Cosiddetto “terzo polo”, ci riprova Marattin: eletto segretario del Partito liberaldemocratico. Slogan nuovi fiammanti: “Basta destra e sinistra”

  • Postato il 28 giugno 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Il nostro progetto è chiaro che più chiaro non si può. Nei prossimi due anni vogliamo costruire per le elezioni politiche del 2027 un’offerta politica di stampo liberaldemocratico che sulla scheda elettorale possa offrire la possibilità di essere protagonisti a quel pezzo d’Italia che non vuole nè Landini ministro del Lavoro nè Salvini ministro dell’Interno e non vuole neanche correre il rischio di avere una cosa del genere. Quindi il vero voto utile nel 2027 sarà a noi, utile per mandare in soffitta per sempre demagoghi, populisti e cazzari di ogni ordine e grado”. Queste tre righe di dichiarazione d’intenti provocheranno qualche decina di dejà vu in coloro che avranno la ventura di leggerle. No, non è Matteo Renzi che parla. No, non è Carlo Calenda a pronunciarle. Ma, sì, anche questa volta è la promessa di un “terzo polo“, vero, autentico, irrinunciabile come tutti gli altri terzi poli da Mario Monti a Mario Draghi, né destra né sinistra, “niente populismo”, contro il deleterio “grillismo” (col grillismo – se si capisce cosa vuole dire – ormai sepolto, non c’è più nemmeno la vanga). Quella promessa che sembra vecchia di dieci anni è ora rinnovata da Luigi Marattin, eletto “per acclamazione” (così viene comunicato) segretario del Partito liberaldemocratico. Era l’unico candidato.

Il congresso del Pld si è riunito a San Lazzaro di Savena. Il partito è fondato dall’associazione Orizzonti Liberali, il cui presidente è Marattin, dall’associazione Nos, fondata dall’ideatore di Will Media Alessandro Tommasi e presiedutada Roberto Bellia, dall’associazione Libdem, presieduta dall’ex senatore del Pd Andrea Marcucci e dal Liberalforum, presieduto da Piero Ruggi (ex Forza Italia). La sfida dichiarata è affrontare tutti i rischi dell’accanimento terapeutico. “Il nostro obiettivo è il terzo polo, riprendere dove altri hanno lasciato” dice Marcucci, il veterano della pattuglia, essendo stato lui eletto per la prima volta nel 1992, tre o quattro ere politiche fa. Per questo Marcucci segna la strada per il rinnovamento: “Al sistema politico italiano serve un’alternativa al populismo di destra e di sinistra. E quell’alternativa è di marca liberale. Complimenti a Luigi Marattin, è il nome giusto al posto giusto”.

La gioia per la nuova avventura è accompagnata da un velo di malinconia: “Questo partito non avrebbe mai dovuto nascere – spiega il segretario – Ce l’avevamo già un embrione di forza politica che aveva avuto il coraggio di rifiutare il bipolarismo e di presentarsi agli elettori dicendolo apertamente, che aveva preso milioni di voti, con un programma chiaramente liberaldemocratico e riformatore, in grado di affrontare con chiarezza, competenza e coraggio tutti i nodi che in trent’anni ci hanno reso il Paese al mondo con il più basso tasso di crescita. Ce l’avevamo già un embrione di partito che alle elezioni politiche del 2022 era stato il più votato in assoluto tra i giovani under 25. Ce l’avevamo quella forza che se fosse andata avanti avrebbe cambiato alla radice la politica italiana. Quella forza politica, che giornalisticamente fu chiamata il Terzo polo, è stata poi distrutta dal più grande atto di miopia e masochismo politico della storia della Repubblica”.

E forse anche perché il polo non era terzo ma sesto. Ma il ragionamento di Marattin vuole portare alla critica nei confronti di Renzi con cui ha rotto un anno fa quando ha capito che l’ex premier vuole riagganciarsi al treno del centrosinistra per sopravvivere. Quella forza politica, sottolinea il segretario Marattin, “è stata distrutta da chi non è stato in grado di mettere il progetto davanti ai propri ego, da chi pensa che la leadership non sia uno degli elementi fondamentali di ogni progetto politico ma l’unico necessario, soprattutto quando è la propria. Gli errori del passato non torneranno più, mai più permetteremo che questo progetto venga rovinato nel modo in cui è stato rovinato quel progetto“. Dunque i voti di quel luogo dello spirito precedentemente noto come “centro” sono già strattonati di qua e di là tra tre, quattro, cinque, sei partiti col rischio che le sigle dopo un po’ diventino più degli elettori. Nell’ultimo sondaggio di Ipsos pubblicato oggi sul Corriere della Sera la cosiddetta “area di centro” è data poco sotto al 7 per cento, frutto della somma dei voti di Azione, Italia Viva, +Europa.

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Il Fatto Quotidiano

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