“E’ crollato un muro, ci sono dei morti…”: la carcarese Stefania Berretta era all’Heysel, il ricordo a 40 anni dalla tragedia

  • Postato il 29 maggio 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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targa strage heysel

Carcare. Sono passati quarant’anni da quel 29 maggio 1985, quando la finale di Coppa dei Campioni tra il Liverpool e la Juventus, disputata a Bruxelles nello stadio Heysel, restò nella storia non solo per la prima vittoria della squadra torinese, ma soprattutto per la strage che si consumò prima del fischio di inizio, nella quale morirono 39 persone e seicento rimasero ferite.

Quella notte, tra gli spalti, a tifare la magica Juve dei leggendari Tacconi, Cabrini, Scirea, Tardelli, Rossi e Platini, c’era anche una carcarese, la giornalista Stefania Berretta, allora adolescente. “Dopo quella notte, sono tornata diverse volte a Bruxelles, ma non sono mai tornata all’Heysel” – commenta – Ero ragazzina, allo stadio con mia mamma e lo Juventus Club Savona, per la finale di Coppa dei Campioni. Prima di entrare nello stadio, per le vie della città, si respirava un clima di attesa, si vedevano molti inglesi esagitati e probabilmemte ubriachi, ma nulla che facesse pensare a ciò che poi accadde. Dopo, niente cellulare, né smartphone allora, impossibile sapere, capire cosa stesse succedendo nella curva opposta, perché tutte quelle persone cercassero di entrare in campo, perché l’altoparlante continuasse a chiamare nomi italiani cercati da figli e parenti. Poi la notizia cominciò a circolare: è crollato un muro, ci sono dei morti. Il pensiero subito a chi era a casa, davanti alla tv, chissà la preoccupazione. Ma non c’era possibilità di avvisarli, di uscire e cercare un telefono. Poi la partita, la Coppa, l’uscita dallo stadio, il pullman, l’hotel. E tutti attaccati al telefono per rassicurare casa, dopo ore di angoscia. E noi le uniche a riuscire a prendere la linea, avvisa anche gli altri, stiamo tutti bene. Noi sì, tutti bene. Ma solo per caso. Avevamo i biglietti dalla parte “giusta”, al riparo dalla furia degli hooligans”.

Secondo le ricostruzioni a posteriori, gli ultras inglesi sostennero di aver caricato più volte a scopo intimidatorio, ma i semplici spettatori, juventini e non, impauriti anche per il mancato intervento e l’assoluta impreparazione delle forze dell’ordine belghe alla situazione, che paradossalmente ostacolavano la fuga degli italiani verso il campo manganellandoli, furono costretti ad arretrare, ammassandosi contro il muro opposto al settore della curva occupato dai sostenitori del Liverpool. Nella grande calca che venne a crearsi, alcuni si lanciarono nel vuoto per evitare di rimanere schiacciati, altri cercarono di scavalcare gli ostacoli ed entrare nel settore adiacente, altri ancora si ferirono contro le recinzioni. Il muro a un certo punto crollò per il troppo peso e numerose persone rimasero schiacciate, calpestate dalla folla e uccise nella corsa verso una via d’uscita, per molti rappresentata da un varco aperto verso il campo da gioco.

Stefania ha sempre vissuto la sua fede bianconera seguendo la squadra del cuore in molte trasferte importanti. Per anni è stata tesserata del Club savonese con cui era solita tifare al “Delle Alpi” di Torino le partite di campionato, tra gioie e dolori, ma sempre con lo stesso spirito sportivo. “Quella tragedia non si dimentica, anche se sono passati tanti anni. Fortunatamente non mi sono accorta di nulla mentre ero allo stadio, se però penso all’angoscia di chi era a casa e vedeva quelle scene strazianti alla tivù, mi si gela il sangue. Di sicuro una brutta pagina della storia del calcio, nemmeno alleviata dalla vittoria della Juve che, dopo la carneficina, si è portata a casa la Coppa”.

Autore
Il Vostro Giornale

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