, margini ancora ampi
Ebbene, i motori termici hanno ancora grandi margini di sviluppo così come enormi sono quelli dei motori elettrici. I primi devono combattere con la produzione di calore, il consumo di carburante e le emissioni, i secondi riducendo l’energia necessaria e sempre il calore. Entrambi poi possono migliorare sul peso.
Con la spada di Damocle del 2035 per lo stop alla vendita dei motori termici si rischia anche il collasso della ricerca in questo campo, rinunciando a studiare l’applicazione di materiali che negli ultimi venticinque anni sono stati letteralmente inventati utilizzandone altri come base. Senza domanda, niente motivi per fare ricerca.
Se oggi abbiamo motori diesel e benzina che raggiungono l’efficienza del 45%, il traguardo del 50-55% è ritenuto possibile. Significherebbe, in termini di uso quotidiano, disporre di utilitarie con consumi prossimi ai 45 km per litro di carburante e potenze idonee per spostare 5 persone su mezzi che pesano meno di una tonnellata.
Tali propulsori potrebbero nascere per impiegare carburanti sintetici o prodotti da fonti vegetali, integrare altre fonti d’energia come le celle a combustibile e unità elettrificate a supporto, soprattutto per i regimi più bassi, quando disporre dell’elevata coppia propria del motore elettrico favorisce il risparmio del carburante.
Infine, sviluppare significa anche provare materiali nuovi, applicare nuove lavorazioni, per esempio quelle basate sulle nanotecnologie o la stampa tridimensionale. Le possibilità sono infinite, comprese quelle di poter evolvere automezzi esistenti con l’applicazione di retrofit basati su prodotti di ultima generazione.
Lavorazioni innovative e nuove professioni a rischio
C’è ancora molto da lavorare per ridurre gli attriti tra parti meccaniche in movimento, per l’eliminazione delle cosiddette “perdite di energia” che se considerate singolarmente possono sembrare irrilevanti ma che sommate abbassano proprio l’efficienza.
Tempo fa il capo di Audi, Gernot Döllner, affermò di voler proseguire la produzione dei motori termici oltre le date comunicate in passato, spiegando che lo sviluppo di diesel e benzina andrà avanti ancora per molti anni.
Lo stesso sta facendo Toyota, puntando su innovazioni ottenute sommando piccoli miglioramenti in tutte le tecnologie presenti su ogni sistema di propulsione moderno, finanche al peso dei cablaggi, dei connettori elettrici e delle batterie.
Le direzioni nelle quali si fa ricerca comprendono anche la diagnostica predittiva (un altro fattore derivato dall’aviazione, nel quale è il componente che comunica il suo stato di funzionamento), il pompaggio dei fluidi, la riduzione dell’energia necessaria per comprimere l’aria nei cilindri.
Insomma: c’è lavoro per ogni tipo di tecnico e ingegnere, anche questi posti di lavoro destinati a scomparire per scelte ideologiche. E la storia insegna che ogni volta che si è persa una competenza, per recuperare c’è voluta molta più “energia”.