D’Alema: “Se i cittadini non votano più, l’Occidente curi le proprie democrazie prima di fare la guerra agli autocrati”
- Postato il 22 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Con una battuta tagliente rivolta al giornalista del Corriere della Sera Federico Rampini, noto per le sue posizioni atlantiste, Massimo D’Alema ha aperto il suo intervento al XXIII Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, organizzato da Coldiretti a Roma. Tra gli ospiti, anche lo storico Luciano Canfora.
“Mi trovo più d’accordo col Rampini di una volta che col Rampini approdato a questa combattività occidentale”, ha esordito l’ex presidente del Consiglio, oggi alla guida della Fondazione Italianieuropei. Una frase di apertura che ha subito chiarito il tono del discorso: critico verso la rigidità ideologica dell’Occidente e preoccupato per un mondo che, a suo giudizio, sta cambiando più rapidamente di quanto le democrazie europee siano in grado di comprendere.
D’Alema, che il 3 settembre a Pechino ha partecipato come ospite invitato alla grande parata militare organizzata dal governo cinese per celebrare gli 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e dalla vittoria sull’occupazione giapponese, ha individuato nel fattore demografico uno dei cambiamenti più inesorabili del secolo: “Alla fine di questo secolo, tutto ciò che noi chiamiamo Occidente rappresenterà il 10% dell’umanità, a meno che Rampini e Trump non riescano a immettere anche un’ondata di fertilità in attesa. E questo 10% sarà anche piuttosto vecchiotto rispetto al restante 90%”.
Da qui una riflessione di più ampio respiro economico e geopolitico. “Oggi Cina e India rappresentano circa il 20% della ricchezza mondiale. Il Pil globale cresce del 3%, la Cina del 5,2%, l’India del 6,2%. Sono economie che avanzano a un ritmo ben superiore alla media. Goldman Sachs, fonte da guardare con sospetto, perché non trumpiana – ha ironizzato con una nuova frecciata a Rampini – ritiene che entro cinquant’anni la Cina sarà la prima economia del mondo e l’India la seconda. Poi vedremo”.
Dopo aver evocato la celebre massima di Keynes, “nel lungo periodo siamo tutti morti”, D’Alema ha aggiunto che gioco forza “con queste analisi dobbiamo misurarci già da oggi”.
L’ex premier ha poi criticato la tendenza dell’Occidente a riproporre una logica da Guerra fredda: “Quando si ripropone da parte occidentale l’idea di ricostruire un dualismo tra democrazie e autocrazie, noi rischiamo che da una parte ci siamo noi, e dall’altra parte il resto del mondo”.
Ha citato le parole del ministro degli Esteri indiano, S. Jaishankar, che a chi gli rimproverava i rapporti con Mosca e Pechino avrebbe risposto: “Siamo diversi, ma condividiamo con loro una certa diffidenza verso l’Occidente”.
E ha ricordato: “Intanto i paesi Brics stanno costruendo una loro banca di sviluppo, una sorta di nuova banca mondiale che prescinde dall’Occidente. E cominciano a ragionare su transazioni che non siano in dollari”. Una trasformazione che, secondo D’Alema, l’Europa sta subendo più che governando: “Le collaborazioni con Russia e Cina, bruscamente interrotte per ragioni geopolitiche, ci hanno lasciato in stagnazione. Non siamo diventati più ricchi. La Germania vive una crisi drammatica del proprio modello economico, e tenta di rilanciarsi con la spesa militare. Ma gran parte di quella spesa finisce per sostenere l’industria americana, che resta leader nelle tecnologie più avanzate.”
Per D’Alema, l’idea di un’Europa autosufficiente è una tentazione miope e pericolosa: “Pensare che ognuno debba diventare autosufficiente è un’idea rischiosa. Lo scambio garantisce la pace, ma è vitale anche per economie come le nostre, naturalmente proiettate verso l’export. Noi produciamo tre volte e mezzo il vino che consumiamo in Italia: se diventiamo autosufficienti, o chiudiamo o diventiamo tutti ubriachi. È una prospettiva senza senso”.
Un passaggio centrale del suo intervento ha riguardato il logoramento del consenso nelle democrazie occidentali: “Le democrazie dovrebbero raccogliere l’esortazione evangelica ‘Medice, cura te ipsum’. Se la democrazia non affascina più neanche i cittadini dei paesi democratici, che non vanno più a votare, è difficile pensare di educare quelli dei paesi lontani. Prima di fare la guerra agli autocrati, dobbiamo tornare ad avere democrazie attrattive. Il valore della libertà si comunica per contagio: se costruisci un muro, non passano più né le merci né i valori”.
In chiusura, D’Alema ha invitato a “guardare alla Cina con rispetto, non con sufficienza”. “I cinesi non sono così fessi come li raccontiamo – ha sottolineato – Hanno una cultura millenaria e un sistema meritocratico confuciano che, nella selezione della classe dirigente, si è dimostrato più solido di certe democrazie populiste occidentali. La Cina non è una variante asiatica dell’Unione Sovietica”.
E ha concluso: “L’Italia e l’Europa devono difendere i propri interessi e negoziare con fermezza, ma nello spirito di una collaborazione inevitabile con l’altra parte del mondo, perché l’Europa è forte solo in un mondo aperto, fatto di scambi, dialogo e intelligenza condivisa”.
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