“Da bambino sognavo un mondo senza ingiustizie e senza guerre. La democrazia ci dà gli strumenti per farci sentire”: intervista ad Adelmo Cervi

  • Postato il 25 aprile 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Trovare a casa Adelmo Cervi non è facile. Al telefono risponde sempre a tutti ma rubargli il tempo per un’intervista è arduo. Non perché faccia il prezioso ma perché trascorre, a 82 anni, la sua vita tra una regione e l’altra, tra un’associazione e una scuola a raccontare della storia di suo padre Aldo e dei suoi sei zii fucilati dai fascisti al poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943. Adelmo aveva appena compiuto quattro mesi ma grazie a quanto gli hanno narrato la madre Verina Castagnetti e il nonno Alcide non ha mai smesso di portare sulle proprie spalle la responsabilità di quella storia. Se oggi si parla ancora di quei sette uomini è grazie al museo Casa Cervi che ogni anno ospita migliaia di giovani ma anche ad Adelmo che continua a dare voce al papà e agli zii. Questi ottant’anni, dice a ilfattoquotidiano.it non sono stati facili: “Una storia come quella che ho alle spalle ti entra sotto pelle, non ti lascia in pace e ti permette di comprendere cos’è l’ingiustizia. Mio padre e i suoi fratelli sono stati vittime di criminali fascisti, non nazisti. Lo ricordo sempre”. Cervi si dice “arrabbiato, indignato” per il fatto che attualmente il governo sia di destra “ma non c’è paragone con quanto accaduto con il nazi-fascismo. Non temo di dirlo nemmeno ai compagni: Giorgia Meloni non può essere definita fascista. Questa gente amministra con il capitalismo. E’ ben diverso. Lo avevano già compreso mio nonno e mio padre”.

Adelmo Cervi, come mettere insieme il 25 aprile con la politica di oggi?
A ottant’anni dalla Liberazione dobbiamo far riflettere le persone sul diritto di voto conquistato da chi come i Cervi hanno perso la vita; dobbiamo batterci per la giustizia; per far applicare la Costituzione. E poi, non possiamo dividerci sul riarmo che porta solo guerra non pace.

Dopo più di ottant’anni nessuno ha dimenticato i fratelli Cervi. Com’è stato possibile conservare quel ricordo?
La testimonianza è stata essenziale. A Casa Cervi ogni 25 Aprile arrivano migliaia di compagni e ciascuno di loro è legato alla storia della mia famiglia. Va detto, tuttavia, che la strada da fare è ancora tanta. Se la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa ha in casa il “testone” del Duce c’è da preoccuparsi. Non dimentichiamoci mai di esserci, di partecipare, di scendere in piazza quando è necessario. Ci aspettano momenti decisivi.

Qual è il ricordo che ha di suo padre?
Avevo solo quattro mesi quando lo ammazzarono. La mia memoria è legata a quanto mi hanno detto di lui mia madre e mio nonno che è stato l’unico a sopravvivere. Ho ancora in mente il sacrificio che dovettero affrontare le vedove rimaste a casa Cervi. Ho dovuto lasciare la scuola a undici anni per poter andare ad aiutare la famiglia nei terreni.

Che sogni aveva quand’era bambino?
Sognavo di veder realizzato quel mondo per il quale mio padre aveva dato la vita: un “luogo” dove non ci fossero più miliardari e poveri; un pianeta non dominato dai burocrati; dove non ci fossero più guerre e la gente non fosse sfruttata. Ho continuato a lottare e lo farò ancora finché potrò. Non sopporto chi si rassegna, chi dice in maniera petulante che non c’è più nulla da fare. Non è così. La democrazia ci offre gli strumenti per poter farci sentire.

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