Ed Sheeran gioca in un altro torneo e il suo live è una lezione: con le canzoni fa la differenza (200 milioni di dischi non li vendi per caso) – Il video con Ultimo
- Postato il 15 giugno 2025
- Musica
- Di Il Fatto Quotidiano
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Gioca in un altro torneo. E forse non finirebbe a zero punti nel girone di Paul McCartney, Stevie Wonder, Van Morrison, Eminem, Brian Wilson. Certo, si fa fatica a pensare, oggi, al dono della Musicalità Assoluta. Ma Ed Sheeran la possiede, e pare anacronisticamente prodigioso che uno così debba essere ricompreso nel catalogo del Pop contemporaneo, altrimenti miserando. Il suo Mathematics Tour – già oltre i 650 milioni di dollari di incasso – è una lezione per tanti nani da giardino che se la tirano dopo un paio di successi tra dowload pompati, tatuaggi, catcalling, e arrangiamenti che verrebbero meglio con l’intelligenza artificiale. Il ragazzo di Halifax ha portato all’Olimpico il suo live monumentale, il necessario gigantismo da festa di inizio estate in uno stadio: però anche senza fuochi d’artificio, schermi a forma di plettro e quel palco che ruotava al centro del prato come un vinile con lui sopra (lui e basta, la band era seminascosta nelle adiacenze), gli sarebbero bastate la sua chitarrina e poche carabattole – le loop station dove però “nulla è registrato”, ha precisato – per miracol mostrare.
Sheeran è uno di quei geni che con le canzoni marcano la differenza. La grana è che ne nascono solo uno o due per generazione. Con quella faccia che da adolescente sarebbe stata perfetta per uno spot antibrufoli, da nerd della sei corde, si è preso i 79mila (moltissimi stranieri) della notte romana inducendoli a intonare tutto quel che passava dal microfono, in un one-man show naturale, come un Coldplay zippato che fa da solo: se quell’energia pulita, quella joie de vivre fosse sfruttabile avremmo salvato il pianeta. Non vendi 200 milioni di dischi per caso, anche se il destino potrebbe confinarti a fare il busker a Leicester Square. Nelle sue affabulazioni on stage, Sheeran ha invece rivendicato la tostaggine di chi, adolescente, cantava “The A Team” nei pub e veniva ignorato, finché la gente non tornava lì proprio per ascoltarlo.
L’ha pure strimpellata l’altra mattina per strada, con il suo fan Alfa, ed è finita in un video social. Oppure, c’è da far caso alla data d’uscita di “You need me, I don’t need you”, una dichiarazione d’intenti contro l’industria discografica che voleva mettere la mordacchia alla sua creatività: è del 2009, qui Ed rappava come un satanasso. La cantabilità universale, che si impone nelle sue vecchie cose come nelle nuove: lo stop di “Sing” resta irresistibile dopo più di un decennio, “Shape of you” sarà una filastrocca assassina per l’eternità, il soul e l’R&B di “Dive” o di “Thinking out loud” ti strappano la pelle, la dedica all’amico scomparso Jamal Edwards è ancora una ferita in “Eyes closed”, il monito-a-se-stesso in “Bloodstream” (la volta in cui Ed si sballò oltre ogni limite con l’MDMA a Ibiza durante una festa di nozze) risuona severo nella sua vibrante levità; il mistero da gossip di “Tenerife Sea”, che per via del TS iniziale sembra un riferimento criptato a una sospetta love story con Taylor Swift non è stato mai risolto, e va bene così.
Quanto alle perle della collezione 2025, che faranno parte del prossimo album “Play” (uscita il 12 settembre), si intuisce che il Nostro voglia perlustrare sentieri obliqui, ma sempre con uno spirito up: vedi “Sapphire”, “Old Phone” e soprattutto il tormentone “Azizam”, l’amore con quel titolo in Farsi, che in una tenebra di missili da e verso Teheran acquista una risonanza segretamente inquieta. C’è tempo, nelle tre ore di set capitolino, anche per la prima assoluta di “Drive”: farà parte della colonna sonora del film “F1”, Ed imbraccia l’elettrica e spara un rock che è piombo fuso; l’ha scritta, non a caso, con John Mayer e Dave Grohl. E, come avevano scoperto i fan assistendo alle prove, oltre agli ospiti Tori Kelly e Myles Smith, l’onore della ribalta è stato concesso anche ad Ultimo, che ha duettato con Sheeran su “Piccola stella” (il romano l’aveva composta a 14 anni, il suo mito glie l’ha cantata) e su una versione in italiano di “Perfect”. Aldilà delle strategie dei management internazionali, l’inglese ha sottolineato la sua amicizia con l’italiano, che ora capitalizzerà il booster dell’investitura. Dai, ci può stare. Poi spetterà ad Ultimo giocarsela in chissà quale campionato.
Foto Alex Castelli.
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