Costa del Sol di sangue: la mafia conquista il paradiso andaluso
- Postato il 22 giugno 2025
- Di Panorama
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La chiamano Costa del Sol, ma quando cala la notte sull’Andalusia questa celebre striscia di terra amata dai turisti si trasforma in uno dei più oscuri ritrovi della criminalità organizzata. Violenza e omicidi sovvertono sempre più spesso l’ordine naturale delle cose, o almeno quello nel nostro immaginario, che vedrebbe soltanto spiagge dorate, resort di lusso e turismo di massa.
Secondo i dati diffusi dalle autorità spagnole, solo nei primi cinque mesi del 2025 si sono verificati 11 episodi di sangue tra Fuengirola, Marbella e altri comuni costieri, con un bilancio di 5 morti e 10 feriti. Questo perché la Costa del Sol è ormai “casa” per mafie e clan. La polizia ha mappato almeno 113 gruppi criminali provenienti da oltre 59 Paesi. Britannici, irlandesi, nordafricani, balcanici e sudamericani si contendono il controllo delle rotte della droga e del riciclaggio dei proventi illeciti, grazie a una posizione geografica sin troppo favorevole al narcotraffico: a poche miglia marine dal Marocco – il più grande produttore mondiale di hashish, con Ceuta e Melilla come sue filiali – e a meno di un’ora di distanza da Campo di Gibilterra, uno dei principali punti d’arrivo della cocaina in Europa attraverso il porto di Algeciras.
Il primo “colonizzatore” per gli affari illeciti della criminalità organizzata fu nientemeno che don Raffaele Cutolo, il quale già a metà anni Settanta fece da apripista con una cordata di imprenditori-camorristi che desideravano riciclare i proventi illeciti della droga, investendo pesantemente nel settore immobiliare e turistico. Divennero milionari, e da allora la Costa del Sol è rimasta in mano a gruppi di investitori promiscui, mentre la manovalanza criminale ha popolato l’intero meridione della Spagna.
I risultati non si sono fatti attendere: oltre alla camorra italiana, oggi comandano la mafia russa e la cosiddetta «Mocro Maffia» di origine olandese-marocchina. Dunque, dietro la cartolina del paradiso turistico andaluso, si cela una realtà ben più marcia: la criminalità organizzata dell’intera Europa occidentale si è radicata e prolifera. Da qui l’inevitabile scia di violenza, che ha spinto le autorità a contrastare la criminalità con nuovi e più efficaci strumenti: come il cosiddetto Plan Marbella, finalizzato proprio a finanziare il contrasto del crimine transnazionale, e a con la presenza fissa di corpi di polizia specializzati quali le Unidad de Intervención Policial (Uip) e le Unidades de Policía Regional (Upr).
Il lavoro per queste unità non manca: l’ultimo fatto di sangue è avvenuto solo lo scorso 31 maggio, quando un uomo a volto coperto ha freddato due noti esponenti della criminalità scozzese all’interno del Monaghans Bar di Fuengirola (Malaga). Si trattava di Ross Monaghan, 43 anni, ed Eddie Lyons Jr., 46 anni, figure di spicco del clan Lyons. I due erano implicati nella lunga e sanguinosa faida con il gruppo rivale dei Daniel (conflitto che si trascina da oltre vent’anni), che ha visto una serie di attacchi armati, sparatorie e incendi dolosi direttamente connessi ad altrettanti episodi-fotocopia segnalati nelle città di Glasgow ed Edimburgo.
«Il livello della criminalità organizzata è aumentato in modo allarmante», ha certificato il procuratore antidroga di Malaga, Fernando Bentabol, in un’intervista alla radio Cadena SER. «Non ricordo una situazione così esplosiva in termini di violenza e potenziale distruttivo», ha commentato in relazione ai numeri. La sparatoria di Fuengirola, dunque, è solo la spia di un problema diffuso eppure sommerso. Se, infatti, a Marbella, cuore della Costa del Sol, i dati mostrano un calo dei reati comuni, si segnala un’impennata vertiginosa dei crimini digitali (+95 per cento in un anno) e dei fatti di sangue legati alla criminalità organizzata. Per questo motivo, lo stesso sindaco Ángeles Muñoz ha chiesto un incremento delle risorse statali, sottolineando come la pressione criminale superi le capacità di risposta delle forze dell’ordine locali.
Nel 2024, soltanto la provincia di Malaga ha registrato ben 20 omicidi legati alla criminalità: un aumento del 46,7 per cento rispetto all’anno precedente. Potevano essere molti di più: le gambizzazioni e i tentati assassini sono saliti infatti a 64, con un incremento del 14,5 per cento. Per frenare questa deriva, è intervenuto direttamente il governo spagnolo, annunciando l’imminente potenziamento dei sistemi di sorveglianza e intelligence, e richiedendo una maggiore cooperazione internazionale, in particolare con Europol e le agenzie antidroga dei Paesi Bassi, Regno Unito e Francia. Perché, come detto, non è nella micro criminalità il problema andaluso. «La Costa del Sol è diventata il terreno di gioco delle nuove mafie europee», ha sentenziato in merito El País, denunciando l’uso crescente di fucili d’assalto, droni e perfino lanciarazzi, in alcuni episodi documentati.
Ma chi è a capo di tutto? Secondo gli inquirenti, la Costa del Sol è da anni il retrobottega criminale della ’ndrangheta calabrese. Dietro le vetrine scintillanti di Marbella, Fuengirola e Malaga, si nasconde un universo sommerso fatto di cocaina a tonnellate e relazioni pericolose, ma soprattutto di investimenti opachi. Diverse indagini europee hanno rivelato come la ’ndrangheta trovi nella regione costiera della Spagna un contesto perfetto per convertire il denaro sporco in capitale legale. Il settore immobiliare, del resto, è da sempre il veicolo prediletto del riciclaggio: ville di lusso, appartamenti turistici e ristoranti vengono così rilevati con fondi provenienti dal narcotraffico, ripuliti attraverso società di comodo, prestanome locali e conti bancari offshore. Un meccanismo reso ancora più efficace grazie alla scarsa tracciabilità delle transazioni immobiliari e da una burocrazia facilmente aggirabile.
Ma la Costa del Sol non è un buon investimento solo per i boss calabresi: è anche uno snodo per l’importazione della cocaina. I porti spagnoli – da Algeciras a Malaga – sono punti d’ingresso per i carichi provenienti dalla polvere bianca del Sudamerica. La ’ndrangheta, grazie alla sua rete internazionale, gestisce direttamente o in compartecipazione con altri gruppi – albanesi e kosovari su tutti – l’approvvigionamento di droga con destinazione l’Europa. Un fenomeno stanziale: non a caso negli ultimi anni numerosi ’ndranghetisti di spicco sono stati arrestati proprio in Andalusia. Come Mario Palamara, superlatitante di Africo (Rc) nonché tra i maggiori broker di cocaina in Europa. O come Cosimo Piscioneri, figlio del boss Rocco, che ha seguìto le orme del padre arrestato nel 2014 a Torremolinos, vicino Malaga. L’elenco è lungo, e destinato ad aggiornamenti.