Dal no al rigassificatore ai protocolli sugli appalti: tutte le condizioni capestro imposte dal M5s al Pd alle regionali

  • Postato il 2 settembre 2025
  • Di Il Foglio
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Dal no al rigassificatore ai protocolli sugli appalti: tutte le condizioni capestro imposte dal M5s al Pd alle regionali

Hanno ottenuto loro candidati alle regionali. E dove non li hanno ottenuti hanno posto tutta una serie di condizioni perché il candidato presidente si uniformi ai valori del M5s. Così, dalla Toscana alle Marche passando per la Puglia (dove però i contorni per adesso sono molto più fumosi e incerti) e la Calabria, il Movimento guidato da Giuseppe Conte ha sì fatto un passo di lato per concedere la ribalta a esponenti di altri partiti del campo largo (il Pd). Ma sempre con la pretesa di condizionarne il lavoro, sin dalla fase della campagna elettorale.

 

Lo scorso mese fu lo stesso presidente del M5s a concedere una specie di "grazia" a Matteo Ricci, candidato presidente nelle Marche coinvolto in un'inchiesta giudiziaria. E' vero che alla fine i Cinque stelle sono passati oltre l'indagine che vede l'ex sindaco di Pesaro indagato per la gestione di alcuni appalti comunali con l'ìpotesi di reato di abuso d'ufficio. Ma sono arrivati al nulla osta solo dopo aver studiato a fondo le carte (lo ha fatto personalmente l'ex presidente del Consiglio). E soprattutto, solo dopo aver ottenuto da Ricci tutta una serie di rassicurazioni, a partire proprio dal tema della gestione degli appalti (che forse da queste parti vale sempre la massima popolare "fidarsi è bene e non fidarsi è meglio"). "Chiederemo a Ricci, anche negli affidamenti diretti, una pubblicazione preventiva” degli appalti “sul sito della regione, per garantire la massima trasparenza e un codice etico che possa prevenire conflitti di interessi", spiegò allora Conte. Ottenendo sponde dall'europarlamentare dem: "Concordo con lui nel rafforzare in regione i presidi di legalità, di trasparenza e di controllo su affidamenti diretti, nomine e consulenze". Ma nelle Marche il condizionamento dei Cinque stelle non ha prodotto risultati solo dal punto di vista procedurale, bensì anche nei contenuti del programma elettorale da sottoporre agli elettori. Tanto che, ancor prima dì presentare ufficialmente la sua candidatura, era stato lo stesso Ricci a voler rassicuare i pentastellati: "Non faremo alcun nuovo inceneritore". E poco gli è importato che in realtà un altro sindaco del Pd come quello di Roma, Roberto Gualtieri, quell'infrastruttura la consideri essenziale per smaltire il ciclo dei rifiuti della capitale. Rassicurazioni reiterate nel corso delle ultime settimane, insieme a una serie di impegni generici su "più energia rinnovabile e sanità pubblica".

 

Anche in Toscana, dopo un lungo travaglio, i Cinque stelle hanno concesso il loro beneplacito alla ricandidatura di Eugenio Giani. E già dalle parole di un mesetto fa di Conte si capiva quali potessero essere le pretese da avanzare: "Un sostegno a Giani sarebbe un sacrificio notevole". Per questo a fine agosto il presidente uscente e i Cinque stelle locali hanno sottoscritto un accordo di programma con 23 punti che ricalcano alcune delle battaglie storiche del M5s. Per esempio, si dice definitivamente no a una nave rigassificatrice ormeggiata nel porto di Piombino e ci si impegna a "pervenire a una intesa, chiara e organica, sui nuovi impianti". A Giani i Cinque stelle chiedono poi di adottare una specie di reddito di cittadinanza regionale, con "l’adozione di interventi integrativi rispetto al sistema nazionale Adi (Assegno di inclusione), che si è rivelato insufficiente a sopperire alla crisi sociale in corso”. In più “la regione si farà promotrice di studi, ricerche e interventi per favorire, per il suo personale diretto e per i soggetti privati, la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario e la riduzione della settimana lavorativa", recita ancora il documento sottoscritto dal M5s per entrare a far parte del campo largo in Toscana. Ma i Cinque stelle sfoderano anche un altro dei loro cavalli di battaglia: lo stop a qualsiasi procedura autorizzativa della base Nato a Rovezzano, alle porte di Firenze. Ragion per cui Calenda, leggendo la serie di richieste, ha già fatto sapere che non farà parte della coalizione, "perché non ci facciamo dettare il programma da Paola Taverna".

 

Persino in Calabria, dove hanno portato a casa la candidatura del loro Pasquale Tridico, stanno riuscendo a far ingoiare un boccone indigesto almeno a parte degli alleati: l'inserimento nelle liste della professoressa Donatella Di Cesare, con posizioni che almeno un qualche imbarazzo l'hanno provocato nelle componenti più riformiste della sinistra (Ernesto Maria Ruffini, partito con i suoi comitati civici, ha definito la candidatura "inaccettabile"). E una serie di condizioni i Cinque stelle promettono di porle anche in Puglia, dove la candidatura di Antonio Decaro non si è ancora ufficialmente sbloccata. Come? Stilando un ulteriore protocollo sulla legalità. Che almeno in parte possa servire al M5s a ricordare agli alleati che quando è scoppiato lo scandalo che coinvolse gli ultimi mesi dell'amministrazione barese, i duri e puri fossero pur sempre loro. E non gli altri. 

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Autore
Il Foglio

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