De Maria si era arruolato nella Legione Straniera, allo psicologo disse: “Da giovane non pensavo alle mie vittime”

  • Postato il 14 maggio 2025
  • Cronaca Nera
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Emanuele De Maria, il 36enne che in meno di 48 ore ha ucciso la 51enne Chamila Wljesuriya, ha ferito quasi mortalmente un suo collega di lavoro e alla fine si è suicidato lanciandosi dal Duomo di Milano con il volto coperto da una kefiah, per circa sei mesi si era arruolato nella Legione Straniera. “Avevo bisogno di sentirmi parte di qualcosa, di un gruppo”, dirà l’uomo alla psicologa del carcere di Bollate. L’ingresso nel corpo militare d’élite dell’esercito francese avviene nel 2015. Un anno dopo a Castel Volturno in un hotel abbandonato sgozza una prostituta di origini tunisine. La notizia dell’arruolamento nella Legione straniera è contenuta nella relazione di “osservazione psicologica” del 23 febbraio 2023. Tre mesi dopo e cioè il 22 maggio 2023 il Tribunale di sorveglianza di Milano dà il via libera all’accesso al lavoro esterno come receptionist all’hotel Berna di via Napo Torriani a Milano, il 29 maggio De Maria inizia il suo primo giorno di lavoro. Non solo: a partire dal 9 novembre 2024 usufruirà anche di alcuni permessi premio presso l’associazione Sesta Opera San Fedele.

A Bollate ci arriva però il 30 novembre 2021. E da allora e fino al tragico epilogo della scorsa settimana sono solo due le relazioni dell’amministrazione penitenziaria sulle quali si è basato il Tribunale di Sorveglianza. Tutti atti acquisiti dalla Procura di Milano che ora ha aperto un fascicolo autonomo rispetto a quello sull’omicidio e il ferimento per vagliare eventuali responsabilità non solo dell’amministrazione penitenziaria. Nella serata di ieri poi gli inquirenti hanno perquisito l’hotel aprendo gli armadietti di De Maria e di Chamila.

La prima relazione del carcere di Bollate, quella appunto del febbraio 2023, ripercorre la storia personale dell’uomo. Poi ve ne sarà una di aggiornamento del 3 maggio 2024 e un’ultima tragicamente datata 12 maggio, e cioè il giorno dopo il suicidio dell’uomo e la scoperta del corpo di Chamila, barista 51enne impiegata anche lei presso l’hotel Berna, come il collega che De Maria ha ferito gravemente. “All’età di tre anni – si legge nel documento del 2023 – De Maria si trasferì con tutta la famiglia in Olanda”. Qui la zia materna aiuta la madre a trovare un lavoro. Il padre, invece, fatica a integrarsi. Tanto che “egli descrive un contesto familiare caratterizzato da tensioni e litigi violenti tra i genitori (…). Nel 1999 a seguito dell’ennesimo litigio in cui il padre aveva picchiato la moglie, si giunse alla separazione e si attivò la Tutela Minori”. A quel punto il padre torna a Napoli e De Maria assieme ai suoi tre fratelli resta in Olanda e va a vivere con la madre che però è sempre fuori casa per lavoro. “Emanuele e gli altri fratelli – prosegue la relazione agli atti del Tribunale di Sorveglianza – venivano lasciati alle cure della sorella che comunque era piccola”. In questo contesto De Maria inizia “a sviluppare una sempre maggiore ammirazione per il fratello maggiore”, che già da minore inizia a fare reati. Dirà Emanuele De Maria: “Ciò che mi interessava in quel momento era solo ricevere rispetto da mio fratello, all’epoca non mi interessavano le conseguenze dei nostri comportamenti, non pensavo né a mia madre né alle vittime”. Parole queste che risuonano macabre alla luce dei fatti dello scorso fine settimana.

Dopo diverse rapine, a 16 anni finisce in carcere. Scontata la pena, i fratelli vengono espulsi dall’Olanda. De Maria torna dal padre a Napoli e “qui si sente fin da subito disorientato, fuori contesto”. Decide di arruolarsi nella Legione Straniera”. Ma sei mesi dopo sarà cacciato perché giudicato non idoneo. Siamo a novembre del 2015. Al suo primo femminicidio mancano pochi mesi. La relazione del carcere prosegue: “Il vissuto dell’essere stato rifiutato, accompagnato da un sentimento di delusione lo gettò nello sconforto. A Napoli non riusciva a trovare lavoro e presto cadde nell’uso di sostanze”. Dirà allo psicologo: “So che era solo il modo più facile per non pensare ai miei problemi”. Il 31 gennaio 2016 nell’ex hotel Zagarella lungo il litorale Domizio, mentre tenta di acquistare droga, uccide a coltellate una prostituta che, dirà, aveva tentato di derubarlo.

Agli psicologi che ne tracciano un profilo positivo ammette in pieno la sua responsbilità nel primo omicidio: “Io sono l’unico responsabile, ed è giusto che paghi (…). Io ho il lusso di sentire queste emozioni, sia belle che brutte, ma io so che da qualche parte ci sono una madre e un padre che piangono la figlia”. Anche per questo “oggi – si legge in un quel primo report del 2023 – appare cresciuto e maturato (…) affidabile e collaborativo (…). In conclusione non si ravvedono controindicazioni affinché egli possa iniziare gradualmente un inserimento socio-lavorativo anche esterno al carcere”. In tutto questo emerge poi che De Maria non ha alcun rapporto affettivo con il tessuto sociale milanese. I parenti sono quasi tutti all’estero, come anche la sua ex compagna dalla quale ha avuto una figlia. Un dato che avrebbe potuto far ipotizzare un pericolo di fuga, visto che dopo l’omicidio del 2016 De Maria si darà latitante per due anni prima di essere catturato.

Quella del febbraio 2023 è l’unica relazione approfondita, la seconda del 2024 sarà solo di “aggiornamento”. E poi c’è quella del 12 maggio che porta tragicamente il titolo: “Relazione comportamentale di aggiornamento” e che non rileva nemmeno il dato che De Maria il giorno prima si è suicidato. In queste tre pagine si spiega il suo impiego all’hotel Berna: “A fronte della collaborazione con una grande impresa nel settore turistico alberghiero (…) De Maria veniva selezionato”. Tutto procede bene. Il 3 febbraio 2024 durante una perquisizione ordinaria “nella camera di pernottamento veniva rinvenuta una lampada con cavetto per la ricarica, depositata presso l’ufficio del casellario senza conseguenze disciplinari”. Da novembre poi inizia a usufruire di permessi premio. Dopodiché nella relazione del 12 maggio si segnala che “a marzo 2025 si confrontava con l’educatore circa la possibilità di seguire un corso di Hospitality Management per ‘guardare con maggiore fiducia al futuro’”. Nello stesso mese ottiene il permesso per andare a trovare il fratello che vive fuori dalla Lombardia. Dirà De Maria allo psicologo del carcere di Bollate: “In questo periodo di lavoro esterno ho avuto modo di crescere anche interiormente. L’esperienza in albergo mi ha dato tanto, ho scoperto lati di me che forse non conoscevo”. Del resto conclude la relazione: “I colloqui di monitoraggio degli ultimi mesi, oltre ai contatti telefonici erano pressoché rivolti al futuro e all’analisi del percorso svolto”. Poi quelle ultime 48 ore che hanno fatto ritornare De Maria al suo tragico passato.

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Il Fatto Quotidiano

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