Donne d’impresa: Clara Munarini ovvero la difficile impresa di fare l’Arbitra di Rugby

  • Postato il 14 settembre 2025
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Donne d’impresa: Clara Munarini “Arbitra Italiana” ovvero La difficile impresa di fare l’Arbitra di Rugby.

Clara Munarini nata a Parma sotto il segno del capricorno classe 1989, laureata a Bologna in Economia e poi impiegata in una ditta di logistica. Ma se si ha l’occasione di poterla guardare oggiin azione durante una partita di rugby, ci si chiede perplessi: cosa ci sta a fare quel topino di donnain campo in mezzo a quel tourbillon di atleti tanto più grossi di lei?
Nonostante Clara in realtà sia alta un metro e settanta e si distingua per una certa grinta e fermezza, la risposta è evidente: è proprio lei che riesce in sintonia con la squadra a caricare sulle sue spalle lo stress dei giocatori che si affannano nella loro corsa per arrivare ùvittoriosi alla meta!

Clara Munarini è la prima donna italiana che nell’ Aprile 2021 fu designata arbitro in un incontro Top 10 maschile, cosa rarissima nel nostro Paese: mai successo prima. Nell’ Aprile 2022 è sempre lei che ha potuto dirigere la finale di Coppa Italia, prima donna ad arbitrare una finale senior maschile.

La sua carriera arbitrale e l’attività internazionale è consolidata nonostante la sua giovane età grazie ai suoi straordinari successi ottenuti sul campo. Si definisce arbitra al femminile e giustamente riesce anche a trasmettere questo suo amore per una carriera così speciale ma anche così difficile. Si sa, che in particolare il rugby è uno sport che si pratica e si vive in un ambiente tipicamente maschile.

Le donne che lo praticano in Italia, sono sempre state viste con un occhio di curioso interesse anche se non sempre sono state considerate quanto lo sono invece i loro colleghi maschi. Clara Munarini dice di essere arrivata a fare l’arbitra per caso, ma non è sicuramente un caso la sua passione per questo sport della palla ovale.

Per lei arbitrare uomini o donne pare sia la stessa cosa, anzi in qualche intervista aveva già confessato che forse era più facile arbitrare gli uomini. È lei che è diventata oggi, il vero punto di riferimento per l’arbitraggio perfino in Nord America conquistandosi un ruolo anche di figura mediatica molto attiva nella promozione del ruolo arbitrale nelle future nuove generazioni. Determinata, seria e con delle forti basi etiche, Clara fa della sua passione per il rugby la sua speciale carriera professionale a dispetto degli studi di economia. Sicuramente non ci possono essere altri hobby per lei perché il rugby è una passione che non lascia spazio ma per saperne qualcosa di più della sua vita le abbiamo chiesto:

Dottoressa in Economia ma in realtà votata soltanto allo sport: come mai aveva intrapreso degli studi così diversi dalla sua reale passione?

Non saprei dire per quale ragione ma non ho mai pensato da giovane di poter fare dello sport il mio lavoro, nonostante la passione che ho sempre avuto per tutto ciò che preveda una competizione in pista, in campo, in piscina.

Col senno di poi posso dire che mantenere due strade separate tra lavoro e hobby, per quanto quest’ultimo sia diventato qualcosa di più e si vivano momenti non semplici per far quadrare tutto, giovi al proprio equilibrio interiore perché permette di staccare dall’uno e dall’altro a ritmi alterni.

Quale il suo segreto per poter gestire in campo tutto lo stress che si può condividere anche solo guardando i giocatori della squadra?

Credo sia un mix di tre elementi, e che non ci si possa mai considerare completamente “arrivati”:

• la predisposizione, o vocazione come mi piace dire, che rende più semplice per qualcuno scrollarsi di dosso la fastidiosa consapevolezza di aver sbagliato o di essere sempre sotto una lente di ingrandimento
• l’abitudine, perché la mente è in grado di adattarsi e di assorbire con sempre più facilità lo stress se vi si sottopone spesso, anche solo per un semplice meccanismo di difesa
• la preparazione, perché ciò che crea stress non è la partita in sé, ma la sensazione (a volte aderente alla realtà) di non essere pronti a gestire gli scenari con il giusto timing e decision making
Il grado di consapevolezza e di fermezza che si riesce a raggiungere studiando(si) pre e post gara riduce di molto lo stress.

Quale spazio può avere un marito e una famiglia nella sua vita?

Non è un pensiero presente nell’orizzonte temporale a breve-medio termine, anche se in questi casi mai dire mai…se accadrà, sicuramente bisognerà rivedere il planning settimanale, mensile e annuale per fare un po’ di spazio. Trovo molto sano, comunque, che tra partner ci si supporti e che quindi non si sia mai costretti a fare scelte o rinunce drastiche, se siamo quello che siamo è anche per merito delle passioni che ci animano.

C’è un progetto futuro di vita professionale oltre al successo che ha già ricevuto come arbitra? Quale la difficoltà più grande che ha affrontato nel suo percorso lavorativo?

Per ora la priorità è stata trovare e mantenere l’equilibrio cui accennavo prima tra lavoro e rugby, quando e se calerà l’intensità del secondo probabilmente avrò più tempo ed energie da impiegare e ragionerò sul futuro con più calma. Senza dubbio la difficoltà più grande è stata intraprendere, rinunciando ad altro, una strada professionale che in un dato momento non sentivo completamente “mia” ma che mi avrebbe permesso di portare avanti più agevolmente la carriera arbitrale, è stata una decisione non semplice (ma, a posteriori, posso dire vincente).

Ha mai rimpianto di non essere nata uomo?

Mai, e nemmeno ci ho mai pensato. Non sono incline a questo genere di fantasticazioni, e inoltre penso che essere donna, anche nelle difficoltà che comporta, dia più modo di sviluppare un pensiero critico rispetto a certe tematiche. Sono abbastanza convinta che da uomo non mi sarei posta alcune domande, o perlomeno sarebbe stato più difficile/improbabile scontrarcisi, domande che mi hanno fatta crescere e maturare e senza le cui risposte forse oggi sarei meno consapevole della realtà che mi circonda.

Nel mondo ha sicuramente incontrato altre arbitre: C’è una vera sintonia o una rete tra voi nei vari Paesi?

Confermo. Noi arbitre, siamo molto competitive, gareggiamo tutte per arbitrare “La Finale”, ma è una competizione sana, improntata all’analisi della propria performance prima che di quella altrui.Ci si aiuta, ci si confronta, ci si ispira a vicenda. Sostengo con forza questa cultura sportiva, nessuna frustrazione personale deve incrinarla, la prima domanda da porsi quando non si raggiunge un obiettivo è “cosa avrei potuto fare meglio?”.

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Autore
Blitz

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