Dalla coesione alla capacità d’azione, il futuro dell’Unione europea secondo Pirozzi (Iai)

  • Postato il 11 ottobre 2025
  • Esteri
  • Di Formiche
  • 1 Visualizzazioni

“Se l’Europa vuole davvero contare nello scenario globale, il primo obiettivo deve essere la salvaguardia del progetto europeo stesso, che non può più essere dato per scontato: il mercato è sotto attacco, i sistemi democratici interni subiscono pressioni, e la sicurezza è costantemente minacciata”. Così Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma “Ue, politica e istituzioni” e responsabile delle relazioni istituzionali dello Iai, in una conversazione con Formiche.net, spiega le priorità dell’Unione europea.

Come si muove l’Europa di fronte alle continue micro-aggressioni russe?

Iniziamo col dire che rispetto al passato, in Europa oggi la consapevolezza delle minacce strategiche dall’esterno è maggiore. Se parliamo di Unione Europea osserviamo un compattamento delle politiche estere nazionali su alcune priorità specifiche e, senz’altro, le aggressioni della Russia di Putin sono in primo piano. Dall’invasione russa in Ucraina rileviamo come l’Unione Europea abbia reagito in maniera unitaria, dalle sanzioni all’accoglienza umanitaria dei rifugiati, fino al supporto militare al governo di Kyiv.

Una unità di intenti che si concretizza in che modo?

Di fronte alle recenti incursioni della Russia, l’Unione europea ha cercato di reagire in maniera unanime, come nell’ultimo vertice informale di Copenaghen, mettendo a sistema le capacità e le esperienze dei diversi Stati membri e muovendo verso la costruzione di un “muro di droni” a Est dell’Unione per rispondere agli attacchi russi.

Alcune iniziative politiche e operative sono inevitabilmente portate avanti da gruppi ristretti di Stati membri, non essendo possibile avanzare in maniera unanime con Paesi membri che continuano a intrattenere con Mosca rapporti di tipo economico e politico.

Così vanno interpretate iniziative come quella della coalizione dei volenterosi, che include anche la Gran Bretagna, ma vede in prima linea alcuni paesi chiave dell’Unione Europea.

Ora, il passo successivo consiste nell’arrivare ad una costruzione di tipo istituzionale di quello che è l’azione esterna europea, a partire da una politica estera comune e piena, che sia in grado non soltanto di convergere strategicamente su alcune priorità, ma anche poi mobilitare tutte le risorse politiche e operative necessarie per rispondere a queste minacce.

In questo scenario, quanto è vicina Bruxelles a una piena autonomia strategica europea?

Questo è stato a lungo il tallone d’Achille del progetto europeo. L’autonomia strategica come obiettivo enunciato più che una realtà acquisita. Lo vediamo sia sul piano della convergenza politica sia su quello delle capacità operative. Oggi il quadro si complica ulteriormente per via della postura assunta da Washington. Non parliamo solo dell’era Trump: si tratta di un processo di lungo periodo, che sposta il baricentro degli interessi americani verso l’Indo-Pacifico, ed ora sempre più verso l’ambito domestico, e segna un progressivo disimpegno dall’Europa. L’Unione Europea si trova quindi davanti a un cambiamento epocale, per il quale non è ancora attrezzata sufficientemente.

La guerra in Ucraina lo dimostra chiaramente. L’Ue non ha ancora sviluppato la capacità di agire in piena autonomia, se necessario, sul fronte della sicurezza e della difesa. Per questo oggi la strada sembra obbligata e richiede di dotarsi di strumenti autonomi, sia per rispondere alle sfide geopolitiche esterne sia per costruire capacità interne. In ambito militare, resta decisiva la questione delle capacità di deterrenza nei confronti della Russia e di altri competitor globali, per i quali servono investimenti e strumenti che oggi mancano, anche nel campo della sicurezza tecnologica e industriale. Sul piano commerciale, invece, le leve ci sarebbero già tutte e basterebbe la volontà politica di mobilitarle.

Deterrenza e strumenti per adattarsi alle minacce, ma anche per rispondere…

Le minacce che ci troviamo oggi ad affrontare hanno assunto una natura diversa rispetto al passato. Non parliamo soltanto dei rischi diretti sul piano della sicurezza e della difesa, con le pressioni che arrivano dalla Russia di Putin, ma anche di tensioni di tipo commerciale che provengono persino dal nostro alleato storico, gli Stati Uniti. È in questo scenario, profondamente mutato, che l’Unione Europea dovrebbe interrogarsi sulla connessione tra resilienza interna e capacità di azione esterna.

Se l’Europa vuole davvero contare nello scenario globale, il primo obiettivo deve essere la salvaguardia del progetto europeo stesso, che non può più essere dato per scontato: il mercato è sotto attacco, i sistemi democratici interni subiscono pressioni, e la sicurezza è costantemente minacciata. Per questo sarebbe necessario delineare una vera e propria “strategia della resistenza”, in grado di legare il rafforzamento interno alla proiezione esterna. Per farlo, serve un approccio che deve toccare più livelli: quello istituzionale, con il superamento dell’unanimità e l’introduzione del voto a maggioranza qualificata anche in politica estera; quello finanziario, con il negoziato sul prossimo quadro pluriennale di bilancio; e naturalmente quello della sicurezza, della coesione sociale e della tenuta democratica. Solo consolidando questi pilastri interni, l’Unione potrà ambire a un ruolo di attore rilevante sulla scena internazionale.

Autore
Formiche

Potrebbero anche piacerti