Dove finiscono le armi che gli diamo? – Panorama in edicola

  • Postato il 26 novembre 2025
  • Di Panorama
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L’editoriale del direttore: «Più che agenti, serve certezza della pena»

Milena Gabanelli sostiene che, nonostante le nuove assunzioni di agenti, l’organico delle forze dell’ordine resterà comunque insufficiente e che pene più severe non servono se poi non vengono applicate. L’articolo replica che il vero problema non è il numero di poliziotti, poiché l’Italia ne ha già più di molti Paesi europei, ma l’incapacità del sistema giudiziario e legislativo di far rispettare le pene: arrestati che vengono subito liberati, reati “minori” depenalizzati, norme che richiedono la querela della vittima per procedere. La sicurezza, conclude, dipende meno dalle assunzioni e più dal rendere efficaci le sanzioni e dal restituire autorità agli agenti.


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La copertina: Dove finiscono le armi che gli diamo?

La guerra in Ucraina è segnata da corruzione diffusa, soprattutto sulle forniture militari occidentali: armi sparite, tracciamenti mancati, mazzette e contratti fantasma. Kiev ammette che quasi mezzo milione di armi portatili è svanito e Washington ha perso traccia di oltre 1 miliardo di dollari di equipaggiamenti. Intanto l’Ucraina affronta un crollo degli arruolamenti, diserzioni record e reclutamenti aggirati pagando mazzette. Lo sfaldamento sociale coincide con scandali politici e una fuga di giovani all’estero. Anche il sostegno militare occidentale cala, mentre vari rapporti internazionali avvertono del rischio che un mercato nero di armi diventi un problema a lungo termine in Europa e Medio Oriente.

Economia – il conflitto lo paghiamo in bolletta

La guerra in Ucraina ha fatto esplodere la crisi energetica europea, nata già nel 2021 quando la Russia iniziò a tagliare i flussi di gas. Con l’invasione, l’Ue ha dovuto competere sul mercato globale del GNL e i prezzi di gas ed elettricità hanno raggiunto livelli record. Tra 2021 e 2024 l’Europa ha speso circa 1.600 miliardi di euro in extra-costi energetici e sussidi pubblici, con forti ricadute su inflazione, tassi d’interesse, bilanci statali e competitività industriale. L’Italia, molto dipendente dal gas russo, ha pagato un conto particolarmente salato.

Riforma giustizia – C’è chi dice sì

Sempre più magistrati autorevoli – da Di Pietro a Piero Tony, fino a D’Avino, Gustapane e Racanelli – si schierano a favore della separazione delle carriere e del sorteggio per il Csm, rompendo il fronte tradizionalmente contrario dell’Anm. Secondo loro, la riforma è necessaria per ridurre il potere delle correnti, aumentare la responsabilità disciplinare e rafforzare la terzietà dei giudici. Anche figure di altissimo profilo come Barbera, Mirabelli e Cassese sostengono che il cambiamento sia ormai inevitabile.

Esteri – DEM prigionieri della sindrome di New York

Il Partito democratico americano è attraversato da una guerra civile interna tra ala centrista e ultra-progressista, acuitasi dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca. Le vittorie di figure radicali come Zohran Mamdani e Katie Wilson, insieme allo scontro sullo shutdown, hanno mostrato divisioni profonde e indebolito la leadership di Chuck Schumer, contestato dai suoi. I candidati in vista per il 2028 (Shapiro, Newsom, Pritzker, Walz) stanno prendendo le distanze dal radicalismo per recuperare la working class della Rust Belt, che ha abbandonato i dem su temi come immigrazione, transizione energetica e politiche woke. Intanto, Trump sfrutta l’ascesa dei radical progressives per accusare il partito di estremismo. Risultato: i democratici non crescono nei sondaggi, restano marginali nel dibattito politico e faticano a ritrovare una linea capace di riconquistarli il Paese.

Autore
Panorama

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