Durov, ceo di Telegram, accusa: “La Francia mi ha chiesto di censurare i conservatori in Romania”

  • Postato il 19 maggio 2025
  • Di Panorama
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Mentre in Romania stavano per chiudere i seggi elettorali per le elezioni presidenziali, Pavel Durov, fondatore e proprietario di Telegram, nota piattaforma di messaggistica online, annunciava su X di essersi rifiutato di accondiscendere alle richieste del governo francese affinché la sua piattaforma oscurasse le voci non gradite all’Europa.

In un successivo post, Durov ha spiegato nel dettaglio le richieste del governo francese: «Questa primavera, al Salon des Batailles dell’Hôtel de Crillon, Nicolas Lerner, capo dell’intelligence francese, mi ha chiesto di vietare le voci conservatrici in Romania prima delle elezioni. Ho rifiutato. Non abbiamo bloccato i manifestanti in Russia, Bielorussia o Iran. Non inizieremo a farlo in Europa».  

Non è la prima volta che Durov ha rapporti conflittuali con le autorità francesi. Nell’agosto dell’anno scorso il Ceo di Telegram era stato arrestato all’aeroporto di Le Bourget, vicino a Parigi. Le accuse mossegli includevano ben dodici capi d’accusa, legati alle attività criminali, che, ha detta delle autorità francesi, verrebbero facilitate da Telegram a causa dei bassi controlli applicati.

La vicenda giudiziaria di Durov, unita alle sue recenti e gravi accuse nei confronti delle autorità francesi, che avrebbero chiesto allo stesso di censurare arbitrariamente voci scomode senza alcun tipo di ragione valida, mettono ancora una volta in mostra la delicatissima congiuntura storica in cui viviamo. All’esplosione “libertaria” del primo internet stanno facendo seguito strumenti di controllo e censura sempre più fini e invisibili.

Per dirla con le parole di Durov, che fuggì dalla Russia nel 2014 proprio per essersi rifiutato di aiutare il governo a censurare i dissidenti, «non si può “difendere la democrazia” distruggendola. Non si può “combattere l’interferenza elettorale” interferendo con le elezioni. O si ha libertà di parola ed elezioni libere, oppure non si hanno». Il confine fra privacy e sicurezza nazionale è sempre più sfumato, mentre i sistemi informatici (e più in generale la tecnologia di settore) sempre più complessa.

Sentito da Panorama, Alessandro Curioni, fondatore di “DI.GI Academy” ed esperto di Information Security e Cybersecurity, ci ha aiutato a comprendere meglio il complesso rapporto che intercorre fra libertà e censura nel mondo dell’informazione social: «Diciamo che un certo tipo di censura è implicita in gran parte dei sistemi e servizi del web. Con questo intendo dire che Google e tutti i social network, per esempio, tendono a offrirci contenuti che siano “adatti” e in linea con i nostri interessi e opinioni. Una situazione che finisce per escludere dalla nostra conoscenza un’enorme quantità di informazioni».

Il famoso “algoritmo”, presente sui vari social network e nei motori di ricerca, cercherà infatti di mostrare contenuti simili a quelli da noi già visionati, con il forte rischio di creare una “bolla informativa” all’interno della quale ciascuno di noi visiona solamente informazioni e prodotti a lui congeniali.

«A questa che potremmo definire autocensura si aggiunge quella effettuata dagli stessi operatori del web, per vincoli normativi o di interesse specifico. Vi è poi un terzo livello rappresentato da strutture di potere, a partire dagli Stati, che intervengono, come nel caso delle autorità francesi con Durov e Telegram, in funzione di interessi nazionali e strategici. Da sempre la censura tenta di orientare il consenso, quello che è cambiato nella società dell’informazione è la scala su cui questo avviene, che è diventata globale».

Non si può comprendere l’ossessione dei governi per la cybersicurezza senza avere in mente un fatto: «Da sempre gli Stati hanno avuto il controllo di tutte le tecnologie rivoluzionarie. Il trasporto ferroviario e l’aereo nascono sotto l’egida statale, così come l’elettrificazione, le telecomunicazioni e il nucleare. Al contrario, le tecnologie dell’informazione sono nate nel privato e lì sono cresciute, per giunta, la loro natura globale ha minato il fondamento stesso della sovranità nazionale, ovvero il concetto di territorialità».

È anche con questa chiave di lettura che si può meglio comprendere “l’ossessione” degli stati per il controllo del traffico online. «Complice l’ascesa dei principali operatori informatici a un ruolo che non è più quello di semplici aziende, i governi hanno compreso che la sicurezza nazionale non poteva prescindere da un rapporto con questi nuovi attori», il rapporto può anche essere conflittuale, come nel caso della vicenda legata a Telegram.

«Questa necessità, combinata alla proprietà delle tecnologie da parte di aziende private, ha reso improvvisamente ben visibile quell’esercizio del potere che gli Stati hanno sempre svolto nel tentativo di mantenere la loro presa sul corpo sociale. È uno dei risvolti di quello che oggi viene definito come capitalismo della sorveglianza».

Appurato il grandissimo potere derivato dal controllo dei moderni mezzi di comunicazione del mondo online, non resta che sciogliere un dubbio: l’informazione online (che sia su social, siti web o app di messaggistica) è oggi il più potente mezzo di comunicazione disponibile, chi controlla l’informazione e la “narrazione” controlla il mondo?

Curioni su questo è chiaro: «Direi che chi controlla l’informazione crea la narrazione, quindi se vogliamo è una situazione ancora più radicale. L’informazione per sé stessa non è narrazione. Quest’ultima richiede un ritmo, uno scandirsi nel tempo, un punto di partenza e uno di arrivo. Quindi lavora a un livello molto profondo sulle persone e, almeno da un certo punto vista, chi crea la narrazione effettivamente controlla almeno una parte del mondo, di solito quella che gli interessa».

La conseguenza è ovvia: «Viviamo in un mondo in cui tra le tante nuove forme di conflitto emergenti (cyber, normativi, ibridi) si sta manifestando anche la “guerra narrativa”, che degnamente succede alla ben nota “guerra delle informazioni”, in cui la storia e le storie non avvengono, ma sono prodotte da una parte per poi essere distorte dall’altra».

Autore
Panorama

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