Delitto di Garlasco. Alberto Stasi resta in semilibertà. Respinto il ricorso della procura generale

  • Postato il 1 luglio 2025
  • Giustizia
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Alberto Stasi resta in semilibertà. La Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura Generale presso la corte d’Appello di Milano contro l’ordinanza del 9 aprile scorso che concedeva il beneficio all’uomo, condannato in via definitiva per la morte di Chiara Poggi.

I magistrati milanesi avevano chiesto l’annullamento dell’ordinanza con cui l’11 aprile il Tribunale di Sorveglianza ha ammesso l’allora fidanzato della vittima, in carcere dal 2015, al regime di semilibertà. Martedì mattina si è tenuta l’udienza cartolare (senza le parti in aula e con l’analisi da parte dei giudici del ricorso, delle osservazioni del pg della Cassazione e di memorie della difesa Stasi).

Il motivo dell’impugnazione era legato alla mancata richiesta di autorizzazione a rilasciare un’intervista al programma Le Iene durante un permesso per un ricongiungimento familiare. La vicenda, per il pg, avrebbe dovuto essere valutata diversamente dai giudici. “Gli innocenti non scappano. Sto vivendo tutto questo con fiduciosa attesa, anche per Chiara Poggi” aveva detto il condannato al programma in una puntata andata in onda a fine marzo. Per gli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis, invece non venne “violata alcuna prescrizione” e il ricorso andava dichiarato inammissibile nel merito.

L’11 aprile poi il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva stabilito che Stasi, con un percorso da detenuto modello, avrebbe potuto stare fuori dal carcere parte del giorno, non solo per lavorare ma anche per attività di reinserimento sociale, e che avrebbe dovuto fare ritorno solo la seta nel carcere di Bollate, uno degli istituti più all’avanguardia in Italia.

Una decisione presa dai giudici nonostante la richiesta contraria della procura generale di Milano. La sostituta pg Valeria Marino, sebbene tutte le relazioni redatte dal personale del carcere fossero positive, aveva chiesto di non accogliere la richiesta della misura alternativa alla detenzione – anticamera dell’affidamento in prova ai servizi sociali – e, in subordine, di sospendere il procedimento, e dunque non arrivare subito a decisione. E questo perché riteneva necessario compiere accertamenti proprio su quell’intervista mandata in onda il 30 marzo.

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Il Fatto Quotidiano

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