Decarbonizzazione dell’ex Ilva, l’intesa è una “farsa” per il M5S e scontenta i sindacati. Cauto il Pd (e Emiliano esulta)
- Postato il 13 agosto 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Il governo fa buon viso a cattivo gioco. I sindacati la bocciano. Le opposizioni marciano divise, con il Pd che non può permettersi di prendere le distanze visto che sul documento c’è anche la firma del governatore Michele Emiliano che ha parlato di giorno “storico”. In realtà l’intesa di massima sulla decarbonizzazione degli impianti dell’ex Ilva di Taranto firmata martedì al ministero delle Imprese e del Made in Italy dopo otto ore di trattativa si limita a rinviare a settembre i nodi più delicati, dai tempi e modalità della transizione alla localizzazione del polo Dri per il preridotto. Previsto poi un nuovo commissario, che dovrà occuparsi della reindustrializzazione delle aree libere dello stabilimento. Non una parola sull’ipotesi di approvvigionamento tramite nave rigassificatrice, a cui è contrario il sindaco Piero Bitetti. Ministero, enti locali e parti sociali si sono impegnati a convocare una nuova riunione del tavolo dopo il 15 settembre, che è il termine ultimo per la presentazione di offerte vincolanti nell’ambito della nuova gara. Il bando è stato aggiornato a inizio agosto sulla base della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata il 25 luglio scorso, con validità di 12 anni e una capacità produttiva autorizzata fino a 6 milioni di tonnellate annue.
Il ministro Adolfo Urso si accontenta e parla di “una svolta che potrà incoraggiare gli investitori a manifestarsi con i loro piani industriali per il rilancio della siderurgia e la riconversione green”. Nel Partito democratico, che esprime il governatore Emiliano e sostiene Antonio Decaro per le Regionali del prossimo autunno, prevale un giudizio interlocutorio. Per Antonio Misiani, responsabile Economia nella segreteria dem, la firma “rappresenta un atto molto importante” e un “passo avanti significativo” verso la trasformazione dell’ex Ilva in un polo di acciaio verde, ma “molto resta da fare per rafforzare le garanzie per l’occupazione e accelerare la chiusura delle fonti inquinanti”.
Di segno opposto la reazione del Movimento 5 Stelle. Il senatore Mario Turco, vicepresidente del partito, definisce l’intesa “una farsa, un tradimento per Taranto e i suoi cittadini”, firmata “senza conoscere il futuro gestore, senza risorse certe e senza tempi reali per una decarbonizzazione”. Secondo Turco, il testo “non cancella l’Autorizzazione Integrata Ambientale che prevede la produzione a carbone per altri 12 anni, condannando Taranto a un inquinamento senza fine”.
Critica anche Italia Viva, che per voce della senatrice Silvia Fregolent attacca il governo: “L’Ilva non è un tavolo da poker e i lavoratori non sono le fiches di un bluff. Servono decisioni, non promesse da rinviare a settembre. Le firme su intenti generici non valgono nulla se non arrivano subito certezze su investimenti, tempi e occupazione”.
Sul fronte sindacale, la Fiom-Cgil boccia l’intesa perché “non garantisce gli attuali livelli occupazionali” e “rimanda la discussione dopo il 15 settembre, ignorando la questione del lavoro”. Il segretario generale Michele De Palma e il coordinatore nazionale siderurgia Loris Scarpa rivendicano il piano condiviso in passato – tre forni elettrici a Taranto, uno a Genova e un polo del DRI – e denunciano che “al momento questo non c’è”. “La coperta rischia di essere troppo corta rispetto alla verticalizzazione degli impianti, tra Taranto, Genova, Novi Ligure e gli altri stabilimenti, con impatti sull’occupazione”, avvertono, sottolineando l’assenza di garanzie sulla presenza dello Stato e mettendo in guardia dal rischio di “tenere fuori i lavoratori dal processo di decarbonizzazione”.
Per la Fim-Cisl, il documento “non è positivo” perché non chiarisce “tempi di realizzazione, risorse necessarie e modalità di attuazione del piano industriale”. Il segretario generale Ferdinando Uliano e il segretario confederale Giorgio Graziani chiedono che gli impianti di preridotto siano realizzati a Taranto “per garantire occupazione e sostenibilità industriale in un sito strategico”, avvertono sulla mancanza di riferimenti alla verticalizzazione e sulla “forte preoccupazione” per l’ipotesi di suddivisione tra aree nord e sud dello stabilimento. “È indispensabile mantenere l’integrità dell’attuale perimetro dell’ex Ilva”, ribadiscono.
Le associazioni Giustizia per Taranto e PeaceLink dal canto loro hanno annunciato proprio martedì un ricorso al Tar contro la nuova Autorizzazione Integrata Ambientale e quindi contro “l’ulteriore proroga delle lavorazioni a carbone”. Il presidente di PeaceLink Alessandro Marescottisi ha consegnato al Prefetto proposte operative per il futuro dello stabilimento, che prevedono bonifiche ambientali delle aree contaminate, lavori socialmente utili per riforestazione e cura del verde pubblico, interventi di efficientamento energetico e di lotta ai cambiamenti climatici applicati agli edifici pubblici, in particolare scuole.
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