Costi e difficoltà economiche degli italiani pesano anche sulla sanità privata: ricavi in crescita ma profitti modesti
- Postato il 8 luglio 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Crescono incassi e profitti dei grandi gruppi della sanità privata italiana. Nel 2023 i ricavi sono saliti del 5,7% raggiungendo i 12 miliardi di euro, il 2024 dovrebbe fare registrare un ulteriore incremento del 4,8%. Nel confronto con il 2019 (anno precedente al terremoto Covid), il rialzo è del 15,5%. I dati sono contenuti nel rapporto del centro studi di Mediobanca che si concentra sui 34 gruppi italiani del settore con fatturato superiore ai 100 milioni di euro l’anno.
L’aspetto più interessante per il settore è la ripresa della reddittività (in sostanza quanto rendono i soldi investiti nel comparto, ndr) che nel 2022 aveva invece registrato una flessione. In particolare il margine operativo netto, ovvero i profitti registrati prima del pagamento di interessi sui debiti (mediamente bassi nel settore) e le tasse, si attesta al 3,7% dei ricavi, in salita rispetto al 2% del 2022. I profitti sono però, nel loro insieme, modesti: poco meno di 40 milioni di euro, seppur in miglioramento rispetto alla perdita con cui si è archiviato il 2022.
I ricavi seguono una tendenza al rialzo soprattutto nel comparto della diagnostica (+ 19,4% rispetto al 2019), nonostante le due successive contrazioni legate al calo di tamponi e test sierologici, quasi azzerati nel 2023. Seguono i gestori di Rsa e gli operatori ospedalieri (entrambi al +15,1% sul 2019). I primi 5 gruppi per fatturato sono la holding Papiniano (gruppo San Donato e ospedale San Raffaele) con 1,8 miliardi, davanti ad Humanitas (1,19 miliardi), Policlinico A. Gemelli (917 milioni), Gruppo Villa Maria (897 milioni) e Kos (752 milioni).
Costi sotto pressione – Può stupire, ad una prima lettura, l’esiguità dei profitti, se si considerano le continue migrazioni verso il privato a cui sono costretti i cittadini italiani a causa delle interminabili liste d’attesa per esami, visite ed interventi che caratterizzano le strutture pubbliche. Tuttavia il settore non ha ancora smaltito del tutto le ricadute del periodo Covid, nel 2019 la redditività era al 5,4%. Lo studio evidenza come “permangono diverse criticità macroeconomiche e di settore”. I costi sono ancora sotto pressione, non avendo del tutto riassorbito le forti spinte inflattive seguite alla pandemia.
Le lunghe liste d’attesa scoraggiano i pazienti. L’80% degli italiani ha rinunciato almeno una volta ad una prestazione del SSN. Ma se di questi l’84% si rivolge poi ai privati (la spesa direttamente a carico della famiglie sfiora ormai i 60 miliardi) a beneficio delle strutture esaminate, il 13% sceglie invece di non curarsi, quota che sale al 19% tra chi è in difficoltà economica.
Nei gruppi analizzati dal rapporto lavorano 92mila persone ma gli organici sono ancora sottodimensionati per le necessità e risentono dei numerosi bandi di assunzione indetti dalle Asl durante il Covid. Sul costo del lavoro si risparmia già molto. I livelli salariali del personale assunto sono poco attrattivi ed incentivano una fuga all’estero sia di medici, sia di infermieri. Il compenso di un medico è del 40% più basso rispetto a quello di un collega olandese o tedesco, un infermiere guadagna meno della metà di un collega del Belgio.
In fondo alla graduatoria – Il report traccia anche un bilancio, piuttosto sconfortante, dei finanziamenti pubblici destinati alla sanità. La spesa italiana si fermava nel 2023 al 6,2% del Pil (6,3% nel 2024), dietro alla Spagna (7,2%), al Regno Unito (8,9%) e a Francia e Germania (entrambe 10,1% del Pil). L’Italia è in fondo alle classifiche anche per quanto concerne la somma di spesa pubblica e privata che tocca l’8,4% del Pil , a fronte dell’11,8% della Germania e dell’11,6% della Francia. Ma la componente di spesa direttamente a carico dei cittadini italiani sale ad un ritmo superiore rispetto a quella di pertinenza statale. Per colmare il gap Italia ed italiani dovrebbero spendere circa 70 miliardi in più all’anno (più o meno la cifra che si pianifica di spendere per il riarmo, ndr). Come noto, l’Italia è uno dei paesi più vecchi del mondo, il 24% della popolazione è over 65, quando la media Ocse è del 18,3%. Eppure i posti letto in rapporto agli ultra sessantacinquenni sono 21 su 1000, meno della metà della media Ocse.
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