Cosa succede (fuori e dentro la Turchia) dopo il disarmo del Pkk

  • Postato il 9 luglio 2025
  • Esteri
  • Di Formiche
  • 3 Visualizzazioni

I riflessi si vedranno in Medio Oriente e anche nel Mediterraneo. C’è una mossa tattica, quella di Abdullah Ocalan legata alla dismissione del suo Pkk, che si lega idealmente ad altre mosse questa volta preparate e progettate con cura da Recep Tayyip Erdogan e che raccontano il modus con cui il governo turco sta procedendo su vari dossier, tutti di primaria importanza, accomunati da una strategia comune. Gas, Ucraina, Libia, Ue, Medio oriente, difesa sono in cima alle priorità del Bosforo, e lo sminamento di un fronte interno come quello del Pkk va letto accanto al caso Imamoglou e alle priorità geopolitiche dell’ultimo (?) mandato di Erdogan.

Il fronte interno

In carcere dal 1999, il leader del Partito dei lavoratori del Kurdistan accelera sul disarmo della sua creatura, già sciolta nei mesi scorsi per ordine del suo leader. In un video messaggio, Ocalan ha definito i contorni della sua decisione, accompagnata da una cerimonia dimostrativa con 20 miliziani che deporranno simbolicamente le armi. La decisione è nata lo scorso 27 febbraio quando il numero uno del Pkk ha chiesto ufficialmente a tutti i suoi adepti di deporre le armi e al partito di andare a congresso, assemblea che si è svolta a maggio nella Regione del Kurdistan iracheno. Cosa cambierà da domani in concreto?

Ci saranno conseguenze in tutta la regione, soprattutto in Siria e in Iraq. In particolare la nuova leadership siriana capeggiata dal presidente ad interim Ahmed al-Sharaa preme perché vuole che le Fds (che Ankara considera allineate con l’ala siriana del Pkk) si disarmino, anche per avere mano libera nello sfruttamento del sottosuolo. Ma soprattutto, anche se per ora la liberazione di Öcalan non è un’opzione sul tavolo, ci saranno grandi cambiamenti in tutto il Medio Oriente e lo stesso Erdoğan è tentato dal garantirsi un sostegno allargato per restare al potere ancora e, quindi, portare a termine le sue iniziative.

Il fronte esterno

Energia, difesa e geopolitica sono intrecciate nelle priorità di Ankara come dimostrano le frizioni in Libia, il caso migranti e le rivendicazioni sul gas. Non va dimenticato che la macro area del Mediterraneo centrale e orientale si trova in una fase decisiva del suo sviluppo energetico, grazie da un lato alla presenza di vari giacimenti / nuove interconnessioni e dall’altro all’incrocio geopolitico con i destini dei paesi che vi si affacciano come Italia, Grecia, Cipro, Egitto, Siria, Libano, Israele, Giordania, oltre alla stessa Turchia. La cooperazione regionale e l’integrazione economica sono i principali obiettivi dei nuovi sommovimenti che si stanno distendendo idealmente da Gibilterra al Bosforo, impreziositi dalla partita degli interconnettori elettrici, come il Great Sea Interconnector tra Grecia, Cipro e Israele, l’EuroAfrica tra Cipro ed Egitto, il Green Energy Interconnector tra Grecia ed Egitto che verranno seguiti da altri progetti simili.

Energia e difesa

Erdogan non intende restarne fuori. Anche per questa ragione sul fronte energetico la Turchia procede sulla sua direttrice di marcia. Ha rafforzato il numero di navi perforazione galleggianti oltre alla Fatih, Yavuz, Kanuni e Abdulhamid Han già in portafoglio. La compagnia petrolifera statale turca Tpao avrebbe acquistato dalla Norvegia la West Draco e la West Dorado, ovvero altre due piattaforme per l’esplorazione di gas in acque profonde in Libia e a Mersin, nella Turchia meridionale. Le navi appartenevano alla flotta della norvegese Eldorado Drilling. La mossa si inserisce all’interno della contrapposizione energetica con Grecia e Cipro a proposito del memorandum siglato con la Libia e delle rivendicazioni turche nella zona economica esclusiva cipriota e al largo dell’Egitto, dove già operano colossi mondiali e dove sono stati scoperti giacimenti altamente significativi come Zohr e Nohr.

Il tutto sotto l’ombrello di una difesa nuova di zecca, grazie alla possibilità che la Turchia acquisti caccia Typhoon, F-16 e in prospettiva anche F-35, supervisionati da Steel Dome, il sistema di difesa aerea cosiddetto a strati. Un quadro che si lega alle ultime notizie giunte dal fronte libico, dove l’aumento dei flussi migratori e lo sgarbo capriccioso del generale Haftar (autoproclamatosi autorità della Cirenaica, sotto influenza russa, quindi non il governo ufficiale) contro il commissario Ue alle Migrazioni e i ministri degli Interni di Grecia e Malta, aumentano tensioni e preoccupazioni internazionali.

 

 

Autore
Formiche

Potrebbero anche piacerti