Dazi, attesa per la lettera all’Ue. Panetta: “Mezzo punto in meno di crescita”. Patuelli: “Peggioramento del credito”
- Postato il 11 luglio 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Da quella giostra senza sosta che è diventata la questione dazi, la principale novità del giorno è che l’Ue riceverà oggi la lettera della Casa Bianca in cui si indicano le tariffe che scatteranno dal prossimo 1 agosto, in mancanza di un’intesa tra Washington e Bruxelles. Intesa che non sembra proprio essere a portata di mano. “Rispetto a ieri, rimaniamo dalla nostra parte completamente pronti per concludere un accordo di principio con gli Stati Uniti. Non abbiamo aggiornamenti che indichino che ciò accadrà in via imminente”, ha ha detto il portavoce della Commissione europea responsabile per il Commercio, Olof Gill. “Non ci sono contatti previsti” nelle prossime ore, “ma tutto può cambiare (e ricambiare, si potrebbe aggiungere, ndr) da un momento all’altro”, ha evidenziato.
Il Canada ha saputo che sono pronte tariffe del 35%. Un incomprensibile dazio del 50% è stato annunciato per il rame (ma gli Usa non possono che importarlo). Per il resto si parla di dazi generalizzati tra il 15 e il 20% che potrebbero interessare anche l’Europa. Prospettiva ben peggiore di quel “10% su tutto” a sui sembra ambire Bruxelles. In attesa di capire cosa succederà si dichiara e si fanno conti destinati ad essere rifatti il giorno dopo.
“I dazi degli Stati Uniti peseranno sulla crescita economica europea e, in caso di loro inasprimento, anche sull’inflazione”, osserva, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta. “Le proiezioni” che prevedono il “mantenimento delle misure oggi in vigore sottrarrebbero mezzo punto percentuale alla crescita nell’area dell’euro tra il 2025 e il 2027, con effetti contenuti sull’inflazione” ha spiegato ma con “dazi più elevati e un’incertezza prolungata sulle politiche commerciali”, ci sarebbero “effetti ben peggiori sulla crescita e potrebbero influenzare le dinamiche inflazionistiche”.
Occorre “disinnescare” il protezionismo e i dazi per evitare effetti sui mercati e sulle banche e una “nuova recessione”, rilancia il presidente dell’Associazione bancaria italiana Antonio Patuelli, durante l’assemblea dell’associazione. “Se si sviluppassero guerre commerciali, i mercati ne soffrirebbero, aumenterebbero le incertezze per le imprese, i crediti potrebbero deteriorarsi maggiormente e le banche ne subirebbero gli effetti”. Monsieur La Palice non avrebbe saputo spiegarlo meglio.
Nella stessa occasione, il ministro dell’Eeconomia Giancarlo Giorgetti così ragiona “La vicenda dei dazi in sé è sintomo di mutamento epocale del quadro degli scambi. Gli Stati Uniti che con Clinton hanno voluto la globalizzazione, con l’amminstrazione Trump hanno fatto marcia indietro. Stiamo tornando all’impensabile fino a qualche anno fa”.
“Occhio a pensare che i dazi al 10% siano qualcosa di fantastico. Troppo semplice ragionare così. Certo che rispetto al 50% siamo contenti, ma attenzione”, avverte presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Il centro studi Nomisma gli dà ragione visto che stima che, anche se i dazi si fermassero al 10%, genererebbero effetti significativi per alcune filiere: “Ad esempio, per l’export agroalimentare verso gli Usa, Nomisma stima che a ogni +10% di dazi aggiuntivi corrisponda una perdita di circa 500 milioni di euro. L’impatto sarebbe in ogni caso pesante, se non addirittura insostenibile in caso di aliquote ancora maggiori, ma ciò che preoccupa maggiormente è l’instabilità del quadro decisionale”. Incertezza che i mercati, tradizionalmente, temono come la peste. In attesa di capirci qualcosa le borse europee sono tutte in flessione, con cali intorno all’1%.
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