Delitto di Garlasco, il giudice che assolse Stasi: “Trovai molto curioso lo scontrino di Sempio”

  • Postato il 22 maggio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Fu il primo giudice che, dopo ordinato quattro super perizie per riparare ai danni di indagini “lacunose”, assolse Alberto Stasi nel processo abbreviato di primo grado sul delitto di Garlasco. Stefano Vitelli, che all’epoca aveva ampiamente motivato la sua decisione, in una intervista alla Stampa ribadisce il suo pensiero sulle responsabilità per la morte di Chiara Poggi. E rispondendo a una domanda parla anche sull’ormai famoso scontrino di Andrea Sempio, considerato ora traballante dalla procura di Pavia, che lo ha indagato. “Trovai molto curioso lo scontrino” dice il magistrato. Il gup, che in motivazione scrisse che il quadro istruttorio era “contraddittorio e altamente insufficiente”, ribadisce quanto sostenuto all’epoca di un processo “molto strano. Perché più approfondivo la cosa più qualcosa sfuggiva, aleggiava – e ha aleggiato fino alla fine – un’ombra di mistero, di incompiutezza”.

L’alibi informatico – Il giudice aveva evidenziato diverse lacune investigative, come gli effetti “devastanti” degli interventi sui computer dell’imputato, che avevano precluso la possibilità di individuare un movente, e il fatto che a Franca Bermani, che aveva visto una bici nera da donna vicino alla scena, non fosse stata mostrata nemmeno una foto della bicicletta sequestrata. E anche nell’intervista torna sull’alibi informatico (Stasi disse di aver lavorato tutto il giorno alla sua tesi): 2Un fatto sorprese tutti e riguardava l’alibi informatico di Stasi. Disse che aveva lavorato tutta la mattina alla tesi sul suo computer, ma che, non riusciva a provare che aveva interagito col suo portatile a causa di procedure scorrette utilizzate dai carabinieri che avrebbero “sporcato” i dati informatici”. Disposi una perizia, contattati degli ingegneri, chiesi loro di fare un miracolo. Mi chiama una sera il perito e mi dice: “Dottore è seduto? Perché devo sorprenderla: Stasi lavorava al computer quella mattina. Non aveva mentito. Aveva detto la verità. E cioè che lui quella mattina e in orari chiave aveva lavorato alla tesi con sostanziale continuità e impegno intellettuale”.

L’orario della morte – Il magistrato, all’epoca motivando un verdetto di non colpevolezza, aveva riconsiderato l’orario di morte, affermando che era più ragionevole collocarla subito dopo le 9.12, e aveva sottolineato che l’aggressione era durata alcuni minuti, non un singolo atto concentrato nel tempo. Aveva sottolineato che l’arma del delitto non era stata trovata (e non lo è tuttora), e che la telefonata di Alberto al 118, descritta come “fredda” e “distaccata” dai pm, rappresentava solo un “iniziale sospetto investigativo” e non un elemento decisivo. Nell’intervista Vitelli sostiene che “se si immagina che l’omicidio è avvenuto nella prima parte della mattina dobbiamo inevitabilmente pensare che Stasi stesse lavorando alla tesi dopo aver ucciso la fidanzata e che sia riuscito a tornare in fretta e furia a casa per mettersi a lavorare con impegno intellettuale”.

Il giudice avesse escluso anche che Alberto avesse impiegato 23 minuti per uccidere Chiara, e aveva riconosciuto che aveva tentato di chiamarla più volte quella mattina, lavorato al computer fino alle 12.20 e uscito di casa dopo le 13.30. Erano rimasti due indizi “certi”, secondo il magistrato. ma “carenti del necessario requisito di gravità”: l’impronta digitale di Stasi sull’erogatore del sapone e il Dna della vittima sui pedali della bicicletta. Elementi che invece sono state considerate prove di colpevolezza dai giudici del processo bis durante il quale era stato riaperto il dibattimento.

Andrea Sempio – Il 37enne, oggi indagato per concorso in omicidio, essendo un amico di Marco Poggi, era già entrato nelle indagini. “C’era una strana paginetta di cinque righe. Si parlava di uno scontrino”. Il giudice lo considerò “molto curioso, ma nessuno accese un faro… Il mio compito era rispondere a un quesito: Alberto Stasi è innocente o colpevole? Cercare una terza via per il giudice è compito abnorme e improprio: deve essere terzo”.

Le sentenze – Alla domanda se si può definire quello di Stasi (a cui sono state respinte le richieste di revisione e anche un ricorso Cedu, ndr) come un nuovo caso Tortora, Vitelli dice: “Da un lato rispetto il giudicato formale (la condanna di Stasi in Cassazione ndr) che è efficacemente in piedi ma anche per l’indagine attuale che la procura di Pavia sta portando avanti. Aspettiamo a vediamo. A me interessa il valore del ragionevole dubbio che è laico, trasversale, non divisivo, comprensibile da tutti e che – comunque vada questo caso – deve unire tutti: magistrati, avvocati, giornalisti. Anche mia mamma, all’epoca ancora viva, quando studiavo le carte del processo, me lo ricordava sempre mentre preparava la pasta. E aveva solo la licenza elementare”. Del resto assolvere “non è una sconfitta perché se una volta approfondito tutto il materiale che abbiamo si arriva a una conclusione di concreta incertezza allora è giusto assolvere. Che non è una sconfitta dello Stato ma una vittoria. Meglio un colpevole fuori che un innocente dentro”.

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Il Fatto Quotidiano

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