Delitto della Freccia, la Cassazione annulla la condanna a 23 anni: “Disturbo della quiete solo un pretesto per sfogare l’aggressività”
- Postato il 1 agosto 2025
- Copertina
- Di Genova24
- 3 Visualizzazioni


Il disturbo che la Javier Alfredo Miranda Romero e l’amico stavano arrecando a Evaristo Scalco, la notte tra il 1 e il 2 novembre del 2022, era “solo un pretesto per manifestare in maniera arrogante la propria aggressività, in modo da fare comprendere a quali gravi conseguenze andava incontro chi gli stava mancando di rispetto”.
Delitto della freccia, la Cassazione annulla la condanna a 23 anni
Così si sono espressi i giudici della Cassazione nelle motivazioni di una sentenza che ha annullato con rinvio la condanna a 23 anni per Scalco, maestro d’ascia che uccise in vico Mele, nel centro storico di Genova Javier Alfredo Miranda Romero colpendolo con una freccia.
Il delitto della freccia: Evaristo Scalco uccise Javier Alfredo Miranda Romero
Gli ermellini hanno stabilito che la pena vada ricalcolata, e hanno rimandato alla Corte d’Appello di Milano il compito.
Come noto, Miranda Romero la notte tra l’1 e il 2 novembre del 2022 era nel centro storico con un amico per festeggiare la nascita del figlio, e si era ritrovato sotto la finestra di Scalco. L’uomo si era affacciato, li aveva insultati per le urla e gli schiamazzi, ne era nato un alterco a distanza finito in tragedia quando Scalco aveva scoccato contro Romero una freccia che lo aveva colpito e ucciso.
“Tali peculiari situazioni – si legge nelle motivazioni – sono state ritenute idonee a rivelare non solo l’eccessività, sul piano oggettivo, della reazione rispetto all’individuato movente, ma anche, sul piano soggettivo, la connotazione di tale sproporzione quale espressione di un moto interiore assolutamente ingiustificato, tale da configurare lo stimolo esterno come mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale”.
Le condanne
Per i delitto della freccia Scalco era stato condannato a 23 anni di carcere nel gennaio del 2024, pena confermata in appello nel dicembre del 2024. All’artigiano e maestro di spada è stato contestato l’omicidio volontario aggravato dai futili motivi, ma non dall’odio razziale, elemento che gli aveva concesso a Scalco le attenuanti generiche.
I difensori di Scalco, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa, hanno sempre sostenuto che l’artigiano non volesse uccidere Romero “ma solo spaventarlo”, e che pensava di averlo solo ferito. Patricia Zena, la compagna della vittima (assistita dagli avvocati Francesca Palmero e Jari Felice), in udienza aveva ricordato come il compagno fosse riuscito a vedere il figlio solo due volte prima di morire.