Delitto di Garlasco, spunta un nuovo testimone e riemerge il mistero del Santuario della Bozzola
- Postato il 12 settembre 2025
- Di Panorama
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Un tassello in più, o forse soltanto un’ombra in un mosaico già frammentato. Il delitto di Garlasco si arricchisce di una nuova voce, quella di un fedele che ha parlato alle telecamere di Morning News su Canale 5. L’uomo sostiene di aver visto Andrea Sempio proprio negli anni in cui si consumava la tragedia di Chiara Poggi. «Parliamo del periodo dell’omicidio – ha detto –. Ogni tanto lo vedevo con Marco Poggi, il fratello di Chiara, e qualche volta anche con lei». Una testimonianza che appare vaga e senza riscontri diretti, ma che riporta al centro della scena nomi e presenze già più volte evocati nel lungo iter giudiziario. L’uomo ammette: «Non so se Chiara parlasse davvero con Sempio. Non mi sono mai chiesto certe cose, ma li vedevo insieme nello stesso gruppo».
Parole che non aprono a certezze, ma alimentano ancora una volta quel dubbio che accompagna la vicenda da diciotto anni: che non tutto sia stato visto, raccontato o ricostruito.
L’arresto di Flavius Savu
Nello stesso quadro, è tornato di attualità anche un nome che con l’inchiesta si era già intrecciato negli anni passati: quello di Flavius Savu. Il romeno di 44 anni, condannato in via definitiva per l’estorsione all’ex rettore del Santuario della Bozzola, è stato arrestato a Zurigo e dovrà scontare cinque anni di carcere. Con un complice, nel 2014, aveva tentato di ricattare il sacerdote con registrazioni a sfondo erotico, chiedendo 250mila euro in cambio del silenzio.
Il suo nome, però, non è rimasto confinato a quell’estorsione: in un memoriale redatto da un parente, Savu viene citato come possibile depositario di segreti legati all’omicidio Poggi. Secondo quelle ricostruzioni, ci sarebbe un collegamento tra quanto accadeva all’interno del santuario e la morte della giovane di Garlasco. Una pista mai confermata, eppure mai del tutto scomparsa. Ora la Procura di Pavia potrebbe decidere di ascoltarlo per chiarire le circostanze.
Il Santuario della Bozzola
Per comprendere il perché il nome del Santuario della Madonna della Bozzola torni di continuo nelle pieghe di questo giallo, occorre ripercorrere la sua storia. Situato a Garlasco, nella campagna pavese, è uno dei luoghi mariani più noti del territorio lombardo. La sua origine risale al Cinquecento, quando la tradizione racconta di un’apparizione miracolosa della Madonna a una contadina. Da allora, quel luogo è diventato punto di riferimento per fedeli e pellegrini, teatro di processioni solenni e cuore della devozione popolare della diocesi di Vigevano.
Il santuario, con la sua architettura severa e raccolta, è da sempre sinonimo di preghiera e spiritualità. Tuttavia, nel tempo, la sua immagine si è incrinata. Negli anni Duemila, infatti, il suo nome è finito accostato a episodi che nulla avevano a che vedere con la religiosità: voci di festini, telefonate compromettenti, scandali che culminarono con l’estorsione all’ex rettore, don Gregorio Vitali, vittima di un ricatto legato a registrazioni a sfondo erotico. Fu proprio quell’indagine, conclusasi con la condanna di Flavius Savu e di un complice, a gettare un’ombra lunga su un luogo sacro fino ad allora percepito come intoccabile.
È in questa cornice che il Santuario della Bozzola si ritrova oggi al centro delle cronache: non solo come simbolo religioso, ma anche come scenario di un sottobosco di vicende che si intrecciano, a distanza di anni, con il delitto Poggi. La suggestione che ci sia stato un legame fra la vita privata di alcuni protagonisti e i fatti oscuri avvenuti tra quelle mura resta tutta da verificare, ma il solo fatto che continui a riaffiorare dice molto sulla complessità del caso.
Le nuove impronte
Come se non bastasse, l’incidente probatorio ha riservato un’ulteriore sorpresa. Sono state individuate otto nuove impronte: sei sul sacchetto dei cereali e due su quello della spazzatura. Reperti vecchi di diciotto anni, eppure ancora capaci di restituire dettagli. Il consulente di parte civile, Dario Redaelli, ha sottolineato l’anomalia: «Questo materiale è stato conservato in modo da permettere l’attività di analisi odierna. Nonostante si trattasse di reperti di un procedimento già passato in giudicato».
Una scoperta che solleva interrogativi sulla gestione e sull’integrità delle prove, e che obbliga i periti a un lavoro di verifica ancora lungo e complesso. Tanto che il gip Daniela Garlaschelli ha fissato per il 26 settembre un’udienza in cui si discuterà di una proroga dell’incidente probatorio.
Un giallo senza fine
Sono passati diciotto anni dal 13 agosto 2007, quando Chiara Poggi fu uccisa nella sua villetta di Garlasco. Alberto Stasi, allora fidanzato della giovane, è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere. Ma intorno a quella sentenza hanno continuato a muoversi piste alternative, testimonianze rimaste in sospeso, versioni contrastanti.
Oggi, tra un nuovo testimone, l’arresto di Savu e le impronte mai analizzate prima, la vicenda sembra riaprirsi sotto tracce già percorse, ma mai davvero esaurite. E resta una domanda che, a quasi vent’anni di distanza, continua a pesare come il primo giorno: chi ha ucciso Chiara Poggi?