Franco Capone, giornalista esperto in paleoantropologogia, da giovane è stato in Africa accanto a Donald Johanson e in seguito – fino alla pensione – ha lavorato a Focus. Recentemente è andato a Praga per rincontrare il gande maestro. Da quell'incontro è nata questa intervista, che è anche una riflessione personale.
. Lucy in Europa. In questo momento una sonda spaziale della Nasa denominata "Lucy" sta esplorando gli asteroidi intorno a Giove e ha già fotografato l'asteroide chiamato "Donaldjohanson", con l'obiettivo di studiare la formazione del nostro sistema solare.
E noi siamo al Museo nazionale di Praga, davanti alla vera Lucy, la donna scimmia di 3.2 milioni di anni fa che ha permesso di fare luce sulle origini dell'uomo su questa Terra. Per l'occasione abbiamo anche incontrato Donald Johanson, il suo scopritore. Lo storico ritrovamento avvenne ad Hadar in Etiopia, il 24 novembre del 1974. Ed è ora la prima volta che lo scheletro originale di Lucy viene esposto in Europa.. REPERTI PREZIOSI. Accanto a Lucy si può vedere anche Selam, la bambina trovata a Dikika, a 4 km da dove venne scoperta Lucy, della stessa sua specie (Australopithecus afarensis), ma che aveva solo 2 anni e mezzo.
I preziosissimi reperti sono accompagnati dalle loro ricostruzioni iperrealistiche, in grandezza naturale, che pure sono la meta di una lunga fila di visitatori provenienti da tutta Europa per questa breve e rara comparsa: il 24 ottobre la donna-scimmia e la bambina-scimmia non potranno più ricevere visite perché dovranno tornare ad Addis Abeba per essere chiuse in un forziere e al posto loro saranno esposte delle fedeli copie.. Professor Johanson, allora ci conferma che Lucy è nostra antenata, all'origine del genere Homo?
«Lo scorso anno c'è stato ad Addis Abeba un convegno in cui è emerso che ancora oggi lei è la migliore candidata da porre all'origine sia del nostro genere Homo (Homo habilis, H. rudolfensis, H.sapiens, ndr) sia degli australopitechi successivi. Infatti, la mia ipotesi iniziale è stata confermata da due scoperte fondamentali. Una è quella del Blak skull di Paranthropus aethiopicus di 2,7-2,5 milioni di anni fa, trovato sul lago Turkana in Kenia: ha caratteristiche vicine a quelle di A.afarensis e collega quindi Lucy agli australopitechi robusti successivi (con corporatura e apparato masticatore più massicci). L'altra porta a Homo habilis (dal cervello più grande): si tratta di una mandibola inferiore di Homo di quasi 2,8 milioni di anni fa, rinvenuta nel 2013 a Ledi-Geraru, a 30 chilometri da Hadar. La mandibola è davanti afarensis e dietro Homo, quindi un anello di congiunzione».
Ad avvalorare il ruolo centrale di Lucy, c'è anche un altro aspetto. «Le ricerche hanno stabilito che la sua specie è durata un milione di anni, viveva in ambienti anche molto diversi fra loro. Era insomma una specie generalista».. Che riflessioni sorgono davanti allo scheletro originale di Lucy? Qui è come se ci trovassimo davanti al corpo di Eva, e se fossimo ai tempi che precedettero Darwin dovremmo parlare di peccato originale, di creazione il sesto giorno dell'uomo e della donna e così via…
«Direi che qui invece siamo di fronte all'evidenza scientifica di un altro scenario delle origini», risponde Johanson: «se la specie di Lucy non fosse durata un milione di anni, resistendo alle sfide dell'ambiente, oggi non saremmo qui. Noi siamo il risultato di una serie fortunata di eventi. Se, come è accaduto a tante specie, Australopitecus afarensis (Lucy) si fosse estinto, prima di dare origine a forme che svilupparono la scatola cranica e il cervello, oggi noi non ci saremmo, non esisterebbero Praga, Milano o New York».. Quindi non siamo il prodotto di un "sapiente progettista"?
«Se vogliamo proprio usare la metafora della creazione, noi veniamo da madre natura. E questo ci deve ricordare che apparteniamo a essa, nonostante la nostra evoluzione cultuale possa farci credere il contrario, e cioè che viviamo al di fuori.
E nemmeno possiamo considerarci dei super organismi: ai tempi di Lucy, attraverso una lunga evoluzione genetica, come quella dei leoni, delle giraffe o degli elefanti, gli ominini si erano anche loro perfettamente adattati all'ambiente e lo rispettavano. Poi c'è stata l'intersezione con l'evoluzione culturale, mano mano che veniva sviluppato il cervello. È questa tensione natura-cultura la proviamo oggi fra tante contraddizioni, proprio perché ci siamo evoluti nella natura, ma pretendiamo di opporci a essa pensando di poterla dominare».
Basta intraprendere un viaggio nelle savane africane in mezzo agli animali selvatici, come spesso fa lo studioso con la moglie Robin, per provare sensazioni ataviche. «Fino a dodici mila anni fa», sottolinea Johanson,«eravamo tutti cacciatori e raccoglitori immersi nella natura. E la biofilia di oggi (attrazione verso le piante e gli animali) deriva da quel ricordo che permane da qualche parte nella rete neurale di noi uomini moderni. Se Lucy è li a rammentarci che le nostre origini risiedono nella natura, dobbiamo anche pensare che tutti i danni che facciamo all'ambiente si riverseranno su noi stessi: non esistono pianeti in cui fuggire e rifugiarsi, ne abbiamo uno solo in cui vivere e dobbiamo rispettarlo anche a beneficio futuro dei nostri nipoti».. Una parentesi curiosa. La scelta di chiamare Lucy la famosa femmina di A.afarensis viene, come più volte si è scritto, dalla canzone dei Beatles Lucy in the sky with the diamonts, che suonava in un mangianastri la sera della scoperta mentre i ricercatori festeggiavano. Ma non tutti sanno che lo stesso Johanson, 82 anni compiuti, fondatore del prestigioso Institute of Human Origin, con sede in Arizona, ha sempre amato la musica rock. Per esempio, era uno dei giovani presenti al leggendario festival dei tre giorni di Woodstock nel 1969. Ed era contro la guerra del Vietnam.. Oggi in questi tempi difficili, di conflitti e di riarmo, Lucy può essere considerata una icona per tutta l'umanità?
«Certamente», risponde. «Dobbiamo essere consapevoli che abbiamo tutti un'origine comune in Africa. Non importa a quale ramo oggi ci teniamo appesi, le radici sono comuni. Lucy è l'antenata che unisce, con buona pace delle divisioni. E se ci ricorda che siamo il risultato di una serie fortunata di eventi, non dobbiamo gettare via questa enorme fortuna con guerre e distruzioni della nostra casa comune»..