Donald Trump e il Nobel per la Pace: sarebbe il quinto presidente Usa. Ecco i precedenti
- Postato il 9 ottobre 2025
- Di Panorama
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In vista dell’annuncio del Nobel per la Pace 2025, la candidatura di Donald Trump riaccende il dibattito sui precedenti premi assegnati a presidenti americani, spesso accompagnati da polemiche.
Il 10 ottobre il comitato di Oslo annuncia il Premio Nobel per la Pace 2025, il più politico e discusso tra i riconoscimenti assegnati ogni anno. L’attenzione è volta a una possibile vittoria di Donald Trump. L’ipotesi di un Nobel per la Pace al Presidente americano divide osservatori e opinione pubblica. I sostenitori ricordano i progressi diplomatici in Medio Oriente e il fatto che durante il suo mandato non siano scoppiati nuovi conflitti. I critici, invece, sottolineano la retorica aggressiva, il ritiro dagli accordi sul clima di Parigi e le tensioni con Iran, Cina e Corea del Nord. Se il Comitato per il Nobel dovesse effettivamente premiare l’ex presidente, si tratterebbe dell’ennesimo caso in cui il riconoscimento a un leader statunitense suscita controversie.
Dall’inizio del Novecento a oggi, quattro presidenti degli Stati Uniti – più un vicepresidente e un segretario di Stato – hanno ricevuto il Nobel per la Pace. In molti casi, le motivazioni ufficiali si sono intrecciate con valutazioni geopolitiche e ideologiche. Ma andiamo in ordine cronologico.
I Nobel americani nel Novecento
Theodore Roosevelt (1906) fu il primo presidente americano a ricevere il premio, per la mediazione nella guerra russo-giapponese. Il negoziato di Portsmouth segnò l’ingresso degli Stati Uniti come potenza diplomatica globale. Ma la sua politica estera restò legata al principio del “parla dolcemente, ma impugna un grosso bastone”: la diplomazia come facciata dell’espansionismo americano.
Woodrow Wilson (1919) venne premiato per la fondazione della Società delle Nazioni, vale a dire il primo tentativo di costruire un ordine internazionale basato sul diritto e sulla cooperazione. Tuttavia, gli Stati Uniti non aderirono mai all’organismo da lui stesso ideato: il Senato respinse la ratifica, rendendo quel Nobel più simbolico che operativo.
Henry Kissinger (1973), da segretario di Stato, divenne il volto della realpolitik americana. Ricevette il premio insieme al negoziatore vietnamita Le Duc Tho per gli accordi di Parigi che avrebbero dovuto chiudere la guerra del Vietnam. La pace, però, durò pochi mesi: Le Duc Tho rifiutò il premio e Kissinger restò associato ai bombardamenti in Cambogia e Laos e al golpe in Cile.
I Nobel americani nel Duemila
Jimmy Carter (2002), vent’anni dopo la sua presidenza, ricevette il Nobel per l’attività di mediazione e cooperazione internazionale del suo Carter Center. Il riconoscimento arrivò durante la “guerra al terrore” di George W. Bush e fu interpretato da alcuni come un gesto politico più che un premio per risultati specifici.
Al Gore (2007), ex vicepresidente di Bill Clinton, vinse insieme all’IPCC per la sensibilizzazione sul cambiamento climatico. Il documentario An Inconvenient Truth lo rese un simbolo globale, ma non mancarono critiche per semplificazioni scientifiche e per il tono politico del premio, visto da molti come una presa di posizione contro la Casa Bianca.
Barack Obama (2009), infine, venne premiato “per i suoi straordinari sforzi nel rafforzare la diplomazia internazionale e la cooperazione tra i popoli”. Ricevette il Nobel nove mesi dopo il suo insediamento. Il riconoscimento arrivò proprio mentre le truppe americane erano ancora impegnate in Afghanistan e mentre iniziava la campagna dei droni in Pakistan e Yemen. Obama stesso ammise che il premio arrivò “troppo presto”.
Un riconoscimento sempre politico
Dal pragmatismo di Roosevelt all’idealismo di Wilson, fino alla diplomazia simbolica di Obama, il Nobel per la Pace assegnato ai leader americani ha spesso riflesso le aspettative globali verso gli Stati Uniti più che i risultati concreti. Una specie di concorso di bellezza dove la giuria è un panel geopolitico. E il vincitore è colui che riscuote la maggiore popolarità internazionale.
Se il Nobel per la Pace 2025 dovesse davvero andare a Donald Trump, si inserirebbe senza dubbio nell’ormai storica tradizione di premi controversi.