Dalla casa di Arafat alla libreria con oltre 20mila volumi: la guerra a Gaza ha distrutto i luoghi simbolo palestinesi

  • Postato il 9 novembre 2025
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Il tracollo di una nazione passa anche dalla distruzione dei suoi simboli. Come la casa a Gaza di Yasser Arafat, storico leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, e oggi in rovina. Sotto la scritta “Fondazione Yasser Arafat” c’è un cumulo di vestiti. Tra le mura crollate e i tetti crepati vive oggi la famiglia del palestinese Ashraf Abu Salem, costretta, nei mesi della guerra, a fuggire dalla loro abitazione di Beit Lahia, nel nord della Striscia di Gaza presa di mira dai bombardamenti dall’aviazione israeliana.

La famiglia, racconta al Quds al Arabi, giornale arabo con sede a Londra vicino alla causa palestinese, prima di trasferirsi ha passato circa una settimana a rimuovere le macerie e riparare ciò che poteva essere recuperato. Questo luogo, racconta al quotidiano arabo Abu Salem, “è stato colpito dalla tragedia, dopo essere stato un simbolo di lotta nazionale e unità palestinese”. Il motivo, continua, è quello di voler “cancellare l’identità palestinese, poiché questa casa è per noi un simbolo dell’aspirazione all’indipendenza e alla libertà”.

La conta dei luoghi simbolo distrutti a Gaza è lunghissima. Sono posti un tempo frequentati dalla popolazione e che facevano di fatto parte della loro quotidianità. Fra questi, c’è il Centro Culturale Rashad El Shawa a Gaza City, che negli anni Novanta aveva ospitato colloqui di pace tra il leader dell’OLP Yasser Arafat e il presidente statunitense Bill Clinton. L’edificio, dedicato al sindaco El Shawa, in carica dal 1971 all’1981, è stato distrutto nel novembre del 2024 da un bombardamento aereo. Fra le sale bruciate dove i leader mondiali hanno discusso di pace, gli sfollati hanno oggi trovato rifugio.

Nello stesso mese, anche la libreria comunitaria di Samir Mansour, ricostruita con grande fatica dopo i bombardamenti israeliani del 2021, è stata gravemente danneggiata. Fra le librerie, a pagare il prezzo più alto è stata quella della Moschea Omari, bombardata a dicembre di un anno fa. Il luogo di culto, vecchio di secoli, in passato aveva contenuto una collezione di oltre 20 000 volumi. Dopo le crociate e la prima guerra mondiale, al suo interno erano rimasti solo 62 testi originali. A dicembre del 2024, nonostante il patrimonio culturale conservato in quelle pagine, il luogo è stato bombardato e i volumi sono diventati polvere e cenere.

Polvere come il mitico pavimento della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444, e decorato con mosaici colorati raffiguranti animali, scene di caccia e palme. Le sue pareti erano adornate con 16 testi religiosi scritti in antico greco. Il luogo di culto cristiano, che testimonia la presenza della comunità da oltre mille anni e della convivenza con l’Islam, è stata uno dei primi luoghi a venir colpiti nel 2023 dalla rappresaglia conseguente ai massacri del 7 ottobre. C’erano voluti tre anni di restauri, in collaborazione con l’organizzazione francese Première Urgence Internationale e il British Council, aveva spiegato il ministero palestinese del Turismo e delle Antichità il giorno dell’inaugurazione all’inizio del 2022.

A censire la distruzione di siti archeologici, comunitari e culturali a Gaza – luoghi simbolo e di memoria – ci ha pensato l’associazione Pen America, organizzazione no profit per la libertà di espressione. In un report, “All that is Lost”, hanno elencato circa 300 siti di importanza culturale a Gaza andati distrutti o gravemente danneggiati. Luoghi, scrivono nel documento, in cui era “espressa la memoria culturale palestinese”.

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