Dalla crisi dei consumi al bisogno di inclusività, cosa serve davvero al settore del vino per ripartire

  • Postato il 21 luglio 2025
  • Lifestyle
  • Di Forbes Italia
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Il vino mondiale sta affrontando la più grave crisi di identità degli ultimi cinquant’anni. L’ultimo rapporto “Stato del vino nel mondo” dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino dipinge un quadro desolante: nel 2024 il consumo è sceso a 214 milioni di ettolitri, il dato più basso dal 1961, mentre i vigneti colpiti dalle avversità climatiche hanno registrato una produzione di soli 225,8 milioni di ettolitri, in calo del 4,8% rispetto all’anno precedente.

La domanda di vino

La domanda instabile non è solo una conseguenza della pandemia. Reuters osserva che i volumi erano già scesi al minimo storico degli ultimi 27 anni nel 2023, quando i costi del vetro determinati dall’aumento dei prezzi dell’energia, i tassi di interesse più elevati e la contrazione generale del potere d’acquisto hanno reso i prezzi al dettaglio inaccessibili a molti consumatori.

A questo si aggiunge la geopolitica. La guerra in Ucraina ha chiuso mercati fiorenti dell’Europa orientale e, insieme alle sanzioni, ha portato la quota di vino UE nelle importazioni russe al livello più basso degli ultimi vent’anni, convincendo i distributori che solo un accordo di pace potrebbe ripristinare circa un quinto del business perso. Il conflitto ha avuto ripercussioni anche sulla logistica marittima. Gli attacchi missilistici degli Houthi nel Mar Rosso hanno costretto le navi portacontainer a doppiare Capo di Buona Speranza, allungando di due settimane il transito tra Europa e Asia e aumentando significativamente i costi e i rischi per il vino in bottiglia.

I cambiamenti climatici e le altre criticità

Parallelamente, i cambiamenti climatici stanno erodendo l’offerta e ridefinendo lo stile del vino. L’aumento delle temperature rende il vino sempre più alcolico e spesso dal profilo aromatico troppo maturo, definito “cotto”. Le tecniche di adattamento introdotte dai viticoltori, come vendemmie notturne o sistemi di nebulizzazione, aggiungono inevitabili costi aggiuntivi.

Tuttavia, uno dei problemi più profondi risiede nel linguaggio con cui l’industria vinicola comunica con il consumatore. Oggi, il linguaggio del vino appare spesso elitario, tecnico, eccessivamente complesso, creando distanza anziché avvicinare. Per conquistare nuovi consumatori, soprattutto la Generazione Z e i millennial, è essenziale adottare un linguaggio inclusivo, chiaro, diretto e accessibile, che renda il vino meno intimidatorio e più facilmente fruibile. Non è più sufficiente parlare solo di terroir e tradizioni; bisogna comunicare valori come sostenibilità, salute e trasparenza, temi che risuonano con il pubblico moderno.

Il vino deve abbandonare definitivamente l’immagine rurale del semplice contadino romantico e abbracciare quella dell’imprenditore agricolo moderno, capace di gestione aziendale avanzata e strategia di mercato. In quest’ottica, il marketing diventa cruciale. Come ogni altro settore imprenditoriale, anche il vino deve investire risorse significative in branding, storytelling digitale, strategie social e contenuti visivi accattivanti, capaci di catturare e mantenere l’interesse dei consumatori più giovani e digitalizzati.

L’innovazione

L’industria vinicola deve inoltre abbracciare con convinzione l’innovazione, esplorando prodotti come il vino dealcolato di alta qualità, che non diluiscono il marchio ma lo espandono verso nuovi segmenti di mercato. Questi vini rappresentano oggi una frontiera di grande interesse, rispondendo direttamente alle esigenze di consumatori che ricercano bevande salutari, leggere e dal ridotto contenuto calorico, senza rinunciare al piacere sensoriale e al rituale sociale associato al vino.

Per ottenere vini dealcolati di qualità, è necessario investire in tecnologie avanzate come la distillazione sottovuoto e l’osmosi inversa, che permettono di preservare aromi e struttura. Oltre alla tecnica, è importante che l’industria comunichi chiaramente la qualità e la serietà di questi prodotti, superando resistenze culturali e pregiudizi legati al concetto tradizionale di vino.

Un altro aspetto cruciale per il futuro del vino è la digitalizzazione. Paul Mabray, pioniere e massimo esperto di wine digital, ha sviluppato piattaforme innovative che consentono una migliore interazione tra produttori e consumatori attraverso strumenti digitali avanzati. Queste soluzioni tecnologiche spaziano dall’e-commerce diretto al consumatore all’analisi avanzata dei dati per comprendere meglio le preferenze e i comportamenti degli utenti, favorendo campagne marketing mirate e personalizzate. Mabray sostiene che l’integrazione digitale non è solo una strategia utile, ma un requisito fondamentale per rimanere competitivi in un mercato sempre più interconnesso e digitale.

Indicazioni chiare sulle calorie e sull’impronta di carbonio, bottiglie di vetro leggero e presenza massiccia sui canali digitali sono passi necessari per riconnettersi con i consumatori contemporanei. Se l’industria saprà imparare e padroneggiare questo nuovo linguaggio inclusivo e moderno, presentando se stessa come una realtà imprenditoriale avanzata e attenta al futuro, il bicchiere potrebbe finalmente tornare a essere visto mezzo pieno.

L’articolo Dalla crisi dei consumi al bisogno di inclusività, cosa serve davvero al settore del vino per ripartire è tratto da Forbes Italia.

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Forbes Italia

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