Cultura a pezzi: si dimette anche Borrelli. In tre giorni saltano i vertici di Cinecittà e del Ministero
- Postato il 3 luglio 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Si dimette anche Nicola Borrelli, il gran cerimoniere dell’audiovisivo italiano. Lo conferma nella tarda notte tra il 2 e il 3 luglio con una nota del Ministero nella quale Alessandro Giuli lo ringrazia del lavoro e gli conferma la propria “stima per il lavoro svolto fin qui”. La notizia era stata anticipata da un articolo di Franco Bechis su Openoline che indicava come possibile la sostituzione da parte di Giuli. La conferma è arrivata dal Ministero dopo mezzanotte.
Le ragioni non sono note ma a far traboccare il vaso sarebbe stata la sua difesa nell’affaire Kaufmann: “I documenti erano in regola”, aveva detto Borrelli. Non è bastato. In Procura ci sono 10 fascicoli per 200 milioni di euro finiti a pellicole sospette. È il secondo caso di dimissioni eccellenti nel giro di tre giorni, sempre col favore delle tenebre.
Domenica sera era toccato a Chiara Sbarigia, dopo lo scoop del Fatto sullo “scherpa” Longo che offriva soldi ai giornalisti in cambio di un “occhio di riguardo” per lei e per la sottosegretaria Lucia Borgonzoni. In cinque mesi, da gennaio a maggio, Fabio Longo è costato a Cinecittà quasi 50mila euro. Giuli giurò che era “tutto alla luce del sole”, lei si dimise alle 22.20.
Borrelli era approdato al ministero nel 2005 e dal 2009 era alla Direzione Cinema e Audiovisivo dove è rimasto con tutti i governi fino a oggi. Per rinnovarlo, vista la questione della rotazione dei dirigenti pubblici, si era dovuta scomodare la Funzione pubblica fornendo un parere al ministero.
Nella vicenda dello scandalo tax credit Borrelli aveva retto l’urto iniziale ma lui, insieme alla sottosegretaria Lucia Borgonzoni, è tra le figure più longeve al ministero nell’ambito cinema ed entrambi oggi hanno non poche difficoltà a uscire del tutto indenni dalle polemiche sulla vigilanza, visto che negli anni delle erogazioni facili a “pellicole fantasma” erano entrambi lì.
E che cosa hanno fatto per evitarlo? E perché la tanto sbandierata “stretta” è arrivata, proprio con decreto direttoriale di Borrelli, solo il 26 giugno scorso, quando ormai i buoi erano già scappati dalla stalla? Domanda inevitabile: se Borrelli poteva farlo, perché non l’ha fatto prima? E chi meglio di lui, che è lì da 16 anni?
Borrelli, uomo preparato, certo. Ma negli anni ha allungato i tentacoli ben oltre il ministero. A partire dalla famiglia. Lavora da anni fianco a fianco con la cognata, senza che nessuno si scandalizzi. Francesca Giamattei, sorella della moglie di Borrelli, in Cinecittà dal 2016, responsabile dell’ufficio opere e fondi cinema. Gestisce i contributi selettivi, guida un team di 13 persone e coordina i progetti di internazionalizzazione. Per semplificare: lei chiede i fondi. Il cognato firma. Di sicuro le novità che terremotano le istituzioni culturali della destra avranno conseguenze e contraccolpi.
In pole per sostituire Sbarigia c’è Isabella Ciolfi. Consigliera d’amministrazione, molto vicina all’ad Manuela Cacciamani e alla sottosegretaria Lucia Borgonzoni. Una garanzia di continuità più che simbolica: Ciolfi era anche responsabile della trasparenza e dell’anticorruzione. Ma non ha mai visto nulla. Né il conflitto d’interessi di Sbarigia, presidente sia di Cinecittà che dei produttori Apa. Né il ruolo opaco dello “sherpa” Longo. Né l’uso disinvolto delle risorse pubbliche, gestite come un bancomat per amici e fedelissimi.
Basta leggere l’elenco dei contratti 2023-2024. Il più ricco? Quello da 80mila euro l’anno affidato a Benedetta Fiorini, ex pr di Unicredit, amica storica della Borgonzoni, ma soprattutto ex deputata leghista. Nel 2022 si candida in Emilia nel listino di Lucia. Non viene eletta. Due mesi dopo è già consulente per il Pnrr a Cinecittà. La più pagata.
Se davvero Giuli vuole fare il ministro e non la “comparsa” tra i due sottosegretari come Mazzi e Borgonzoni che sono ben più pesanti di lui nella macchina politica, gli tocca rimboccarsi le maniche. Del resto lo dimostra il Festival delle Serie TV nel feudo politico di Lucia Borgonzoni fatto a Rimini e Riccione e la Festa della Musica con la RAI che trasmette il Nabucco dall’Arena di Verona, feudo di Gianmarco Mazzi. “Archiviata” la stagione dell’amichettismo di sinistra, adesso forse dovrà guardarsi bene da quello di destra, che è in pieno svolgimento e in tutti i settori della cultura. E di lavoro, ad occhio, ce n’è parecchio. Per ora va così. Di giorno si lavora. Di notte ci si dimette.
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