Cos’è la debolezza neurologica degli arti inferiori, la patologia che ha colpito Pippo Baudo: “Fondamentale non sottovalutare i sintomi e fare una valutazione tempestiva”
- Postato il 18 agosto 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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La scomparsa di una vera e propria istituzione televisiva come è stato Pippo Baudo ha innescato, tra le varie cose, alcune ipotesi e speculazioni sulle cause del suo decesso. Come quella di una lunga malattia; o di un presunto incidente domestico, che renderebbe il fatto ancora più drammatico proprio per la banalità della causa. Ipotesi però respinta dal suo avvocato e amico intimo, Giorgio Assumma, che ha dichiarato al Corriere che Baudo “ha avuto un indebolimento neurologico alle gambe che lo ha condizionato molto”. Una condizione aggravata anche da un forte abbassamento della vista: “Vedeva poco e cercava di nascondermelo, mi individuava attraverso la provenienza della mia voce” ha sottolineato ancora Assumma. Che ha aggiunto: “Tutte le volte che andavo a trovarlo, uscivo con un senso di angoscia. Gli ultimi mesi li ha passati chiuso in casa, non è quasi mai uscito se non per andare al compleanno di Pingitore del Bagaglino, aveva difficoltà a incontrare la gente”.
Dalle dichiarazioni del suo avvocato, si comprende che il popolare presentatore aveva probabilmente un po’ di depressione, tra l’altro comprensibile per chi, come sottolinea lo stesso Assumma, “ha vissuto sull’apprezzamento degli altri e sentiva che il tempo volava via”. In altre parole, Pippo Baudo viveva una serie di condizioni che non lo aiutavano certo a sperimentare una sufficiente qualità di vita.
Il parere dell’esperto
In ogni caso, la morte di Baudo ha riportato al centro dell’attenzione un tema medico spesso sottovalutato: la debolezza neurologica degli arti inferiori. Abbiamo chiesto al professor Giovanni Frisullo, Responsabile UOSD Neurologia d’Urgenza all’Ospedale Gemelli di Roma, di aiutarci a capire meglio questo quadro clinico.
Le principali cause
“Anzitutto – spiega Frisullo – va distinta la debolezza che colpisce una sola gamba da quella che interessa entrambe. Un deficit a un solo arto può essere spia di un problema cerebrale, come un’ischemia o una lesione focale; mentre un deficit bilaterale orienta più spesso verso una sofferenza del midollo spinale o del sistema nervoso periferico”. Come ci spiega il nostro esperto, ci possono essere più cause alla base del fenomeno, così riassunte:
• Stenosi del canale vertebrale: restringimento che comprime il midollo e può portare a paraparesi.
• Ischemie midollari: ridotto afflusso di sangue al midollo spinale.
• Neuropatie periferiche, sia acute (come la sindrome di Guillain-Barré) sia croniche (ad esempio la neuropatia diabetica, molto comune negli anziani).
“Nel caso di Baudo – osserva Frisullo – l’ipotesi più plausibile, data l’età avanzata e la sua corporatura alta, è che si trattasse di una forma cronica legata a problemi di colonna e stenosi vertebrale”.
Sintomi da non trascurare
La debolezza neurologica si manifesta soprattutto con disturbi della deambulazione. “Il paziente – spiega il neurologo – può riferire di inciampare facilmente, camminare con passo instabile o allargare la base d’appoggio per mantenere l’equilibrio. Altre volte compare l’andatura cosiddetta ‘falciante’, in cui la gamba viene trascinata in modo rotatorio”. Anche alterazioni della sensibilità (difficoltà a percepire il tatto fine o la posizione degli arti) possono contribuire all’instabilità, pur senza un deficit evidente di forza muscolare.
Diagnosi e possibilità di cura
Davanti a sintomi di questo tipo è fondamentale una valutazione neurologica tempestiva, seguita dagli accertamenti più appropriati:
• esami neurofisiologici (elettroneurografia, elettromiografia),
• risonanza magnetica dell’encefalo o del midollo,
• altri esami mirati in base al sospetto clinico.
“Prima si arriva alla diagnosi – sottolinea Frisullo – più mirato ed efficace sarà l’intervento terapeutico, con un impatto importante sulla qualità di vita. In alcune situazioni, come la stenosi del canale vertebrale, l’intervento chirurgico di decompressione può riportare il paziente a una condizione quasi normale. Non sempre si parla di guarigione, ma di recupero funzionale sì, e questo cambia radicalmente la quotidianità delle persone”. In definitiva, la regola è non trascurare i sintomi, parlarne con il proprio medico e rivolgersi allo specialista. Perché, come ricorda Frisullo, “non è mai troppo tardi per migliorare la qualità della vita”.
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