Decreto sicurezza, 257 giuristi danno l’allarme. L’appello: “A rischio la nostra forma di Stato, si vuole governare con la paura”
- Postato il 27 aprile 2025
- Politica
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
.png)
In tempi normali, i giuristi dediti al diritto pubblico, che regola l’organizzazione e il funzionamento dello Stato, interpretano e insegnano la Costituzione e assumono anche posizioni individuali sulla vita normativa della nostra comunità. “Ci sono momenti però nei quali accadono forzature istituzionali di particolare gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso assumere insieme delle pubbliche posizioni”, avverte l’Appello per la sicurezza democratica (testo integrale) firmato da 257 giuspubblicisti di tutte le Università italiane, compresi Presidenti e vice-Presidenti emeriti della Corte costituzionale: Ugo de Siervo, Gaetano Silvestri, Gustavo Zagrebelsky, Enzo Cheli, Paolo Maddalena. L’Appello si aggiunge a quelli dell’Associazione Magistrati, delle Camere penali, dei professori di diritto penale per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica verso il decreto sicurezza approvato l’11 aprile dal governo di Giorgia Meloni. Un intervento che, scrivono i promotori, “nel metodo e nel merito esplicita un disegno complessivo, che tradisce un’impostazione autoritaria, illiberale e antidemocratica, non episodica od occasionale ma mirante a farsi sistema, a governare con la paura invece di governare la paura”.
“E’ raro che un numero così alto di professori universitari prenda pubblicamente posizione verso un singolo provvedimento legislativo”, spiega Roberto Zaccaria, ordinario di Diritto Costituzionale già docente all’Università di Firenze, tra i promotori dell’Appello. “Un atto di impegno civile”, lo definisce. Di fronte a un intervento “che può ledere le libertà fondamentali ed essere addirittura più pericoloso di una riforma costituzionale”. Tanto che, ammette, “non ricordo in epoca recente interventi di sicurezza pubblica di questa intensità e forza”. Il problema di fondo, spiega Zaccaria, è il rischio di trasformare il tema della sicurezza “in un valore ideale fondante, in un limite generale inaccettabile perché le libertà costituzionali non possono andare incontro a limiti di carattere generale. Come l’ordine pubblico che nella Costituzione non ha cittadinanza”. Peggio ancora se il piano si realizza stracciando un disegno di legge già in dirittura d’arrivo. “Un vero e proprio scippo nei confronti del Parlamento ed un clamoroso aggiramento della Costituzione”, attacca Zaccaria. E cita Meloni: “Ha detto che in occasione del 25 Aprile riaffermiamo la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato. Ma se tu fai approvare in questo modo un decreto sicurezza col quale un cittadino rischia anni di carcere per un sit-in, non stai comprimendo le libertà fondamentali?”.
“Confidiamo che tutti gli organi di garanzia costituzionale mantengano alta l’attenzione e censurino questo allontanamento dallo spirito della nostra Costituzione, che fonda la convivenza della comunità nazionale su democrazia, pluralismo, diritti di libertà ed uguaglianza di fronte alla legge, affinché nessuno debba temere lo Stato e tutti possano riconoscerne, con fiducia, il ruolo di garante della legalità e dei diritti”, conclude l’Appello dopo aver elencato i profili di incostituzionalità del decreto. Nel metodo, a sdegnare i giuspubblicisti è appunto l’utilizzo improprio della decretazione d’urgenza. Con un cambio di passo: “In quest’occasione la violazione è del tutto ingiustificata e senza precedenti, dato che l’iter legislativo, ai sensi dell’art. 72 della Costituzione era ormai prossimo alla conclusione, quando è intervenuto il plateale colpo di mano con cui il Governo si è appropriato del testo e di un compito, che, secondo l’art. 77 Costituzione può svolgere solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, al solo scopo, sembra, di umiliare il Parlamento e i cittadini da esso rappresentati”.
Quanto al merito, “si tratta di un disegno estremamente pericoloso di repressione di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società democratica”. In particolare, l’Appello denuncia l’equiparazione dei centri per stranieri alle carceri e la resistenza passiva agli atti violenti. Il cosiddetto “daspo urbano“, deciso dal questore, che limita la libertà personale trattando allo stesso modo chi è condannato e chi è solo denunciato. Preoccupa che la polizia possa portare armi non di ordinanza anche fuori servizio, e l’inasprimento delle pene per illeciti avvenuti “in occasione” di una manifestazione pubblica. Una disposizione tanto vaga che “contrasta con il principio di tipicità delle condotte penalmente rilevanti, violando per giunta la specifica protezione costituzionale accordata alla libertà di riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico”. Altrettanto vaghe sarebbero infine le disposizioni che prevedono pene fino a sette anni per l’occupazione di luoghi che presentano un’estensione del tutto imprecisata e rimessa a valutazioni e preferenze del tutto soggettive dell’interprete”. Scelte che mettono in discussione la nostra forma di Stato perché, dice conclude Zaccaria, “l’eterno equilibrio tra individuo e autorità è risolto solo a favore di quest’ultima, con una “ossessione securitaria” che non appartiene alla visione degli Stati democratici, ma che ricalca pericolosamente la logica degli Stati di polizia”.
L'articolo Decreto sicurezza, 257 giuristi danno l’allarme. L’appello: “A rischio la nostra forma di Stato, si vuole governare con la paura” proviene da Il Fatto Quotidiano.