Dazi, Trump invia nuove lettere e annuncia: «l primo agosto è la data ultima per gli accordi»

  • Postato il 8 luglio 2025
  • Di Panorama
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Il nuovo capitolo della “guerra dei dazi” è ufficialmente cominciato questa settimana. Nella giornata del 7 e 8 luglio 2025 l’amministrazione Trump ha annunciato una nuova ondata di dazi commerciali verso un primo gruppo di 14 Paesi. Prima però, è stato confermato lo spostamento della scadenza delle misure, originariamente fissata al 9 luglio, al 1° agosto, data da cui entreranno in vigore le nuove tariffe. Le tariffe revisionate del Liberation Day non sono quindi ancora operative.

Oggi il Presidente americano Donald Trump ha voluto precisare: «Come da lettere inviate ieri a vari Paesi, oltre a quelle che verranno inviate oggi, domani e per il prossimo breve periodo, le tariffe inizieranno ad essere pagate il 1° agosto 2025. Questa data non è stata modificata e non sarà modificata. In altre parole, tutti i soldi saranno dovuti e pagabili a partire dal 1° AGOSTO 2025 – Non saranno concesse proroghe». Nuove lettere e nessuna proroga, o si fa l’accordo o si paga dazio, letteralmente.

Va detto che Trump aveva detto la stessa cosa della scadenza del 9 luglio, poi invece prorogata per via dell’esiguo numero di accordi raggiunto. Ieri, intanto, il Presidente americano ha reso pubbliche le lettere inviate ai leader di vari Stati. In tali missive sono indicate le nuove aliquote, ad esempio 35% per la Serbia e 36% per Cambogia e Thailandia; 32% per l’Indonesia e 35% per il Bangladesh; 25% per Giappone e Corea del Sud, 30% per Sudafrica, 40% per Myanmar e Laos. Il Presidente ha inoltre avvertito che, in mancanza di un accordo entro la nuova scadenza, questi dazi saranno applicati automaticamente dalle dogane americani.

Ancora nessun dettaglio per quanto concerne la tariffa riservata l’Unione Europea, fonti di Bruxelles hanno fatto sapere di non aspettarsi nessuna lettera in questo periodo, soprattutto mentre procedono le trattative fra le due delegazioni. Ad ogni modo, il ministro delle Finanze tedesco, Lars Klingbeil, ha avvertito oggi che l’Ue è pronta ad adottare contromisure «se non verrà raggiunto un accordo equo». Contromisure già preparate da tempo.

Dietro alle tariffarie si manifestano difficoltà diffuse nei negoziati commerciali: molti partner accusano Trump di volere imporre condizioni unilaterali. Finora è stato raggiunto un accordo solamente con il Regno Unito e il Vietnam, mentre con tutti gli altri principali alleati le trattative continuano. Crescenti però le difficoltà, soprattutto con il Giappone e la Corea del Sud.

Il premier sudcoreano Lee Jae-myung deve affrontare pressioni immediate: la Corea ha registrato nel 2024 un avanzo record di 55,6 miliardi di dollari verso gli Stati Uniti, e la lettera di Trump sottolineava che il loro rapporto era «tutt’altro che reciproco», invitando Seul ad aprire i mercati nazionali come fatto dal Vietnam, pena l’imposizione di dazi del 25% su tutte le sue esportazioni.

Poiché la Corea applica già dazi quasi nulli alle merci americane (grazie a un accordo di libero scambio), Washington punta anche su altri punti di contesa. Ad esempio, Trump lamenta che Seul contribuisce molto poco alle spese per le truppe americane dispiegate sul territorio (28.500 soldati). Anche il Giappone, che aveva promesso miliardari di investimenti negli Stati Uniti, si è trovato a fronteggiare dal 1° agosto tariffe del 25% sulle sue esportazioni.

India e altri paesi emergenti mostrano segnali contrastanti. Nuova Delhi, colpita da tariffe statunitensi al 26%, si dice pronta a ridurre le sue alte tariffe ma si rifiuta per il momento di aprire i mercati agricoli nazionali, ha inoltre già minacciato contromisure all’Omc contro le tariffe Usa sulle auto per 2,89 miliardi di dollari di merci.

La Thailandia, anch’essa sotto tiro con un dazio al 36%, cerca di evitare le tariffe offrendo di ridurre le proprie imposte su beni chiave e aumentando gli acquisti di energia e aeromobili Boeing americani. In Europa, l’Unione ha annunciato trattative per un accordo che prevede un dazio base del 10% sulle merci in uscita verso gli Usa, ribadendo contestualmente la necessità di reciprocità nelle concessioni. Nel frattempo, fonti della Casa Bianca hanno anticipato che l’amministrazione sarebbe al lavoro su nuovi accordi negoziali, assicurando che nei prossimi giorni potrebbero essere annunciate diverse intese con vari Paesi.

Perché allora Trump vuole questi accordi? L’obiettivo dichiarato è riequilibrare i rapporti commerciali: aprire i mercati esteri alle esportazioni americane e ridurre il deficit di bilancio. A tal fine gli Stati Uniti chiedono l’eliminazione di barriere tariffarie e non-tariffarie che ostacolano le loro vendite all’estero. La spinta di Trump nasce dalla volontà di sostenere l’industria nazionale e l’occupazione americana proteggendo al contempo i propri mercati, i dazi rappresentano quindi una leva negoziale per ottenere concessioni e garanzie dagli altri Paesi, con l’obiettivo finale di rafforzare la produzione e i posti di lavoro negli Stati Uniti.

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Panorama

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