“E’ morta a 117 anni senza avere malattie e con un corpo di 100, il suo segreto? I geni, ma anche lo yogurt”: la storia di Maria Branyas Morera, la donna che ha sfidato le leggi della biologia
- Postato il 7 ottobre 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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E’ possibile raggiungere un’età estremamente avanzata senza che il cervello necessariamente inizi a perdere colpi o che le consuete malattie di accumulino. Ne è stata una prova vivente Maria Branyas Morera, la persona più anziana del mondo che, prima di morire l’anno scorso, aveva soffiato ben 117 candeline. Ora un team di medici dell’Istituto di ricerca spagnolo Josep Carreras ha eseguito una serie completa di esami, scoprendo che, sebbene il suo corpo mostrasse chiari segni di estrema vecchiaia, una serie di fattori biologici l’hanno protetta da quelle malattie che normalmente affliggono le persone negli ultimi anni della loro vita. I risultati delle analisi dei ricercatori spagnoli sono stai pubblicati sulla rivista Cell Reports Medicine. “La regola comune è che invecchiando ci ammaliamo di più, ma lei era un’eccezione e volevamo capirne il motivo”, racconta Manel Esteller del Josep Carreras Leukemia Research Institute di Barcellona. “Per la prima volta, siamo riusciti a distinguere l’essere anziani dall’essere malati”, aggiunge. Negli anni precedenti la sua morte, Branyas ha invitato i medici a studiarla per scoprire perché avesse raggiunto un’età così avanzata. Nata a San Francisco nel 1907, Branyas si è trasferita in Catalogna nel 1915 ed è sopravvissuta a due guerre mondiali, alla guerra civile spagnola e alla pandemia di Covid, guarendo dal virus alla veneranda età di 113 anni.
Per ricostruire un quadro dettagliato della sua biologia, Esteller e i suoi colleghi hanno analizzato campioni di sangue, saliva, urina e feci raccolti un anno prima della morte di Branyas. I test hanno approfondito la sua genetica e il grado di attivazione e disattivazione dei diversi geni; la varietà e i livelli di proteine nel suo sangue, i prodotti di degradazione derivanti dalle reazioni nel suo organismo e la diversità dei microbi nel suo intestino. Tra le numerose scoperte, i ricercatori hanno rilevato che i telomeri di Branyas, i “cappucci” protettivi posti alle estremità dei cromosomi, erano eccezionalmente corti, un chiaro segno di vecchiaia nelle sue cellule. Anche il suo sistema immunitario ha mostrato segni di vecchiaia, ed è risultata incline alle infiammazioni. La donna aveva anche acquisito mutazioni che portano alla leucemia. Ma Branyas era apparentemente ben protetta. I telomeri si accorciano ogni volta che le cellule si dividono, e i suoi erano così corti che, secondo Esteller, potrebbero averla protetta dal cancro limitando la quantità di cellule malate che continuavano a dividersi. Un’analisi più attenta del suo DNA ha rivelato varianti genetiche che hanno offerto protezione alle sue cellule cardiache e cerebrali da malattie e demenza. La donna presentava anche bassi livelli di infiammazione in tutto il corpo, il che potrebbe aver ridotto il rischio di cancro e diabete, e un efficiente metabolismo del colesterolo e dei grassi. “Tutti questi fattori sono fondamentali perché sono collegati a malattie tipiche delle persone anziane e che alla fine ti uccidono”, sottolinea Esteller.
Il team di ricercatori ha poi focalizzato la sua attenzione agli orologi epigenetici, che analizzano i modelli di espressione genica, per valutare l’età biologica di Branyas. “Era almeno 10-15 anni più giovane” della sua età cronologica, dice Esteller. Anche il suo microbioma intestinale è risultato molto giovane per la sua età, con un’abbondanza di Bifidobacterium, anch’esso considerato benefico per la salute. Tuttavia, la sua lunga vita sembra non sia dipesa solo alla genetica. Branyas non era sovrappeso, mangiava molto yogurt e non fumava e né beveva. Aveva una buona vita sociale, con amici e familiari nelle vicinanze. Tutto questo, secondo i ricercatori, l’ha aiutata sicuramente. La speranza ora è che questa ricchezza di informazioni aiuti gli scienziati a sviluppare nuovi trattamenti per mantenere le persone in salute in età avanzata. “Possiamo sviluppare farmaci per riprodurre gli effetti dei geni buoni”, sottolinea. “I genitori di Maria le hanno trasmesso ottimi geni, ma non possiamo scegliere i nostri genitori”, conclude.
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