Disastro di Pioltello, le motivazioni delle assoluzioni dei capi Rfi: “Non provate carenze nella gestione della sicurezza”
- Postato il 25 agosto 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Il processo non ha “consentito di accertare, al di là di ogni dubbio ragionevole, le ipotizzate carenze nel sistema di gestione della sicurezza ferroviaria imputate” all’ex amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile, “alla luce del suo ruolo e delle sue prerogative” all’interno della società. Lo scrive il Tribunale di Milano nelle motivazioni della sentenza che il 25 febbraio ha assolto otto imputati, tra cui Gentile e la stessa società che gestisce la rete ferroviaria, per il disastro ferroviario di Pioltello (Milano), dove a gennaio 2018 il regionale di Trenord Cremona-Milano Porta Garibaldi deragliò uccidendo tre donne (Giuseppina Pirri, Pierangela Tadini e Ida Maddalena Milanesi) e causando lesioni, fisiche e psicologiche, a oltre duecento persone.
Per i giudici, la strage è “riconducibile esclusivamente alla rottura” di un giunto usurato, la cui “difettosità” era stata “tempestivamente rilevata dagli operatori della manutenzione”. E questo aspetto, secondo il Tribunale, “comporta già l’irrilevanza di tutte le contestazioni addebitate a Gentile” in relazione alla “politica di gestione della sicurezza in Rfi condotta nella qualità di amministratore delegato”. Per questo l’unico condannato, a cinque anni e tre mesi, è stato l’ex capo dell’Unità manutentiva di Brescia di Rfi, Marco Albanesi, giudicato responsabile della “colposa sottovalutazione del rischio, a lui noto, di rottura del giunto”. Nel febbraio 2022, per lo stesso motivo, aveva patteggiato quattro anni anche Ernesto Salvatore, ex responsabile del Nucleo manutentivo lavori di Treviglio.
I sostituti procuratori Leonardo Lesti e Maura Ripamonti, con l’aggiunta Tiziana Siciliano, chiedevano invece altre cinque condanne, tra cui quella di Gentile a otto anni e quattro mesi. Secondo i pm, quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di “omissioni” nella manutenzione e nella sicurezza, “scelte riconducibili”, scrivevano in una memoria depositata a processo, “alla cosiddetta Alta direzione della società”, e quindi “attribuibili direttamente ai suoi vertici“. Nella ricostruzione dell’accusa, inoltre, i dirigenti erano responsabili di non aver disposto un rallentamento della circolazione su quel tratto, che, nell’impossibilità di sostituire tempestivamente tutti i giunti, avrebbe ridotto la probabilità di morte e lesioni in caso di incidente.
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