Elezioni Coni, la vittoria di Buonfiglio è la sconfitta della politica: da Abodi a Barelli fino al governo Meloni
- Postato il 27 giugno 2025
- Sport
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Chi vince festeggia, chi perde spiega”: la frase cult di Julio Velasco, grande ct del volley e anche grande amico personale di Giovanni Malagò, calza a pennello anche per le ultime elezioni Coni. Il trionfo di Luciano Buonfiglio – che è il trionfo di Malagò e della casta, almeno per il momento (poi si vedrà se e quanto il nuovo presidente avrà voglia e forza per discostarsi dal vecchio corso) – evidentemente equivale alla sconfitta della politica.
Hanno perso tutti quelli che negli ultimi anni hanno fatto la guerra al capo del Coni costringendolo a ritirarsi, convinti che levato lui di mezzo sarebbe cambiata l’aria dentro al Comitato. Invece non è cambiato proprio nulla. Quindi ha perso innanzitutto il ministro Abodi, che ha difeso a oltranza la legge sui mandati e poi sposato con entusiasmo la candidatura di Luca Pancalli. Ha perso Paolo Barelli, capogruppo di Forza Italia, arcinemico di Malagò, che più di ogni altro ha tirato la volata a Pancalli. Un po’ meno Giancarlo Giorgetti, che pure Malagò non lo ama, ma con Buonfiglio ha un buon rapporto – almeno da quando il suo delfino Antonio Rossi ci ha fatto un accordo per un ticket alle ultime elezioni in FederCanoa, diventandone il vicepresidente (e ora probabilmente è destinato diventarne l’erede) -, e infatti è stato tra i primi a congratularsi. E poi ovviamente hanno perso i meloniani, che non vedevano l’ora di occupare il Foro Italico come hanno già fatto con Sport e Salute (con la vittoria di Pancalli la vicepresidenza sarebbe spettata a Juri Morico, presidente dell’ente Opes, vera costola di Fratelli d’Italia, e forse ci sarebbe stato anche un segretario generale di destra).
Così un minuto dopo la proclamazione, al governo e nell’opposizione degli anti-Malagò è partita l’analisi del voto. La caccia ai traditori, che avevano promesso di votare Pancalli (che era convinto di avere una decina di voti in più), e all’ultimo sono saltati dall’altra parte: ma quelli resteranno probabilmente nascosti nel segreto dell’urna. Più interessante soffermarsi sulle cause, i fattori che hanno indirizzato l’elezione. Il primo, senza dubbio, è l’accordo tra Buonfiglio e Carraro, diventato palese con la conferma come segretario generale di Carlo Mornati, che era appunto una risorsa dell’85enne terzo incomodo (Buonfiglio invece avrebbe voluto Alberto Miglietta, un altro boiardo federale): il Poltronissimo ha portato in dote quel pacchetto di voti, non tanti ma probabilmente decisivi per spostare gli equilibri.
Il secondo è la debolezza della candidatura di Luca Pancalli, che non piaceva quasi a nessuno, a manca e soprattutto a destra. I presidenti federali, che sono un’autentica casta, hanno preferito votare “uno di loro”, Buonfiglio, di cui si fidavano, mentre Pancalli viene percepito come un alieno. Ma nemmeno tra le fila del governo, a parte Abodi e Barelli, il profilo convinceva più di tanto: dentro Fratelli d’Italia ragionano per logica d’appartenenza, quasi militare, e non hanno capito perché il loro candidato dovesse essere un ex assessore di Ignazio Marino, un dirigente di area centrosinistra (e poco importa che a destra non avessero uno straccio di candidato da proporre, per quelli che sono i requisiti piuttosto stringenti del Coni). Infatti c’è chi nutre dubbi persino sul voto di Elisabetta Lancellotta, rappresentante provinciale Coni e deputata Fdi. E nel partito ieri hanno festeggiato soprattutto l’elezione in giunta del loro Juri Morico (a cui con grande sagacia politica ha contribuito lo stesso Malagò, con i suoi voti…).
Il terzo fattore, il più sottovalutato ma forse non per questo meno trascurabile, è l’approvazione del Decreto Sport voluta dal ministro Abodi. Un boomerang, perché quel decreto, pur essendo pensato per lo sport, nello sport non è piaciuto quasi a nessuno. Sul Fatto abbiamo raccontato l’occupazione meloniana delle Atp Finals di Torino: dopo il voto, tra i meloniani girava persino voce che proprio Binaghi potesse aver “disertato”, mollando Pancalli come vendetta per lo sgarbo subito. Difficile immaginare il n.1 del tennis fare un favore a Malagò. Certo è però che quel decreto, se non lui, ha spaventato tutti gli altri presidenti: lo sport è da sempre geloso della sua autonomia e vedere una simile invasione di campo non è stato proprio un buon viatico per le elezioni. E oltre a spaventarli, li ha pure irritati, per tutti i contributi pubblici che sono stati dati all’America’s Cup (organizzata a Sport e Salute), e ai Giochi del Mediterraneo (a cui tiene per motivi geopolitici la premier Meloni), togliendoli in quest’ultimo caso al fondo del 32% dello sport, cioè proprio alle Federazioni. Un autogol clamoroso, a pochi giorni dalle urne. È vero che le elezioni Coni le ha stravinte un’altra volta Malagò. Ma ha anche e soprattutto perso questo governo.
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