Criminalità giovanile, numeri e volti di un fenomeno fuori controllo

  • Postato il 10 maggio 2025
  • Di Panorama
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Provano a fermarli mettendoci delle risorse, ma è come svuotare l’oceano con un cucchiaio. Sono i ragazzi con la pistola, con il «serramanico» che insanguinano le pagine di cronache: la recente strage di Monreale, autore un ragazzo di 19 anni, tre i morti ammazzati; la guerriglia urbana al Don Bosco, cintura romana, con una banda di nordafricani che distrugge tutto e fa otto i feriti; lo scontro tra maranza, coltellate tra immigrati, nel quartiere milanese di City Life; poi a Bologna assalto alla stazione, così come a Rovigo.
Eppure il decreto Caivano bis è un segnale: 180 milioni per riqualificare in tre anni le periferie di sette città. Un particolare: le cifre arrivano dai fondi di coesione, quelli che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen vorrebbe dirottare per finanziare il riarmo dei 27 membri Ue. A veder bene anche quella contro le bande giovanili è una guerra.
Però, a leggere i numeri, è un conflitto perso. E non perché non ci sia attenzione, anzi: il governo ha messo in conto 1,5 milioni di euro per rifinanziare gli oratori e ci sono almeno quattro bonus per le famiglie più svantaggiate (solo per l’assegno unico e universale, dati 2024 di Itinerari previdenziali, si sono erogati 19,8 miliardi a sei milioni di famiglie per un totale di 9,8 milioni di figli). Il problema è che il fenomeno si espande a macchia d’olio. Primo veicolo di propagazione, i social.

La crescita impetuosa c’è stata nel post-lockdown: un malinteso senso di socializzazione aggressiva, l’amplificazione di gesti emulativi violenti, il rivendicazionismo emergente nelle seconde-terze generazioni di ragazzi italiani figli di immigrati, l’incitamento mediatico che i trapper con le loro canzoni hanno fatto sono una miscela esplosiva e il brodo di coltura di due nuovi fenomeni: i maranza che sono una riedizione in chiave «etnica» dei maleducati che si opponevano ai paninari degli Ottanta, così come le bande under 20. Hanno un denominatore comune: sono ragazzi a mano armata.
Per capire quale sia l’innesco di questa violenza di periferia che tiene in ostaggio intere comunità, conviene prestare orecchio a testi come questo: «Hai problemi, o mi becchi o ti becco / Porta i coltelli e pure il ferro / Pagheremo tutto quanto all’inferno». O ancora: «A noi ci tocca combattere, / Tengo la mente loca, / mala Vida loca, nana / Penso che a noi ci tocca combattere».
Li compone e li canta Zaccaria Mouhib, 23enne italo-marocchino di Lecco. Il nome d’arte e Baby Gang: ha una condanna definitiva a due anni e nove mesi per una sparatoria in via de Tocqueville a Milano, in zona corso Como.

Baby Gang, con centinaia di migliaia di follower, è in cima alle classifiche come Simba La Rue – al secolo Mohamed Lamine Saida, 22enne italo-tunisino – suo amico condannato in via definitiva a tre anni e nove mesi per la cosiddetta faida dei trapper – evoluzione violenta dei rapper – arrestato tre settimane fa a Barcellona e in attesa d’estradizione. Le loro «rime rabbiose» sono la colonna sonora della violenza vietata ai maggiori. Spiega il neuropsichiatra infantile Maurizio Pincherle dell’Università Politecnica delle Marche: «Ormai il confine tra autolesionismo e offesa all’altro è superato: questi ragazzi hanno tratti anaffettivi, come sono vittime allo stesso modo diventano carnefici. Ci sarebbe da indagare se, essendo nativi digitali, l’abuso dei supporti elettronici non ne abbia modificato le strutture cerebrali. Di certo l’ossessiva ripetizione di scene di violenza sui social e la molto affievolita capacità relazionale sono fattori scatenanti della violenza».
In ogni caso le statistiche sono impietose. Il rapporto Espad® Italia 2023 dell’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-Ifc) espone questi angoscianti: circa il 40 per cento degli studenti delle scuole superiori, tra i 15 e i 19 anni, ha partecipato a zuffe o risse nel 2023 (ultimi dati disponibili), pari a circa 990 mila ragazzi. L’aumento rispetto all’ultimo monitoraggio (2019 dunque in epoca pre-lockdown) è del 7 per cento. Sono più i maschi (46 per cento) rispetto alle ragazze (34 per cento) a compiere azioni violente. Ma anche tra le femmine il fenomeno è in significativo incremento.

Lo studio più completo su questo fenomeno – risale al 2022 – è quello del gruppo di ricerca Transcrime (Centro di ricerca inter-universitario dell’Università Cattolica di Milano, Alma Mater Studiorum Università di Bologna e dell’Università di Perugia, diretto dal professor Ernesto Ugo Savona con Marco Dugato ed Edoardo Villa), che su incarico della direzione centrale della Polizia di Stato ha studiato a fondo il fenomeno. Si conferma che le gang giovanili sono diffuse in tutt’Italia e risultano in crescita. I gruppi attivi tre anni fa erano 1.909, ma secondo le ultime proiezioni, oggi sarebbero 2.500. I reati che compiono sono in maggioranza risse e devastazioni (il 73 per cento) seguono atti di bullismo, episodi vandalici, furti e rapine, spaccio di droga, La frequenza di questi crimini è di circa il 50 per cento. Al primo posto ci sono le bande spontanee che si creano nelle periferie, quelle collegate alla malavita come a Milano gli affiliati alla ’ndrina Di Giovine-Serranio, a Vibo Valentia la nuova Banda della Magliana, a Napoli il clan Sibillo e il clan Buonerba, a Crotone i Cirò, in Sicilia i baby-corleonesi.

In Sicilia c’è un altro fenomeno preoccupante: bande composte da sole ragazze. Il terzo gruppo molto offensivo è collegato alla criminalità straniera. A Milano si trovano Ms-13, Barrio Banlieue, Ko gang, San Siro e Z4, oltre al gruppo di via Padova che è interamente composto da nord africani. Tra i «latinos» i Barrio sono i più pericolosi, i Ko gang hanno a che fare con la mafia cinese. A La Spezia «La banda di piazza Verdi» è considerata il centro di reclutamento dei ragazzi clandestini senza genitori. A Sassari e nella zona di Castel Volturno in Campania operano i gruppi legati alla mafia nigeriana: ci sono gli emuli dei culti dei Black Axe, dei Maphite, dei Vikings. A Genova hanno spadroneggiato gli Albanesi Infernali.
Il capo della Polizia Vittorio Pisani ha una particolare attenzione per questi fenomeni non soltanto per l’allarme sociale che generano; ma perché le giovani gang che sovente nascono con motivazioni ribelliste sono l’incubatore di una malavita organizzata ben più devastante.

È successo e purtroppo succede che questa delinquenza si saldi attorno ai Cpr. i Centri di permanenze per i rimpatri – o nelle comunità che ospitano clandestini. Un esempio poco virtuoso è quella di Vicofaro, nel Pistoiese, gestita da don Massimo Biancalani, dove si susseguono accoltellamenti e non più tardi di tre settimane fa sono stati arrestati due giovanissimi migranti per stupro e rapina.

Chi dice che un rimedio esiste – individuandolo nella presenza dello Stato – è don Maurizio Patricello, che ha collaborato con l’esecutivo per restituire a Caivano il Parco Verde, il quartiere diventato teatro degli stupri di massa, nel 2023, per cui sono stati duramente condannati sette minorenni. Il sacerdote ha avuto toni durissimi contro lo scrittore Roberto Saviano e contro la trasmissione Report di Rai3, che hanno messo in discussione il modello Caivano: «Qui l’azione promossa da Giorgia Meloni ha funzionato, i tanti come Saviano che parlano e parlano non si sono mai visti». E sulla creazione di alternative e sul recupero sociale nel quartiere si cerca di andare avanti.
Per contenere queste forme di devianza giovanile, Pisani ha in mente un piano che unisce repressione, vigilanza, ma anche prevenzione. Perché il fenomeno – come risulta dai dati statistici della Polizia – nel 2023 è stato in leggera flessione: le segnalazioni criminali sono state 31.173 (meno 4,5 per cento) con il 60 per cento a carico di ragazzi extracomunitari. Ciò che preoccupa è però il numero di detenzioni nelle carceri minorili: siamo a quota 500 giovanissimi. Purtroppo in grave aumento sono le violenze sessuali: più 8,25 per cento in un anno. Sono commesse in maggioranza da extracomunitari (177 contro 138 da italiani), così come appaiono in forte incremento le rapine (3.419). Riguardo alle maggiori città, in sei delle 14 aree metropolitane (Bari, Bologna, Messina, Palermo, Torino e Reggio Calabria) i reati sono stabili; nelle altre si registrano significativi aumenti con Bologna, Firenze, Genova, Milano e Torino che mostrano un’impennata di crimini commessi da extracomunitari.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi al riguardo è stato chiaro, servono due azioni: contrasto alla devianza e lotta all’evasione scolastica. In cima all’agenda c’è appunto l’emergenza baby gang con una vigilanza nel territorio – appena un mese fa un’operazione di Polizia ha coinvolto 14 province con decine di arresti, soprattutto per spaccio – e due linee di azione che il titolare del dicastero ha tracciato: «Serve uno Stato presente, che non arretri davanti al degrado urbano e culturale. Serve una tolleranza zero che non sia solo slogan, ma strategia concreta, coerente e duratura». Forse serve anche comprendere che molta di questa criminalità giovanile è fatta da ragazzi tra 20 e 25 anni che spesso sono nati qui, parlano italiano, ma vivono questo Paese come nemico.
E Baby Gang canta: «Da Catania fino al duomo di Milano / Mio fratello è marocchino ma italiano / Quello che vogliamo, noi ce lo prendiamo».

Autore
Panorama

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