Difesa, la capacità produttiva europea è triplicata rispetto al 2021
- Postato il 12 agosto 2025
- Difesa
- Di Formiche
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L’industria della difesa europea sta attraversando la più ampia fase di espansione dalla fine della Guerra fredda. Secondo un report del Financial Times, i cantieri legati alla produzione di armamenti si moltiplicano a un ritmo tre volte superiore rispetto ai tempi pre-invasione dell’Ucraina, con oltre sette milioni di metri quadrati di nuove infrastrutture attualmente in costruzione. L’analisi del FT, basata su più di mille rilevazioni radar satellitari, fotografa una realtà in trasformazione e registra 150 siti industriali di 37 aziende monitorati, un terzo dei quali mostra segni evidenti di lavori in corso. Dai 790mila metri quadrati di aree industriali in Europa destinate alla produzione di equipaggiamenti militari nel biennio 2020-2021, si è passati a 2,8 milioni nel periodo 2024-2025.
Una riconfigurazione produttiva
L’espansione non riguarda soltanto la quantità, ma anche la geografia e la struttura produttiva. In Ungheria occidentale, a Várpalota, è in fase avanzata la costruzione di un impianto per munizioni ed esplosivi, frutto della joint venture tra Rheinmetall e la statale N7 Holding. In Germania e Polonia, investimenti pubblici e privati stanno potenziando le linee di assemblaggio per missili e sistemi d’artiglieria, mentre in Francia e nei Paesi nordici cresce la capacità produttiva di propellenti e componenti elettronici per le munizioni di precisione. Il quadro che emerge è quello di una catena industriale europea che si sta riorganizzando per settori di specializzazione, con alcuni Paesi focalizzati sulla produzione “di volume” e altri su segmenti ad alto contenuto tecnologico.
Il ruolo della politica industriale
Strumenti come l’Edirpa e il Fondo Europeo per la Difesa stanno contribuendo a coordinare parte degli investimenti, incentivando programmi congiunti di approvvigionamento e sviluppo. Tuttavia, la distribuzione dei progetti riflette ancora un’impostazione spiccatamente nazionale dei singoli processi di riarmo. La Polonia, ad esempio, privilegia impianti interamente sotto controllo statale, mentre altri Paesi puntano su partnership transfrontaliere per sfruttare le economie di scala e ridurre i tempi di consegna.
L’effetto combinato è un aumento della resilienza produttiva, ma con il rischio di duplicazioni e standard tecnici divergenti, che in prospettiva potrebbero ostacolare la futura interoperabilità tra le Forze armate dei diversi Paesi membri.
Colli di bottiglia e capacità di risposta
La spinta alla costruzione di nuove infrastrutture nasce anche dall’urgenza di superare i colli di bottiglia più critici: la produzione di polveri da sparo e di propellenti solidi per missili, la lavorazione di metalli ad alta resistenza e la disponibilità di manodopera specializzata. Secondo William Alberque, senior adjunct fellow all’Asia Pacific Forum ed ex direttore del controllo armamenti della Nato, “una volta che inizi a produrre in massa proiettili, il flusso di metalli ed esplosivi semplifica e riduce i costi anche per la produzione di missili”. Si tratta, dunque, di un effetto a catena che abbassa le barriere tecniche e velocizza le forniture.
Impatto economico e prospettive future
Questa riconversione industriale ha anche un impatto diretto sull’economia delle aree coinvolte: migliaia di nuovi posti di lavoro, domanda crescente di tecnici e ingegneri specializzati, filiere locali che si integrano nei processi produttivi. In prospettiva, l’Europa potrebbe disporre entro pochi anni di una base industriale della difesa più ampia, capace di sostenere contemporaneamente il rifornimento a Paesi partner e la ricostituzione degli arsenali nazionali.
Tuttavia, la sostenibilità di questa espansione richiederà continuità negli investimenti, coordinamento strategico e attenzione ai colli di bottiglia tecnologici. Nel frattempo, l’attuale spinta produttiva rappresenta indubbiamente un cambio di paradigma, dall’ottimizzazione “just-in-time” dei tempi di pace a un modello di capacità industriale permanente, in grado di rispondere anche a crisi prolungate. Infine, i pronostici futuri non potranno non tenere conto dei diversi ritmi — nonché delle diverse sensibilità sul tema del “riarmo” — che caratterizzano i Paesi europei.