De Meo va da Kering e porta la rivoluzione italiana a Parigi
- Postato il 18 giugno 2025
- Di Panorama
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LA NOTIZIA
Alla fine è successo. Dopo settimane in cui, dall’ultimo annuncio dei risultati del Gruppo, si rincorrevano voci e indiscrezioni sull’auspicio, da parte di investitori ed analisti, di un passo indietro del CEO François-Henri Pinault, ieri finalmente è stata ufficializzata la notizia. Luca De Meo è stato formalmente designato dal CdA di Kering alla carica di nuovo amministratore delegato del Gruppo Kering a decorrere dal prossimo 15 settembre una volta ottenuto il voto favorevole dell’assemblea degli azionisti convocata per il 9 settembre.
IL PASSATO
Kering e Pinault non fanno certo eccezione né possono sottrarsi al rigore dei mercati finanziari che (s)valutano e consumano in trimestri brand creati in secoli e, con loro, persone e funzioni. E così, in un’incessante rincorsa ad offrire crescita e cambiamento ai propri investitori, Pinault ha dovuto licenziare, uno dopo l’altro, dal vertice della doppia G, creativi e manager del calibro di Frida Giannini, Patrizio Di Marco, Alessandro Michele, Marco Bizzarri, Sabato De Sarno, e persino il suo vecchio amico e braccio destro di una vita, Jean-François Palus. Finché non gli è rimasta altra scelta che licenziare anche … sé stesso.
Ritenuto responsabile, da stampa ed analisti, di non essere riuscito ad arrestare il declino delle vendite di Gucci e di aver perseguito una rovinosa politica di indebitamento tramite acquisizioni destinate all’obiettivo (per ora mancato) di ridurre la dipendenza di Kering da Gucci, François-Henri Pinault è stato costretto a rinunciare alla carica di amministratore delegato, facendosi sostituire da un gigante del CAC 40.
Nella sua radiosa carriera, Luca De Meo ha accumulato successi ed ha ottenuto la sua consacrazione con lo straordinario turnaround del Gruppo Renault al cui vertice è stato nominato nel luglio 2020, vale a dire in pieno Covid e subito dopo il terremoto Carlos Ghosn. Alle spalle c’era una chiusura 2019 già in rosso, con un utile netto passato dai 3,302 miliardi del 2018 alla perdita di 141 milioni di Euro del 2019, ed il fallimento dell’integrazione con Fiat Chrysler. Un trend negativo che venne a maturazione e si inabissò nello stesso 2020 in cui Renault subì un calo di fatturato di ben 12 miliardi di Euro e registrò una perdita operativa di 2 miliardi di Euro ed una perdita netta di 8 miliardi di Euro.
RISULTATI CONSOLIDATI DEL GRUPPO RENAULT

In questo annus horribilis per il gruppo transalpino, De Meo elabora un piano strategico dettagliato basato su rinnovamento del prodotto (seguiranno tantissimi lanci di nuovi modelli e restyling di vetture), una strategia commerciale direct to consumer, grande focus sui veicoli elettrici, taglio dei costi e variabilizzazione dei costi fissi. Al grido di RENAULUTION (ovvero la Revolution targata Renault), icastico nome del piano strategico, il nuovo amministratore delegato tiene saldo il timone verso gli obiettivi anche a costo di investimenti che deprimono ulteriormente la chiusura 2020 ed i risultati arrivano molto rapidamente.
Già nel 2021, il Gruppo registra un risultato operativo di 1,4 miliardi di Euro ed un risultato netto di circa un miliardo (967 milioni).

Ed il trend positivo si è tradotto in una crescita solida e costante che ha portato il 2024 a chiudere con un risultato operativo di circa 2,5 miliardi (2.485 milioni) e con un risultato netto di 2,2 miliardi di Euro.

Tutto quanto sopra con un corso del titolo Renault che, dal giugno 2020 al maggio 2025, ha visto praticamente raddoppiare il proprio valore.
Insomma, De Meo è l’uomo perfetto per un Gruppo Kering che ha chiuso l’anno 2024 con un risultato operativo ricorrente in flessione del 46% rispetto al 2023 e che dal 2020 ha perso circa i due terzi del valore del titolo generando grandi apprensioni per la propria situazione di cassa a fronte degli impegni assunti nei confronti di banche, obbligazionisti ed in relazione all’accordo per l’acquisto del marchio Valentino. Un recente articolo di Reuters pubblicato alla fine di maggio scorso e largamente ripreso dalla stampa ha puntato il dito sul debito della holding di famiglia Artemis e su quello del Gruppo Kering passato, quest’ultimo, da quasi zero nel 2021 a 10 miliardi di Euro nel 2025, pari a circa la metà della capitalizzazione di mercato del Gruppo. Una tale entità del debito ha suscitato preoccupazioni tenuto conto delle risorse necessarie per rilanciare il marchio Gucci, il grande malato della scuderia Kering, e di quelle che dovranno essere destinate a completare l’acquisizione del marchio Valentino. A Pinault è stato imputato di aver abbracciato – a prezzo di un indebitamento sproporzionato – una strategia destinata a ridurre la dipendenza da Gucci ma allo stato infruttuosa perché le sorti del Gruppo Kering rimangono ancora largamente legate a quelle di Gucci ma con molte meno risorse per rilanciare i marchi e per far fronte alle incertezze di un mercato segnato dal rallentamento dei consumi cinesi e russi (anche outbound) e dall’impatto dei dazi USA. Tutto quanto sopra con lo spettro di subire il terzo declassamento del merito di credito (rating) e con la notizia, arrivata all’inizio di questo mese, dell’esclusione del titolo Kering dall’indice EURO STOXX 50 a partire dal 20 giugno.
Insomma una tempesta perfetta per il Gruppo Kering che il Presidente Pinault, esperto e navigato condottiero del CAC 40 assistito da uno stuolo delle più raffinate menti finanziarie in circolazione, aveva certamente visto venire. E infatti, nel comunicato stampa emesso ieri da Kering in merito alla cooptazione di De Meo al ruolo di amministratore delegato, Pinault ha dichiarato “Già nel 2023 ho avviato una riflessione sull’evoluzione della governance del Gruppo. È in questo contesto che ho incontrato Luca de Meo. La sua esperienza alla guida di un gruppo internazionale quotato in borsa, la sua profonda comprensione dei marchi e il suo senso di una cultura aziendale forte e rispettosa mi hanno convinto che fosse il leader che cercavo per infondere una nuova visione e guidare questo capitolo della storia del nostro gruppo”.
E in effetti, nel 2023, l’organizzazione del Gruppo aveva assunto una configurazione nuova con la nomina di Francesca Bellettini al ruolo di “CEO dei CEO”. “Francesca Bellettini, Presidente e Amministratore Delegato di Yves Saint Laurent dal 2013, in aggiunta al suo ruolo corrente [di amminsitratore delegato del marchio Saint Laurent, n.d.r.], viene nominata Kering Deputy CEO, responsabile per il Brand Development del Gruppo. Tutti gli amministratori delegati dei marchi riporteranno a lei e sarà responsabile della guida delle Maisons del Gruppo nelle loro prossime fasi di crescita” diceva il comunicato stampa del 18 luglio 2023. Al contempo, Jean-Marc Duplaix, CFO del Gruppo dal 2012, veniva messo a capo di tutte le funzioni corporate del Gruppo. “Jean-Marc Duplaix, Direttore Finanziario dal 2012, viene nominato Kering Deputy CEO, responsabile delle operazioni e della finanza. Jean-Marc Duplaix sarà a capo di tutte le funzioni corporate del Gruppo e sarà responsabile del continuo miglioramento dell’efficienza delle diverse funzioni” recitava il medesimo comunicato stampa.
Tutto quanto sopra con l’effetto di ridurre a solo due (Bellettini e Duplaix) i riporti di diretti di Pinault per quanto concerne (i) il core business fashion (fragranze e occhiali esclusi) del Gruppo e (ii) le funzioni corporate che sovrintedono a diverse trasversali business unit e servizi del Gruppo (dall’IT alla logistica, dalla finanza all’immobiliare, dalla supply chain alla comunicazione, dal legale alle risorse umane, ecc.).
Una struttura organizzativa della quale è lecito dubitare e chiedersi se sarà compatibile con la futura missione del nuovo amministratore delegato De Meo.
IL FUTURO. LA PINAULUTION.
Cosa farà in futuro Luca De Meo da Kering?
Certamente la Rivoluzione targata Pinault: la PINAULUTION e cioè l’equivalente Kering della Renaulution brillantemente concepita ed eseguita in occasione del suo mandato presso Renault. Questo è l’auspicio unanime di investitori ed analisti che chiedono a gran voce un cambiamento.
Per rispondere, nel dettaglio, bisogna però misurarsi con tre sub-interrogativi
- che impatto avrà la sua assenza di esperienza nei settori della moda e del lusso?
- il Presidente Pinault saprà veramente fare un passo indietro e lasciargli carta bianca nella gestione di persone, marchi, prodotti e strategie?
- quale sarà l’assetto organizzativo del Gruppo compatibile con il suo mandato?
La cifra più comune dei commenti a caldo sulla nomina del manager automotive è la constatazione della sua inesperienza nel settore della moda. Personalmente non ritengo che ciò rappresenti un handicap, anzi. Se la sua missione è quella del cambiamento salutata dai mercati, proprio un punto di vista nuovo, scevro dai condizionamenti delle inveterate pratiche di un settore (in cui la comunicazione si fa in un certo modo, i negozi si fanno in un certo modo, ecc.), può essere un asset di grande valore.
E questo il Gruppo Pinault ha già potuto constatarlo in passato. Vi sono infatti dei precedenti nella storia dell’attuale Gruppo Kering fra i quali il più significativo è proprio quello che ha segnato, a partire dal 2004, la gestione diretta da parte del Gruppo Pinault dei marchi del lusso che oggi rappresentano il core di Kering e che ha accompagnato l’insediamento del Presidente Pinault venti anni fa. Quando, nel 2004, Tom Ford, Domenico De Sole e Bob Singer lasciarono il Gruppo in blocco, la divisione lusso dell’allora Gruppo PPR (che già comprendeva Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta, Balenciaga, Alexander Mc Queen, Boucheron ed altri marchi) venne affidata alla leadership di Robert Polet e del suo braccio destro, Alexis Babeau, i quali fecero un lavoro straordinario ed impressero al conglomerato del lusso una struttura, un’organizzazione ed un assetto che ancora oggi ne influenzano il successo ed i risultati. Fu infatti il management di Robert Polet ed Alexis Babeau a riconoscere, premiare e promuovere le capacità e le competenze di Francesca Bellettini favorendone la nomina a responsabile del merchandising, della comunicazione e delle licenze di Bottega Veneta. Fu lo stesso management a far entrare nel gruppo lo star CEO Marco Bizzarri, (inizialmente come amministratore delegato del marchio Stella McCartney nel 2005) ed a designarlo poi nel 2009 ad amministratore delegato di Bottega Veneta, assicurando così al Gruppo uno dei più grandi talenti dell’industria che sarebbe divenuto, insieme ad Alessandro Michele da lui nominato, l’artefice della stellare crescita e consolidamento di Gucci e quindi dell’intero Gruppo. Fu lo stesso management Polet, nel 2009, a designare a CEO di Gucci Patrizio Di Marco che aveva consacrato Bottega Veneta a epitome globale del lusso discreto e che, dal 2009 al 2014, avrebbe portato Gucci in una nuova fase di espansione e di sviluppo insieme a Frida Giannini. Ed infine pure sotto il management Polet e Babeau avvenne la nomina di Frida Giannini ad unico direttore creativo di Gucci in sostituzione del precedente triumvirato fra la stessa Giannini, Alessandra Facchinetti e John Ray.
Insomma una serie di scelte di management azzeccatissime che hanno avuto un impatto decisivo sul Gruppo Kering per molti anni, ben oltre l’uscita dal Gruppo dei loro autori, Robert Polet ed Alexis Babeau.
Ebbene, grande scalpore aveva suscitato, all’epoca nel luglio 2004, la nomina ad amministratore delegato del Gruppo Gucci di Robert Polet che veniva dritto da una vita professionale tutta vissuta in Unilever dove era Presidente della Divisione Gelati e Cibi Congelati. Parimenti privo di esperienza nel lusso era il suo braccio destro Alexis Babeau che aveva ricoperto incarichi di responsabilità nella finanza di Carrefour e che sarebbe divenuto nel 2011 Direttore Generale della Divisione Lusso del Gruppo Kering.
Nonostante l’assenza di esperienza, i risultati in Kering furono estremamente proficui e contribuirono in modo decisivo alla costruzione del Gruppo e dei suoi successi futuri.
Corsi e ricorsi storici dunque. Che dovrebbero fugare i dubbi di chi teme l’inesperienza nel lusso di Luca De Meo. Ma nello stesso senso depone l’esperienza di Chanel con Leena Nair, anche lei proveniente da una lunga carriera tutta passata in Unilever e che ha saputo interpretare perfettamente il DNA di Chanel e condurla verso crescita ed adattamento alle congiunture di mercato. Ugualmente un grande successo è stata la transizione di Andrea Guerra da Merloni Indesit a Luxottica a Eataly fino al Gruppo LVMH e poi a Prada.
Più complicato è il (sub)interrogativo numero 2. Il successo di De Meo dipenderà in modo decisivo dall’effettività dell’impegno di Pinault a defilarsi. La mia esperienza in contesti corporate articolati mi ha insegnato che, soprattutto in fasi di riorganizzazione, emergono contrasti e divergenze fra varie funzioni aziendali e le diverse cariche manageriali. Questi contrasti e divergenze vanno sempre arbitrati dei vertici aziendali. Per oltre venti anni, Pinault è sempre stato la massima istanza inappellabile di questi arbitraggi: in pratica la cassazione delle scelte aziendali. Inappellabile perché espressione presente in azienda dell’azionista di riferimento. Le consuetudini aziendali sono dure a morire e sono certo che in molti ricorreranno ancora a lui. Spetterà a lui rimettere gli appelli a De Meo.
Una nota conclusiva riguarda l’organizzazione della leadership del Gruppo.
Oggi in Renault De Meo opera con un Leaderhip Team di 15 persone che TUTTE riportano a lui. Ciò gli consente di avere una presa diretta ed immediata su una pluralità di aree aziendali che vanno dalla strategia (affidata a Josep Maria Recasens) al procurement (affidato a François Provost) alle risorse umane (affidate a Bruno Laforge), al design (affidato a Laurens Van den Acker) alla supply chain (affidata a Denis Le Vot che è anche il CEO di Dacia), passando per il legale e per l’audit. Oltre ovviamente ai CEO dei vari marchi automobilistici.
Il tutto in un contesto di immediatezza e di parità: un unico grande tavolo di lavoro a cui siedono paritariamente tutti i CEO dei marchi ed i responsabili dei vari servizi e business unit comunemente detti “corporate”. Un tavolo a cui siedono anche delle funzioni trasversali (quale per esempio il Design) che nel mondo del lusso sono prerogativa esclusiva dei singoli marchi e non fanno oggetto di alcuna mutualizzazione e condivisione. Anche se io ancora ricordo il ruolo di Tom Ford quale direttore creativo dell’intero Gruppo Gucci….
Un assetto operativo quello attuale di Renault- direi – ben più adatto alla rivoluzione di quello attualmente in essere in Kering dal 2023 con un CEO a cui riportano (per i marchi di moda e le funzioni corporate) due soli Deputy CEO e senza una leva diretta dell’amministratore delegato su una serie di funzioni chiave per la riorganizzazione ed il cambiamento. Forse in questo ambito c’è da attendersi qualche revisione del modello di governance attuale di Kering.
Perché, si sa, la Rivoluzione per interposta persona non si può fare ….