Educazione sessuale a ogni età: la proposta del padre di Giulia Cecchettin non basta contro la violenza

  • Postato il 13 novembre 2025
  • Di Panorama
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Dice Matteo Salvini, e a ragione, che «è fondamentale che chi insegna ai nostri figli invece di portare in classe le ideologie gender e schifezze simili possa insegnare il rispetto, la buona educazione, i doveri, la Costituzione». E di certo la nuova norma sul consenso informato nelle scuole voluta da Giuseppe Valditara contribuirà a dare qualche tutela in più alle famiglie. Tuttavia la sensazione, non gradevolissima, è che qui non si riesca mai ad andare fino in fondo alle faccende capitali, che ci si debba fermare a metà per timore di esporsi troppo, di essere criticati ferocemente (cosa che comunque, a scanso di equivoci, avviene in ogni caso). Dal ddl in questione è stato tolto il divieto di portare l’educazione sessuale alle scuole medie, e il ministro dell’Istruzione ci tiene a rimarcare che «l’educazione sessuale, come ho sempre detto, continua e continuerà a essere insegnata nelle nostre scuole a tutti i livelli. L’educazione all’affettività non è minimamente toccata da questo disegno di legge, anzi siamo stati noi i primi a introdurla».

Ed è proprio questo il punto che lascia un filo perplessi. Viene da pensare che si stiano lasciando aperte delle porte che sono pronte a trasformarsi in portoni. E ci si domanda: perché arretrare? Chi si teme di irritare?

Per prenderla seriamente, sarebbe intanto il caso di dire che questa complicata matassa sessuo-affettiva non riguarda soltanto il cosiddetto gender. Certo, le teorie sulla inesistenza del binarismo sessuale sono totalmente assurde, dannose, nemiche del buonsenso e della biologia e non dovrebbero in alcun modo entrare in contatto con ragazzi e ragazze, tanto più se minorenni. Ma non sono le sole a essere discutibili.

Il guaio con l’educazione sessuale e con quella affettiva (che in teoria sono molto diverse ma in pratica difficilmente distinguibili) non è che facciano «diventare omosessuali i bambini», come qualche cretinetto sinistrorso ama sostenere per buttarla in vacca. Il fatto è che esse sono ripetutamente utilizzate per infilare nella testa dei più giovani idee che nel migliore dei casi sono decisamente discutibili e nel peggiore deleterie, anche se presentate con belle parole e sostenute da presunti luminari. Un esempio interessante lo ha fornito giusto ieri Gino Cecchettin, padre della povera Giulia uccisa da Filippo Turetta. Nel secondo anniversario della morte della ragazza, Cecchettin ha parlato alla commissione d’inchiesta sui femminicidi e ha pronunciato alcune frasi che meritano una riflessione.

Intendiamoci subito: Cecchettin ha tutto il diritto di andare ovunque, scuole comprese, a raccontare la terribile vicenda di cui, dopo sua figlia, è stato vittima. Ma egli non è soltanto un privato cittadino. È anche il creatore di una fondazione che ha firmato una intesa proprio con il ministero di Valditara per andare nelle classi e aiutare gli studenti ad «affermare la cultura del rispetto verso ogni persona e, in particolare, del rispetto verso le donne; affrontare e superare le criticità nelle relazioni di genere, sia nel contesto scolastico che in quello esterno; a contrastare ogni forma di violenza di genere, in particolare quella maschile sulle donne; a valorizzare relazioni paritarie e promuovere la capacità di gestire i conflitti in modo costruttivo e nonviolento; a trasmettere il valore del rispetto per ogni essere umano, della vita, della libertà e dell’autodeterminazione».

Capite bene che un conto è raccontare la propria storia, un altro formare i più giovani alle relazioni. È in questa prospettiva che le recentissime affermazioni di Cecchettin lasciano un filo interdetti. Egli ha dichiarato, per prima cosa, che l’educazione sessuo-affettiva andrebbe fatta a ogni età: «Parlo da genitore dell’importanza della famiglia e dei corsi di affettività nelle scuole, anche di più basso ordine. Io penso che l’educazione serva a partire dalla scuola dell’infanzia», ha detto ieri. «È chiaro che per ogni livello di scolarità servono le parole giuste la formazione giusta, ma certi concetti fondamentali che dovrebbero essere iniziati con l’educazione dei genitori si possono fare tranquillamente a scuola».

E quali sono questi concetti fondamentali? Forse quelli che Cecchettin ha espresso sempre ieri alla Stampa? Se così fosse, ci sarebbe da farsi venire più di un dubbio. Tra le altre cose, egli ha detto che la società italiana è «ancora patriarcale: lo raccontano i fatti di cronaca. È un concetto radicato nel linguaggio, negli stereotipi sessisti e negli usi delle persone. Dal punto di vista legislativo si è fatto abbastanza, ma l’humus educativo della nostra società fatica a distaccarsi dal modello del maschio dominatore».

Ma davvero? Peccato che illustri studiosi, a partire da Luca Ricolfi, sul patriarcato sostengano – dati alla mano – l’esatto contrario. E allora che cosa bisogna dire ai bambini delle scuole dell’infanzia, delle elementari e delle medie: che il patriarcato esiste oppure no? Che bisogna demolire gli «stereotipi di genere» e che i maschi crescono intrisi di una cultura oppressiva? Con tutto il rispetto per chi ha subito un lutto devastante, ci sia permesso di rifiutare con forza questa lettura.

Il problema dell’educazione sessuo-affettiva è esattamente questo: chi sono gli esperti titolati a insegnare come si devono costruire le relazioni? Quali concetti devono esprimere per essere giudicati idonei e autorevoli? Se le svalvolate sul gender sono inascoltabili e dannose, non lo sono di meno le assurdità post femministe sul patriarcato e la mascolinità tossica, le quali non risolvono il problema della violenza sulle donne, in compenso rischiano di creare problemi ai giovani maschi che sono già abbastanza fragili per i fatti loro.

Quando si sente parlare di educazione affettiva, dunque, non c’è per niente da stare tranquilli: anche se per miracolo si riuscisse a bandire il gender dalle scuole, sbarazzarsi dei luoghi comuni sulla mascolinità da decostruire è decisamente complicato. Per fare piazza pulita dell’ideologia occorre uno scatto ulteriore, e una bella dose di determinazione in più.

Autore
Panorama

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